WONDER
Con Wonder, film natalizio che affianca i più blasonati blockbuster statunitensi, il regista Stephen Chbosky costruisce un interessante coming of age sulla diversità, in cui per una volta il realismo non cozza contro il necessario carattere edificante della storia.
Torna a casa, Major Tom
Per il piccolo August Pullman, 11 anni e una malformazione cranio facciale che lo ha finora isolato dai coetanei, è tempo di uscire dal suo mondo solitario. I genitori, infatti, hanno deciso di iscrivere Auggie in prima media, sfidando il rischio di disagio e bullismo dovuto all’aspetto del ragazzino. Nel suo giro esplorativo della scuola, Auggie fa la conoscenza dei coetanei Jack, Charlotte e Julian; mentre coi primi due, dopo l’iniziale disagio, il ragazzino riesce a stabilire un legame d’amicizia, il viziato Julian si mette a capo di una banda di bulli che inizia a tormentare incessantemente Auggie. Mentre l’anno scolastico corre rapido, la stessa famiglia di Auggie rischia di essere destabilizzata dalle novità portate dal contatto del ragazzino coi suoi coetanei.
Titolo di punta delle feste natalizie, accanto ai più quotati Star Wars: Gli ultimi Jedi e Coco, film indipendente che gode dell’appeal della grande produzione, Wonder è l’ultimo epigono di un filone che lega il tema della diversità (e della sua valorizzazione) a quello del coming of age. Una fusione che vede qui il suo centro nella figura del giovanissimo Auggie, ragazzino che dovrà affrontare le prove della crescita con un surplus di difficoltà, dovuto al traumatico, tardivo impatto con la socialità e con la stessa consapevolezza del suo aspetto. Un motivo che il film di Stephen Chbosky – tratto da un romanzo della scrittrice R.J. Palacio – affronta con tono agrodolce, cercando di coniugare il realismo a una confezione adatta a un pubblico di famiglie.
A vestire i panni del piccolo protagonista, un interprete giovanissimo ma già lanciato come Jacob Tremblay (al suo attivo il recente Il libro di Henry, ma soprattutto il fortunato Room di Lenny Abrahamson); lo affiancano due star di sicuro richiamo quali Owen Wilson e Julia Roberts, genitori preoccupati ma positivi, che danno vita a quadretti familiari che controbilanciano il difficile clima respirato dal protagonista nelle aule scolastiche. Con una divisione in capitoli che rispecchia la struttura del libro – che affianca al punto di vista di Auggie quelli dei suoi amici e conoscenti – il film di Chbosky si arricchisce di piccole aperture oniriche (i frequenti viaggi spaziali immaginati dal protagonista) oltre che di riferimenti trasversali alla cultura di massa di ieri e di oggi (tra le citazioni spuntano le saghe di Star Wars e Scream).
Su tutto, una morale che vuole valorizzare i concetti di diversità ed inclusione, andando a raccontare sfide, gioie e delusioni di un outsider costretto a lottare il doppio dei suoi coetanei per trovare “il suo posto al sole”, dopo essere sceso da un rassicurante mondo sito tra le stelle. Una lotta che tuttavia vedrà, tra le mura della scuola e la fisicità dei compagni, una posta in palio per cui sarà valsa la pena, più che mai, spendere sudore e lacrime.
Narrativamente scorrevole, ben confezionato, messo in scena con un gusto indie che punta a esercitare il suo appeal su larghe fasce di pubblico, Wonder ha dalla sua l’ottima prova del giovane protagonista, il tono lieve, l’aspirazione alla trasversalità. Il regista sa quali corde emotive toccare per generare un coinvolgimento immediato, risultando molto efficace nella costruzione dell’atmosfera, sottolineando bene i momenti più conflittuali (la traumatica rottura tra il protagonista e il suo amico Jack, il violento confronto di quest’ultimo col bullo Julian) ma mantenendo nel contempo uno sguardo che punti a contemplare l’ottica di tutti i personaggi.
Non è vuoto buonismo, quello espresso da Wonder, film che non arretra di fronte ai lati più problematici (e psicologicamente violenti) della vicenda, riuscendo a raggiungere un realismo che per una volta non cozza contro il necessario carattere edificante della storia. La scuola media è un agone di quelli che possono esaltare o annientare chi vi viene gettato – o, più spesso, entrambe le cose insieme – e di questo il film di Stephen Chbosky sembra essere ben consapevole. Lo scontro e il conflitto sembrano essere per certi versi conditio sine qua non per la costruzione dell’identità individuale e la conquista dell’amicizia – anche e soprattutto per un ragazzino come il protagonista.
Apologo della diversità che trova nella struttura polifonica – e nello svelamento della complessità dei rapporti, laddove si esplori l’ottica dell’altro – il suo punto di forza principale, Wonder poteva forse osare qualcosa di più quanto ad asprezza e completezza di tono, andando a esplorare più nel dettaglio le motivazioni del bullo Julian (personaggio con un potenziale che per larga parte della storia resta solo intuibile). Il bullo ha una fragilità intrinseca, sembra dirci la sceneggiatura, senza tuttavia avere il coraggio di sviscerare fino in fondo questo tema. Ma è un limite in parte perdonabile, per un prodotto che comunque fa il suo riuscendo a raggiungere un buon equilibrio tra lacrime, sorrisi e credibile ricognizione su un periodo complesso come la preadolescenza, filtrato da un’ottica altra e diversa.
Scheda
Titolo originale: Wonder
Regia: Stephen Chbosky
Paese/anno: Stati Uniti / 2017
Durata: 113’
Genere: Drammatico
Cast: Owen Wilson, Jacob Tremblay, Daveed Diggs, Noah Jupe, Bryce Gheisar, Julia Roberts, Ali Liebert, Crystal Lowe, Danielle Rose Russell, Elle McKinnon, Izabela Vidovic, James Hughes, Kyle Harrison Breitkopf, Mandy Patinkin, Millie Davis, Nadji Jeter, Sônia Braga, Ty Consiglio
Sceneggiatura: Steve Conrad, Jack Thorne, Stephen Chbosky
Fotografia: Don Burgess
Montaggio: Mark Livolsi
Musiche: Marcelo Zarvos
Produttore: David Hoberman, Todd Lieberman
Casa di Produzione: Mandeville Films, LionsGate, Participant Media, Walden Media
Distribuzione: 01 Distribution
Data di uscita: 21/12/2017