PARI

PARI

Con un approccio registico estremamente realista (rigoroso, in questo caso, l’uso di macchina a spalla con tanto di sporadici ribaltamenti nei momenti in cui vediamo la donna vagare raminga per i vicoli bui della città), la macchina da presa di Siamak Etemadi ci mostra in Pari unicamente il punto di vista della protagonista, e riesce a tal punto a empatizzare con lei, da far sentire lo spettatore stesso spiazzato e disorientato. Al Trieste Film Festival 2021.

Storia di una madre

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Quel forte senso di spaesamento che si prova quando ci si trova per la prima volta in un paese straniero. L’angoscia che deriva dal fatto di non riuscire a scoprire cosa sia successo a una persona cara. E, in più, una serie di barriere – su tutte quella linguistica – che sembrano voler continuamente ostacolare il raggiungimento dei propri scopi. Pari, lungometraggio d’esordio del regista iraniano di nascita, ma greco di adozione, Siamak Etemadi, mette in scena tutto questo. E nella sua straordinaria intensità ha conquistato pubblico e critica alla Berlinale 2020 (presentato all’interno della sezione Panorama), fino ad approdare sugli schermi online del Trieste Film Festival 2021, all’interno della sezione Concorso lungometraggi.

Pari, dunque, è la storia di una donna (che prende il nome proprio dalla madre del regista). Una donna che si reca per la prima volta all’estero (per la precisione, ad Atene) insieme a suo marito, al fine di andare a trovare suo figlio, che da diverso tempo studia all’università del posto. Una volta giunta in aeroporto, tuttavia, il ragazzo non si presenta. Non è più nemmeno a casa sua. Nessuno sa, in realtà, che fine abbia fatto. Al via, dunque, una lunga ricerca sulle tracce del ragazzo scomparso. Dove porterà tutto ciò?

Pari è disperata. Non ha idea di dove sia finito suo figlio. La città in cui si trova sembra quasi un altro pianeta e, come se non bastasse, ben presto si troverà da sola nella sua disperata ricerca. Con un approccio registico estremamente realista (rigoroso, in questo caso, l’uso di macchina a spalla con tanto di sporadici ribaltamenti nei momenti in cui vediamo la donna vagare raminga per i vicoli bui della città), la macchina da presa ci mostra unicamente il punto di vista della protagonista, e riesce a tal punto a empatizzare con lei, da far sentire lo spettatore stesso spiazzato e disorientato. Le figure che si muovono intorno alla donna sono spesso sfocate (fatte, ovviamente, le debite eccezioni), i dettagli che compongono ogni singolo ambiente vengono volutamente tralasciati. E le persone che, di volta in volta, hanno modo di interagire con lei, spesso assumono quasi le fattezze di “mostri”, con tutti i numerosi giochi di luci e ombre a fare da valore aggiunto all’intero lungometraggio.

Ed ecco che, pian piano, il viaggio apparentemente senza fine della protagonista viene considerato, al contempo, anche come una sorta di viaggio interiore. Un viaggio che porterà inevitabilmente anche a un profondo cambiamento e a una nuova conoscenza di sé. Estremamente religiosa, mai uscita al di fuori dei confini nazionali, Pari si troverà all’improvviso in una città straniera di cui non conosce la lingua e all’interno della quale si troverà ben presto a vagare da sola di notte, esplorandone i bassifondi, vivendo alla giornata e facendo le più bizzarre conoscenze.

Il risultato è un lungometraggio dolente e doloroso, straziante nei momenti in cui la macchina da presa si focalizza sugli occhi persi nel vuoto della donna. E attraverso la storia di un singolo personaggio, vengono messe in scena così le innumerevole battaglie (interiori) che ogni donna è costretta ad affrontare ogni giorno nella sua fragile condizione di madre. Un esordio, il presente Pari, che fa dunque venire voglia di scoprire quali altre sorprese il regista Siamak Etemadi avrà in serbo per noi in futuro. E ci auguriamo di non aspettare per molto.

Pari (2020) poster locandina

Scheda

Titolo originale: Pari
Regia: Siamak Etemadi
Paese/anno: Francia, Grecia, Svizzera, Paesi Bassi, Bulgaria / 2020
Durata: 101’
Genere: Drammatico
Cast: Argyris Pandazaras, Lena Kitsopoulou, Vassilis Koukalani, Aspasia Kokosi, Bijan Daneshmand, Dimitris Xanthopoulos, Efthalia Papacosta, Kimonas Kouris, Lefteris Tsatsis, Marianthi Pantelopoulou, Melika Foroutan, Romanna Lobach, Shahbaz Noshir, Sofia Kokkali
Sceneggiatura: Siamak Etemadi
Fotografia: Claudio Bolivar
Montaggio: Panos Voutsaras
Musiche: Pierre Aviat
Produttore: Laurette Schillings, Konstantinos Kontovrakis, Frans van Gestel, Jamal Zeinal Zade, Borislav Chouchkov, Viktor Chouchkov, Gabrielle Dumon, Dan Wechsler, Giorgos Karnavas, Arnold Heslenfeld, Dimitris Kontovrakis
Casa di Produzione: Biokon, Greek Film Center, Topkapi Films, Heretic, Le Bureau, Bord Cadre Films, Chouchkov Brothers

Trailer

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Dopo la laurea in Lingue Moderne, Letterature e Scienze della Traduzione presso l’Università La Sapienza di Roma, mi sono diplomata in regia e sceneggiatura presso l’Accademia di Cinema e Televisione Griffith di Roma, con un workshop di critica cinematografica presso il Centro Sperimentale di Cinematografia. Dal 2013 scrivo di cinema con il blog Entr’Acte, con il quotidiano Roma e con le testate CineClandestino.it, Mondospettacolo, Cabiria Magazine, e, ovviamente, Asbury Movies. Presidente del Circolo del Cinema "La Carrozza d'Oro", nel 2019 ho fondato la rivista Cinema Austriaco.

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