ONCE UPON A YOUTH
di Ivan Ramljak
Presentato in anteprima italiana al Trieste Film Festival 2021, Once Upon a Youth è un’operazione radicale, tra l’home movie e l’album di fotografie, testimonianza da parte del regista Ivan Ramljak di un’amicizia, ma anche cronaca di anni irripetibili, composti in ugual misura da esaltazione e decadenza.
L'amico raccontato
Tra l’album di fotografie e l’home movie collettivo, tra la rievocazione appassionata di un’amicizia e la cronaca di un periodo di disagio, Once Upon a Youth rappresenta l’esordio nel lungometraggio documentaristico di Ivan Ramljak, critico cinematografico e regista di cortometraggi bosniaco. Un esordio che ha avuto la sua anteprima italiana nell’attuale edizione online del Trieste Film Festival, e che parla il linguaggio della memoria e della rievocazione per raccontare un’epoca irripetibile, per lo stesso regista e per un’intera generazione. Siamo alla fine degli anni ‘90, in un periodo in cui la guerra aveva lasciato ferite profonde sulla gioventù croata, perennemente in cerca di identità, stabilità, punti di riferimento. In questo contesto si sviluppa l’amicizia tra il futuro regista e Marko Caklovic, fotografo, disc jockey e artista visuale, dal carattere ora schivo e introverso, ora irrequieto ed esplosivo. L’amicizia si sviluppa a cavallo tra gli ultimi anni del decennio e l’inizio del successivo, fino alla morte improvvisa – e inaspettata – di Marko per un’overdose di eroina. Tredici anni dopo, l’amico Ivan cerca di ricostruirne la storia, dirigendo il film che lui e l’amico avrebbero dovuto realizzare insieme.
Fa una scelta radicale, Once Upon a Youth, senza la quale, tuttavia, il film di Ivan Ramljak semplicemente non sarebbe esistito: la sua “messa in scena” consiste infatti di una lunga sequenza di fotografie e filmati di repertorio, entrambi realizzati dallo stesso Marko, infaticabile e irrequieto talento creativo. I filmati sono girati con videocamera analogica, con tanto di data e orario sovrimpressi, a trasmettere un’idea di amatoriale, di frammenti di vita colta nel suo farsi, che non prevedevano (né volevano) essere impressi in un film. Questo concetto di amatoriale – inteso nel senso etimologico del termine, legato al concetto di amore – attraversa tutto il film e in particolare la figura di Marko, quasi posseduto dal fuoco dell’arte (che fosse musica, produzione di immagini fisse o in movimento) ma istintivamente convinto che quest’ultima non fosse in alcun modo monetizzabile. Nella frazione iniziale del film, la voce fuori campo del regista rivela questa circostanza molto chiaramente: nel momento in cui, in un qualsiasi lavoro, si iniziava a parlare di soldi, Marko perdeva interesse e si allontanava. La sua concezione creativa era strettamente legata alla gratuità, e alla volontarietà, dell’impegno, che sarebbero state irrimediabilmente contaminate da un compenso economico.
Once Upon a Youth è suddiviso in più segmenti, che vedono la voce del regista alternarsi a quelle della sorella di Marko, delle sue due fidanzate, e degli altri membri del gruppo di amici; voci che commentano, a volte in modo didascalico, altre attraverso associazioni libere, le fotografie e i filmati di repertorio, a documentare le diverse fasi della vita del giovane. Il film di Ivan Ramljak comprende in sé sia il senso di esaltazione per anni liberi e anarchici, la vorace fame di esperienze della post-adolescenza (viaggi, musica, immagini, droghe), la forza limpida dell’amicizia che non aveva bisogno di parole per dispiegarsi in tutta la sua potenza, sia il disagio di una generazione orfana di simboli e icone, quella fragilità di fondo che attraversa trasversalmente il film e accomuna (in forme diverse) tutti i suoi personaggi. Il fulgore giovanile si accompagna quindi alla sua controparte decadente, con quest’ultima che prende lentamente il sopravvento nel progredire della narrazione: ciò accade sia per la consapevolezza (in special modo nell’Ivan di allora) degli anni che passano – e di un’inevitabile crescita – sia per il progressivo ripiegarsi in se stesso dell’amico, sempre più preda della sua depressione, sempre più deciso a chiudere il mondo (quel mondo così spesso ritratto dalla sua arte) fuori dalla porta.
Colpisce duro, l’ultima parte di Once Upon a Youth, con una conclusione che, laddove non fosse nota fin dalla sinossi, lascerebbe addirittura sbalorditi. Il tema dell’eroina, infatti, non viene toccato che lateralmente nel corso del film; e la stessa figura di Marko – per inquieta, depressa, preda del mal di vivere che fosse – non appare mai attanagliata da qualcosa di paragonabile alla dipendenza. La sua stessa fine viene lasciata nel dubbio dal regista, lasciando intravedere un incidente in un contesto di consumo privo di regolarità, che era rimasto (ancora) un passo al di qua della dipendenza. Il fatto che la notizia della morte, nella timeline ricostruita dal documentario, giunga inaspettata tanto al futuro regista, quanto alle altre persone che circondavano l’amico, dà un’idea dell’allontanamento dal mondo di quest’ultimo, di un mal di vivere che l’amicizia, l’amore e la condivisione di esperienze non riuscivano più a colmare. Dà l’idea, anche, di un sottile rimpianto da parte dello stesso Ramljak, di un voler ripercorrere le premesse che portarono alla fine di un’amicizia, e della scelta di un tributo che da una parte vuole essere atto “riparatorio”, dall’altra punta a spiegare e spiegarsi. Le risposte, ormai sepolte nel passato, non arrivano (ed era forse inevitabile) ma restano il tentativo, l’istanza di comprensione e il tributo. Limpido, quest’ultimo, dritto al cuore e al cervello, e carico di tutta l’inquietudine di anni irripetibili.
Scheda
Titolo originale: O jednoj mladosti
Regia: Ivan Ramljak
Paese/anno: Croazia / 2020
Durata: 78’
Genere: Documentario
Cast: Ivan Ramljak, Marcela Skobalj, Nenad Vukusic, Nevena Caklovic, Vedrana Gaspic
Sceneggiatura: Ivan Ramljak
Montaggio: Ivor Sonje
Musiche: Tena Novak
Produttore: Matej Merlic
Casa di Produzione: Academy of Dramatic Arts Zagreb, University of Zagreb (ADU)