THE LOBSTER

THE LOBSTER

Distopico, cinico, a suo modo divertito nella rappresentazione di un futuro (non troppo) lontano, The Lobster segna l'esordio di Yorgos Lanthimos in una coproduzione internazionale; lo spirito del suo cinema è sempre presente, malgrado alcuni squilibri narrativi e il sospetto di un inizio di maniera che affiora qua e là nella storia.

Animal Hotel

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Nella società di un imprecisato futuro prossimo vige il rigido obbligo di avere un partner: i single vengono arrestati e internati in un’apposita struttura, detta l’Hotel. Qui, dovranno trovarsi un compagno o una compagna entro 45 giorni, pena la trasformazione in un animale a loro scelta. David, che è stato appena lasciato da sua moglie, varca le soglie dell’Hotel in compagnia del suo fidato cane, che in realtà altri non è che suo fratello, in passato rimasto single e trasformato. Nella struttura, l’attenzione di David viene attratta da una donna apparentemente priva di sentimenti, gelida nel suo approccio verso gli altri. Fingendo freddezza, David riesce ad avvicinarsi alla donna e a convincerla di essere compatibile con lei: i due, così, vengono messi insieme e trasferiti in una struttura separata, nella quale la loro relazione sarà tenuta sotto osservazione. Ma la finzione, per David, non sarà destinata a durare a lungo.

Tra i protagonisti di una new wave greca che, negli ultimi anni, ha ritratto angosce e contraddizioni di un paese che attraversa una fase delicata della sua storia, Yorgos Lanthimos è il cineasta che ha forse ricevuto la maggior considerazione critica. Merito di un pugno di titoli impostisi prepotentemente, anno dopo anno, all’attenzione del circuito festivaliero internazionale: tra questi, vanno ricordati il suo terzo lungometraggio, Kynodontas – selezionato nella sezione Un certain regard del Festival di Cannes 2009, e candidato all’Oscar per il miglior film straniero – e il successivo Alps (2011) che raggiunse il prestigioso traguardo del concorso nella Mostra del Cinema di Venezia (aggiudicandosi poi il Premio Osella per la Miglior Sceneggiatura). Cineasta ormai affermato, Lanthimos era pronto per uscire dal ristretto recinto della produzione ellenica: e di fatto questo The Lobster,premio della giuria nell’ultima edizione del Festival di Cannes, ha tanto il respiro internazionale, evidente anche nel suo cast, quanto l’estetica e l’approccio delle precedenti opere del regista.

Co-produzione tra Grecia, Regno Unito, Irlanda, Paesi Bassi e Francia, il nuovo Lanthimos mostra la sua natura meticcia e cosmopolita anche nella sua trama: la sua ambientazione è volutamente imprecisata (ma le location sono irlandesi) mentre i luoghi e le loro denominazioni (la Città, la Foresta, l’Hotel) accentuano il carattere di distopica universalità del soggetto. Un soggetto in cui, di nuovo, il regista va scavare nella dialettica tra sfera privata e sfera sociale che caratterizza la contemporaneità, muovendosi all’interno delle sue contraddizioni e restituendola in uno specchio distorto, da incubo: un’immagine riproposta con divertito cinismo, raggelata nella sua voluta distanza dallo spettatore, immobilizzata in una fotografia cromaticamente spenta, ma dalla precisione e credibilità sufficienti per stimolare la partecipazione – intellettuale ed emotiva – di chi guarda.

Opera complessa e leggibile su diversi livelli, The Lobster è innanzitutto un riuscito e pregnante monito sulla moderna invadenza delle istituzioni nella sfera privata – in particolare in quella affettiva – portato avanti con la sapienza di un Ray Bradbury contemporaneo. È singolare che il controllo – assoluto, pervasivo – esercitato dal potere sull’individuo si esplichi, nella storia, senza l’ausilio dei media: nel film non si vedono quasi mai televisori o computer accesi, quasi che questi abbiano esaurito il loro compito, in un contesto in cui ormai il potere ormai non ha neanche più bisogno di loro. Una società in cui la mediatizzazione è ormai un dato acquisito, e in cui il Grande Fratello non ha nemmeno più bisogno di un occhio, per esercitare il suo controllo (e l’elogio della cecità che il film, per reazione, sembra sostenere, ha in questo senso un valore emblematico).

Lanthimos porta avanti queste tesi in una messa in scena raggelata, dai cromatismi spenti, con un’attitudine che resta sanamente cinica: l’emotività è richiamata a un livello più profondo, che deve passare per l’accettazione dell’affresco sociale e umano – surriscaldato e sopra le righe – che il regista offre lungo tutto il film. Un affresco in cui il cast (a cominciare dai protagonisti Colin Farrell e Rachel Weisz, senza dimenticare le contrapposte villain Olivia Colman e Léa Seydoux) riescono in genere a trovare la giusta misura per l’approccio ai rispettivi personaggi.

Il rovesciamento speculare tra potere e contropotere, che The Lobster opera nella sua seconda parte, desta comunque il sospetto di un atteggiamento “a tesi” che appare troppo programmatico perché nel film non si ravvisi un po’ di maniera. Capace di tradurre al meglio in immagini le sue intuizioni, il regista greco le dilata qui in modo forse eccessivo, riducendo alcuni dei suoi personaggi – in special modo quelli negativi – a figurine, e mancando di sufficiente nitidezza, e fluidità, nella gestione generale del racconto. L’intuizione alla base del film, reiterata in due ore di durata, finisce per perdere parte del suo potenziale nel momento in cui lo spettatore l’ha fatta propria: quello della sceneggiatura, che nella seconda parte si fa episodica e spezzettata, è un approccio che mostra alla fine il fiato corto sul tema. Differentemente da quanto accadeva nelle precedenti opere di Lanthimos, in The Lobster si ravvisano insomma alcuni squilibri narrativi che lo rendono un’opera imperfetta, seppur permeata dal fascino e dal grado di problematicità di tutti i precedenti lavori del regista greco.

Scheda

Titolo originale: The Lobster
Regia: Yorgos Lanthimos
Paese/anno: Francia, Grecia, Regno Unito, Paesi Bassi, Irlanda / 2015
Durata: 118’
Genere: Commedia, Drammatico, Grottesco, Fantascienza, Thriller
Cast: Léa Seydoux, Olivia Colman, Ben Whishaw, Colin Farrell, John C. Reilly, Rachel Weisz, Angeliki Papoulia, Ariane Labed, Michael Smiley, Roger Ashton-Griffiths, Ashley Jensen, EmmaEdel O’Shea, Ewen MacIntosh
Sceneggiatura: Efthymis Filippou, Yorgos Lanthimos
Fotografia: Thimios Bakatakis
Montaggio: Yorgos Mavropsaridis
Produttore: Ceci Dempsey, Lee Magiday, Ed Guiney, Yorgos Lanthimos
Casa di Produzione: Faliro House Productions, Haut et Court, Lemming Film, Scarlet Films, Film4, Element Pictures
Distribuzione: Good Films

Data di uscita: 15/10/2015

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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