VILLETTA CON OSPITI
Muovendosi tra i territori della commedia di costume e quelli del noir, Ivano De Matteo mette in scena con Villetta con ospiti un'interessante sintesi dei due generi, in una rappresentazione della borghesia che gradualmente diviene affresco umano universale.
Cinico umanesimo
Tra i registi italiani moderni, Ivano De Matteo è senz’altro tra i più abili nel racconto di una contemporaneità cupa, contraddittoria, in cui risulta per molti facile – e altrettanto sgradevole – riconoscersi. Un lavoro come questo Villetta con ospiti è forse tra i suoi film più “piccoli” (per il minutaggio e le scelte stilistiche adottate) ma anche tra i più ambiziosi; questo perché il regista italiano, con un cast scarno e pochissime location – che convergono in una, la villa del titolo, in tutta la seconda metà – tenta una interessante sintesi tra la commedia di costume e il thriller. Una sintesi che, anche laddove vive di un cambio di registro tra la prima e la seconda metà abbastanza evidente, volutamente brusco e non anticipato, riesce a giocare in modo stimolante, e maturo, con le regole di entrambi i generi.
Al centro del plot c’è una famiglia dell’alta borghesia del nordest, sullo sfondo di un paesino di provincia: Giorgio (Marco Giallini) è un imprenditore vitivinicolo, la moglie Diletta (Michela Cescon) soffre di un disturbo d’ansia che l’ha resa dipendente dagli psicofarmaci, la figlia adolescente Bea (Monica Billiani) è in piena fase oppositiva; ma a dire l’ultima parola sulla gestione dell’azienda di famiglia è l’anziana ma lucidissima madre di lei, Miranda (Erica Blanc). Intorno alla famiglia, le altre facce note del paese: il medico svogliato ma rispettatissimo (Bebo Storti), il viscido e poco rassicurante commissario di polizia (Massimiliano Gallo), il prete giovane (Vinicio Marchioni), legato a Diletta. E infine una famiglia rumena, apparentemente ben integrata nella vita del paese, composta dalla cameriera Sonja (Cristina Flutur) e dal figlio Adrian (Ioan Tiberiu Dobrica), che va molto d’accordo con Bea.
La sceneggiatura orchestra una sorta di commedia di costume collettiva per tutta la prima parte, soffermandosi sulle idiosincrasie dei personaggi e spostando lentamente, con gradualità, il velo di rispettabilità e presentabilità borghese che ricopre la maggior parte di loro. Una scelta improntata, dapprima, a un asciutto realismo, in cui le situazioni più paradossali (la telefonata al medico col volto di Bebo Storti mentre è al bar, il confronto tra il poliziotto interpretato da Massimiliano Gallo e il giovane rumeno) non hanno bisogno di una mano calcata per emergere in tutto il loro carattere grottesco. Quello che De Matteo mostra è un universo volutamente episodico e frammentato, di segreti inconfessabili ma di fatto sotto gli occhi di tutti, di panni sporchi che si lavano (male) in famiglia, ma poi vengono appesi ad asciugare ancora macchiati, sotto gli occhi di tutti.
Solo nella seconda metà, Villetta con ospiti fa una virata di 180 gradi, andando ad abbracciare con decisione (e altrettanta spietatezza) il genere noir. Lo fa dando una giustificazione al titolo del film, orchestrando una sorta di teso thriller da camera in cui i segreti di ognuno dei personaggi coinvolti finiranno per pesare – in modo decisivo – sull’evoluzione narrativa. Lo spezzettamento delle storie e la frammentarietà (voluta) della prima parte convergeranno così in una seconda frazione assolutamente claustrofobica, che ben sfrutta la location per orchestrare un cinico balletto noir; un balletto in cui le sfumature di grigio di ognuno, prima solo accennate, verranno fuori per sostanziare e giustificare i relativi comportamenti. Nessuno è innocente, come da tradizione del nero letterario e cinematografico; eppure, lo sguardo di De Matteo sui suoi protagonisti sembra tutt’altro che privo di empatia, o quantomeno capace di avvicinarli – in modo diretto – all’ottica dello spettatore.
È sicuramente un esperimento interessante, quello di Villetta con ospiti, specie in un periodo in cui le italiche commedie borghesi tendono a somigliarsi un po’ tutte, mentre la tanto strombazzata “rinascita” del cinema di genere sembra vivere una battuta d’arresto. De Matteo, da un soggetto originale (ma che potrebbe benissimo essere tratto dalla cronaca) “prepara il terreno” col registro della commedia per poi affondare il coltello, con precisione e senza risparmiare nessuno, nella seconda metà del film. Si potrebbe obiettare che lo stesso coltello, in realtà, non venga spinto fino in fondo, e che il climax orchestrato non evolva in quell’esplosione di violenza che sembrerebbe essere il suo sbocco naturale: ma nel mettere in scena una situazione che trova, appunto, più di una rispondenza nella cronaca di questi giorni (nonché in alcune improvvide iniziative legislative degli ultimi mesi) la cifra scelta è quella del realismo.
Una cifra, quella adottata dal regista, che preferisce il cinismo (o meglio, il disincanto) alla stilizzazione grottesca: non siamo dalle parti di Parasite, insomma – e forse ciò è un bene, vista la difficoltà intrinseca nel maneggiare quei registri, e i rischi che questi portano con sé. De Matteo preferisce l’understatement, tanto nell’evolvere del dramma quanto nel suo sbocco finale; ma il complesso della sua storia, nella memoria, colpisce duro. E da spietato affresco borghese che era (e che resta) Villetta con ospiti diventa in fondo un saggio umano dal carattere più universale, tanto più efficace proprio perché nega la catarsi tipica del genere.
Scheda
Titolo originale: Villetta con ospiti
Regia: Ivano De Matteo
Paese/anno: Italia / 2020
Durata: 88’
Genere: Drammatico
Cast: Vinicio Marchioni, Bebo Storti, Massimiliano Gallo, Marco Giallini, Erika Blanc, Michela Cescon, Cristina Flutur, Ioan Tiberiu Dobrica, Monica Billiani
Sceneggiatura: Ivano De Matteo, Valentina Ferlan
Fotografia: Maurizio Calvesi
Montaggio: Marco Spoletini
Musiche: Francesco Cerasi
Produttore: Marco Poccioni, Marco Valsania
Casa di Produzione: Rai Cinema, Les Films d’ici, Rodeo Drive
Distribuzione: Academy Two
Data di uscita: 30/01/2020