BLEED – PIÙ FORTE DEL DESTINO
di Ben Younger
Epigono di un filone sterminato e nobile come quello pugilistico, Bleed – Più forte del destino celebra l'ottimismo della volontà in un'incredibile vicenda di caduta e risalita; una vicenda che il regista Ben Younger ha in parte edulcorato, ma che mostra sullo schermo efficacia e buon senso dello spettacolo.
Un pugno al destino
Pugile italoamericano tecnico, capace di coniugare agilità e potenza con la giusta dose di sbruffoneria, Vinny Pazienza è all’apice della sua carriera dopo aver conquistato – contro ogni previsione – il titolo di campione del mondo dei pesi super leggeri. Proprio poco dopo l’incontro che lo ha consacrato, un gravissimo incidente sembra compromettere per sempre la carriera di Vinny: uno schianto frontale in autostrada gli lesiona infatti la spina dorsale, compromettendo con ogni probabilità la sua stessa capacità di camminare. I medici gli consigliano fortemente un intervento di fusione spinale per garantirgli un minimo di mobilità, ma il pugile sceglie invece un’operazione di gran lunga più rischiosa: una stabilizzazione della colonna vertebrale, tentata tramite applicazione di un tutore metallico, avvitato direttamente al cranio. L’intervento riesce, e Vinny trascorre la sua convalescenza col tenace proposito di tornare presto sul ring.
Quello pugilistico è un filone da sempre fecondo per il cinema americano, vero e proprio metagenere capace di unire il cinema più autoriale, pur con venature noir (Lassù qualcuno mi ama di Robert Wise, Toro Scatenato di Martin Scorsese) a quello più popolare (la saga di Rocky). Ultimo arrivato di quella che è, dunque, una lunga e gloriosa discendenza, questo Bleed – Più forte del destino non deve comunque trarre in inganno per la presenza del nome di Scorsese, nei credits, quale produttore esecutivo: pur essendo ispirato integralmente ad una storia vera (l’incredibile vicenda del pugile italoamericano Vinny Pazienza), il film di Ben Younger si discosta in modo netto dai toni cupi del capolavoro diretto dal regista americano nel 1980, illuminando invece quella che viene presentata come una favola sportiva a lieto fine.
Biopic sportivo che narra la più classica vicenda di caduta e risalita, retto in buona parte su un Miles Teller che dopo Whiplash offre un’altra prova di straordinaria fisicità, Bleed – Più forte del destino opta per la classicità di impostazione narrativa e di resa spettacolare, calandosi (anche) nell’atmosfera proletaria della cittadina di Cranston, Rhode Island, a fine anni ‘80. Più che sulle rapaci logiche economiche che muovono il mondo della boxe (adocchiate comunque dall’ambigua figura del manager col volto di Ted Levine) il film di Younger si concentra sull’odissea del protagonista, su una voglia di riscatto dai tratti quasi religiosi, perfetto specchio/contraltare alla religiosità esibita dal personaggio della madre. A fare da testimoni, e poi da riluttanti complici, all’impresa del personaggio principale, un dolente Ciaran Hinds a dare il volto a suo padre Angelo, e soprattutto l’allenatore/amico, dubbioso quanto fedele, con le fattezze di Aaron Eckhart.
Sta proprio nell’assoluta classicità dell’impostazione, nell’accuratezza di scrittura e nelle ottime scelte di casting, il pregio principale di Bleed – Più forte del destino. Quella narrata dalla sceneggiatura, scritta dallo stesso Ben Younger (al suo attivo la commedia indipendente Prime) è una parabola epico/sportiva che segue con puntualità le regole del genere, e che nella gestione intelligente del crescendo emotivo (che non si fa mai mera e smaccata celebrazione) trova il giusto equilibrio tra credibilità e coinvolgimento empatico. Il cineasta americano gestisce un materiale già abbondantemente trattato (se vogliamo anche stereotipato) con una regia poco appariscente, che demanda molto ai suoi interpreti, e che fa mostra di sé – senza tuttavia cedere alle trappole del virtuosismo – solo nelle ottime sequenze degli incontri. Convincente si rivela la descrizione dei bassifondi di una località di provincia del Rhode Island, il mood “proletario” e convintamente calato nel suo tempo che la storia, nonostante i suoi aspetti di celebrazione dell’ottimismo della volontà, non cessa di esercitare.
Nonostante l’attenzione del film a evitare il più possibile la retorica, si può comunque rilevare come la reale storia di Vincente Pazienza venga edulcorata, lasciando fuori gli episodi più scabrosi della condotta del pugile (parliamo in particolare degli arresti per alcol, violenza domestica e assegni falsi). Va inoltre rilevato come il reale ritorno sul ring di Pazienza sia stato modificato in modo sostanziale dal film, probabilmente allo scopo di renderlo cinematograficamente più efficace: nella realtà, infatti, il pugile conquistò il titolo contro Roberto Duran solo un anno e mezzo dopo il suo ritorno sul ring, successivamente a vari altri (vittoriosi) incontri. Nel suo impeto un po’ celebrativo, al di là e al di fuori delle (forse inevitabili) inesattezze biografiche, Bleed – Più forte del destino non aggiunge comunque granché di nuovo al filone pugilistico, limitandosi ad aderire come da manuale ai codici del genere, e a riproporli in modo efficace quanto in fondo (sotto la sua sfavillante confezione) poco personale.
Scheda
Titolo originale: Bleed for This
Regia: Ben Younger
Paese/anno: Stati Uniti / 2016
Durata: 117’
Genere: Drammatico, Biografico, Sportivo
Cast: Ciarán Hinds, Aaron Eckhart, Miles Teller, Ted Levine, Gene Amoroso, Amanda Clayton, Christine Evangelista, Dan Burke, Daniel Sauli, Denise Schaefer, Edwin Rodriguez, Jordan Gelber, Katey Sagal, Liz Carey, Peter Quillin, Roy Souza, Tim Fields
Sceneggiatura: Ben Younger
Fotografia: Larkin Seiple
Montaggio: Zac Stuart-Pontier
Musiche: Julia Holter
Produttore: Bruce Cohen, Chad A. Verdi, Emma Tillinger Koskoff, Noah Kraft, Ben Younger, Pamela Thur
Casa di Produzione: Bruce Cohen Productions, Magna Entertainment, Younger Than You, Sikelia Productions, The Solution Entertainment Group, Verdi Productions
Distribuzione: Notorious Pictures
Data di uscita: 08/03/2017