LA STANZA
Stefano Lodovichi dirige con La stanza un cupo thriller psicologico, che scandaglia i segreti di una famiglia borghese mantenendo nel contempo una buona tensione, a dispetto di qualche passaggio di sceneggiatura poco credibile. Dal 4 gennaio su Prime Video.
L'inferno in una stanza
Dopo il thriller rurale In fondo al bosco (2015), Stefano Lodovichi resta nei territori del cinema di tensione con questo nuovo La stanza, disponibile da qualche giorno su Amazon Prime Video. È un po’ curiosa, la genesi del film di Lodovichi, che ha dichiarato di aver voluto inizialmente girare un documentario sul fenomeno degli hikkomori, gli adolescenti che si rinchiudono nella propria stanza scegliendo di tagliare ogni contatto col mondo; nel concepimento del progetto, il regista si sarebbe reso conto che il materiale si adattava più agevolmente a un film di fiction, nello specifico di genere thriller. È una genesi curiosa, questa, in quanto il film di Lodovichi dichiara più o meno da subito la sua natura di genere, con un ambiente opprimente e claustrofobico come quello della casa in cui vive la protagonista e con la sequenza iniziale, che ci mostra un suo tentativo di suicidio, sullo sfondo di un grigio cielo invernale. Lo stesso significato del titolo, e il legame col tema che il regista voleva inizialmente affrontare, saranno chiari solo più avanti, nel prosieguo della narrazione.
La stanza inizia proprio con l’immagine di Stella che sta per suicidarsi gettandosi dalla finestra, con indosso il suo abito da sposa, in una sequenza quasi vontrieriana nella sua costruzione. Poco prima di compiere il gesto fatale, la donna sente suonare il campanello; decide così di rinunciare per il momento al suo proposito e di andare ad aprire. Alla porta si presenta uno sconosciuto che dice di aver prenotato una stanza nello stabile, nonostante Stella e suo marito non affittino più da tempo. L’uomo, dopo aver incassato il rifiuto di Stella, chiede comunque di entrare per bere un bicchiere d’acqua; quando Stella acconsente, lo sconosciuto inizia ad assumere un comportamento sempre più strano, dando quasi a intendere di conoscere la donna e la sua famiglia. Stella finisce per essere incuriosita da questa figura, e alla fine accetta di affittargli la stanza che aveva richiesto; ma il fare dello sconosciuto, col trascorrere dei minuti, inizia a farsi sempre più inquietante, finché il ritorno a casa di Sandro, il marito di Stella, non fa precipitare le cose.
Si muove agevolmente nei territori del thriller, La stanza, scegliendo di utilizzare un’unica location – l’enorme casa dagli interni liberty della protagonista – e limitando a tre il numero dei personaggi principali. Il regista utilizza la grande casa come trappola e carcere per Stella e Sandro – presto alla totale mercè dello sconosciuto – ma sfrutta anche i suoi corridoi bui – nonché la misteriosa stanza del titolo – come metafora per rappresentare gli anfratti della memoria, quella che riconduce a una storia mai raccontata e a una serie di segreti che premono per essere svelati. Nella sua impalcatura thriller, il film di Lodovichi esplora a fondo i meccanismi (perversi) di una famiglia disfunzionale, in una narrazione che progressivamente aggiunge tasselli al puzzle, fornendo gradualmente indizi per spiegare la presenza dello sconosciuto nella casa, e assemblando lentamente davanti allo spettatore l’incredibile verità. In questo “gioco” cinematografico, la sceneggiatura mantiene sempre un sufficiente equilibrio tra la sua struttura di genere (con tutti i topoi del caso, e i conseguenti rimandi ai classici, da Shining a Funny Games) e la voglia di sviscerare il lato oscuro della vita familiare borghese, quello che – con colpevole superficialità – colpisce il suo anello più debole mentre disgrega la sua struttura lentamente, con le bugie, i non detti e le fughe dalla realtà.
Lodovichi orchestra il tutto in un buon crescendo di tensione, traendo il massimo dalla suggestione della location, nonché da una colonna sonora che alterna intelligentemente cupi toni da thriller a composizioni diegetiche che spezzano (solo apparentemente) la tensione; in questo senso, molto riuscita si rivela la sequenza in cui lo sconosciuto interpretato da Guido Caprino balla sulle note di Stella stai di Umberto Tozzi, in un passaggio di trama decisivo e decisamente efficace nella sua resa. Proprio la prova di Caprino è forse tra gli elementi più riusciti del film, con una recitazione che si mantiene enigmatica in tutta la prima parte della storia per poi esplodere parallelamente con l’evoluzione/svelamento del personaggio. Efficace anche la prova, fragile e spaesata quanto basta, di Camilla Filippi – moglie del regista dal 2019 – che già avevamo visto nel suo film precedente, e quella di un Edoardo Pesce che mostra una sicurezza e una capacità di resilienza inversamente proporzionali alla sua stazza fisica.
Ciò che non convince del tutto, di questo comunque interessante La stanza, è una sceneggiatura che incappa in più di un passaggio poco credibile (compresa la discutibile facilità con cui il personaggio dello sconosciuto conquista la fiducia della protagonista) e in alcuni punti in cui sospendere l’incredulità è obiettivamente difficile. Sbavature che comunque pesano il giusto sul risultato finale, che nella sua durata contratta (86 minuti) ha l’indubbio merito di non presentare cali di tensione di rilievo, e di tenere viva la storia fino a un finale soddisfacente e non scontato.
Scheda
Titolo originale: La stanza
Regia: Stefano Lodovichi
Paese/anno: Italia / 2021
Durata: 86’
Genere: Thriller
Cast: Edoardo Pesce, Camilla Filippi, Guido Caprino, Romeo Pellegrini
Sceneggiatura: Francesco Agostini, Filippo Gili, Stefano Lodovichi
Fotografia: Timoty Aliprandi
Montaggio: Roberto Di Tanna
Musiche: Giorgio Giampà
Produttore: Andrea Occhipinti, Mattia Guerra, Stefano Massenzi
Casa di Produzione: Lucky Red
Distribuzione: Lucky Red, Amazon Prime Video
Data di uscita: 04/01/2021