IL GRANDE PASSO

IL GRANDE PASSO

Tentando di coniugare commedia, melodramma familiare e una spruzzata di racconto di fantascienza, Antonio Padovan assembla con Il grande passo un insieme purtroppo indigesto, incapace di sviluppare la sua embrionale riflessione sull’ingenuità di un periodo (gli anni ‘60) riflessa in quella di un singolo personaggio (il Dario di Battiston). In anteprima al Torino Film Festival.

The Boring Side of the Moon

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Era tale da suscitare almeno una certa curiosità, l’idea alla base di questo Il grande passo, titolo autoesplicativo che, nel plot del film di Antonio Padovan, assume dimensioni addirittura planetarie: il passo in questione, infatti, è quello che dovrebbe portare il personaggio interpretato da Giuseppe Battiston, sognatore geniale ma mentalmente instabile, addirittura sulla Luna. Peccato che il razzo interplanetario costruito da Dario, nel fienile della sua casa di campagna, si incendi proprio il giorno del suo collaudo, distruggendo il giardino dei vicini e provocando da parte di questi ultimi una denuncia con minaccia di internamento presso una struttura psichiatrica. Con la madre defunta, e il padre indisponibile a prendersi cura di suo figlio, a tenere a bada l’aspirante viaggiatore spaziale viene chiamato il suo fratellastro Mario (interpretato da Stefano Fresi), che per l’uomo è praticamente uno sconosciuto. Dapprima distanti e incapaci di capirsi, i due fratelli finiranno successivamente per scoprire un’inattesa affinità, che li porterà anche a riflettere sul loro passato e sul comune padre lontano.

Sembrerebbe, fin dalle prime scene, abbracciare i codici di un racconto squisitamente fantastico (se non fiabesco) un’opera come Il grande passo, che immagina un razzo interplanetario costruito in un fienile, e un inventore tanto folle quanto geniale e genuinamente “infantile”. Peccato che, dopo il prologo, il film di Padovan si assesti al contrario su toni da commedia (sulla carta) realistica, che tenta immediatamente di ricondurre l’azione di Dario a un problema psichiatrico, e si sviluppa sul vecchio canovaccio del riavvicinamento tra due fratelli – di cui uno viene descritto come problematico e psichicamente fragile. Ci viene persino da pensare – e invero lo pensiamo per tre quarti di film – che il razzo costruito dal personaggio di Battiston non fosse che la creazione fantastica di una mente deragliata, incapace di accettare la realtà e persa nell’inseguimento di un sogno infantile. Anche perché il suo destino pare segnato, incasellato com’è in un cliché (il Candido dalle grandi potenzialità creative) che lascia pochissimo a possibili variazioni.

Di fatto, finale a parte, Il grande passo va esattamente come ci si aspetta, almeno nei suoi snodi narrativi principali: ed è questo il principale, grande limite di un lavoro che si proponeva di coniugare commedia e melodramma familiare con una spruzzata di racconto di fantascienza. Un miscuglio che, mal dosato com’è dalla sceneggiatura scritta dal regista con Marco Pettenello, resta disgraziatamente indigesto: la messa l’uno accanto all’altro di due interpreti con una fisicità simile come Fresi e Battiston, finisce solo per dare la stura a una serie di siparietti di ben scarso potenziale comico, attraversati da un cliché – il personaggio corpulento che deve stare sempre con una qualche cibaria (qui un gelato) a portata di mano – reiterato fino alla nausea. Lo stesso, appena accennato carattere “territoriale” del plot (con l’inflessione dialettale di alcuni personaggi che resta calcata fino ai limiti del macchiettistico) appare risaputo ed evanescente; mentre i due interpreti, privi di vero affiatamento e lasciati a se stessi da una regia poco ispirata, non indovinano quasi mai i giusti tempi comici.

Contrappuntato dal commento sonoro di un Pino Donaggio invero poco riconoscibile, Il grande passo tenta di riflettere su un periodo “eroico” e plasticamente più ingenuo di quello attuale, com’è stato quello degli anni ‘60, culminato con quello sbarco sulla Luna che tanto colpì l’immaginario della gente comune; un’ingenuità a cui il film sembra voler rivolgere un esplicito peana, incarnandone la forma più pura (e cocciuta) nel personaggio interpretato da Battiston. Un peccato che la riflessione, appunto, resti a livello di mero enunciato, slegata da una trama prevedibile e a tratti stucchevolmente buonista, contrassegnata anche da alcuni buchi che denunciano una certa frettolosità nella scrittura. La conclusione dovrebbe mettere il suggello al film nel segno della meraviglia e di un senso di liricità che tuttavia non viene adeguatamente preparato, né giustificato, in tutti i minuti precedenti: il risultato sta semplicemente a testimoniare di un’altra commedia italiana (con contorno di drammi familiari) che non si discosta dall’aurea mediocritas del genere, a dispetto del suo tema insolito.

Il grande passo poster locandina

Scheda

Titolo originale: Il grande passo
Regia: Antonio Padovan
Paese/anno: Italia / 2019
Durata: 96’
Genere: Commedia
Cast: Roberto Citran, Stefano Fresi, Giuseppe Battiston, Teco Celio, Camilla Filippi, Flavio Bucci, Marco Sincini, Pascal Zullino, Vitaliano Trevisan, Carlo D’Addio, Francesco Roder, Giovanni Battistuzzi, Ludovica Modugno, Luisa De Santis, Piero Sidoti, Ramiro Besa, Valerio Mazzucato
Sceneggiatura: Antonio Padovan, Marco Pettenello
Fotografia: Duccio Cimatti
Montaggio: Paolo Cottignola
Musiche: Pino Donaggio
Produttore: Elisabetta Olmi
Casa di Produzione: Rai Cinema, Ipotesi Cinema, Stemal Entertainment
Distribuzione: Parthénos Distribuzione, Tucker Film

Data di uscita: 20/08/2020

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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