CHE VUOI CHE SIA
di Edoardo Leo
Con Che vuoi che sia, suo quarto lavoro da regista, Edoardo Leo offre uno sguardo lucido e centrato sul panorama dei social media e sulla generazione dei quarantenni, pur non rifuggendo – in qualche occasione – da stereotipi evidentemente difficili da dribblare.
Crowdfunding indecente
Claudio, tecnico informatico, ha un nuovo progetto imprenditoriale, basato su una campagna di crowdfunding lanciata sul web. La raccolta, però, sembra non dare i risultati sperati: l’uomo, frustrato, vede così lentamente sfumare l’ipotesi di fare finalmente un bambino con la sua compagna, Anna. Una sera, sotto l’effetto dell’alcol, i due registrano per scherzo un filmato in cui dichiarano che gireranno un video hard nell’ipotesi in cui la campagna dovesse raggiungere la cifra prefissata. Inaspettatamente, poco dopo la messa online del video, le offerte fanno registrare un’impennata: il popolo del web ha preso sul serio il proposito di Claudio e Anna. Quando la cifra supera (e di molto) il minimo inizialmente prefissato, i due iniziano seriamente a pensare di dare un seguito a quella finta promessa.
Dopo i buoni risultati ottenuti da Noi e la Giulia, Edoardo Leo continua ad affiancare alla sua attività di interprete una centellinata, e sempre piuttosto ragionata, presenza dietro la macchina da presa. Questo Che vuoi che sia, nuovo lavoro dell’attore/regista romano, va ad affrontare un argomento tradizionalmente poco battuto dall’attuale commedia italiana: il voyeurismo insito nel web e nella cultura dei social network, con i possibili (e non sempre innocui) approcci a quest’ultima da parte della generazione degli attuali quarantenni. L’idea al centro della trama affianca il tradizionale tema della mercificazione del sesso (quello della Proposta indecente di Adrian Lyne) con la logica virale dei new media, calando il tutto nel magmatico contesto dell’attuale società italiana.
Per Che vuoi che sia, suo quarto lavoro da regista, Leo ha spostato la tradizionale ambientazione capitolina in una Milano più che mai caotica e spersonalizzata, tra grattacieli da new economy abitati da rampanti imprenditori post-adolescenti, e locali notturni che offrono una perpetuazione (aggiornata ai tempi) di quella Milano da bere divenuta ormai preciso modello sociale. A offrire un contrasto vivido (ma mai banale) col contesto capitolino ben conosciuto dal regista, troviamo il personaggio del padre del protagonista, interpretato da un ottimo Massimo Wertmüller; mentre la presenza di un Rocco Papaleo sempre simpatico (benché messo a vestire i panni di un personaggio in parte irrisolto) equilibra ulteriormente la polifonia di una vicenda che dribbla bene le trappole degli stereotipi territoriali.
Che vuoi che sia ha dalla sua la bontà e l’efficacia dell’intuizione iniziale (calare la rapacità voyeuristica dei social media nella società italiana attuale, e in particolare nella problematica realtà della generazione dei quarantenni), ma anche la capacità di sfuggire a molte delle trappole insite nel soggetto. C’è un buon equilibrio, e la repulsa di qualsiasi facile semplificazione, nel modo della sceneggiatura di affrontare le tematiche generazionali (vedi l’efficace scena del confronto tra il personaggio interpretato dal regista e quello di suo padre, col volto di Wertmüller); a convincere è inoltre la rappresentazione del contesto di una Milano che, con la sua voracità e i suoi lustrini, figli dei fantasmi di un passato mai accantonato, ammalia e seduce i due protagonisti. Alcune sequenze, tra cui quella (molto riuscita) della trasmissione televisiva in cui la coppia va a spiegare le sue ragioni, colgono decisamente nel segno per credibilità; mentre il soffermarsi del regista su alcuni dettagli della quotidianità (il particolare dello scaldabagno rotto) testimonia di uno sguardo divertito e amaro sulle vicende dei suoi personaggi. Sguardo che si fa cattivo soprattutto nell’ottimo finale, ribaltamento di senso di una precedente, significativa sequenza.
La tendenza della commedia italiana a semplificare, a presentare stereotipi e facili macchiette anziché personaggi compiuti, è un limite da cui comunque neppure questo Che vuoi che sia è esente. Alcuni personaggi del film (tra cui quello della vicina di casa dei due protagonisti, e quello – decisamente troppo grottesco e sopra le righe – del giovanissimo manager) testimoniano proprio di questo vizio condiviso. La sequenza della sbornia da cui l’intera vicenda muove non brilla esattamente per credibilità, offrendo inoltre un’invettiva sulla (presunta) scarsa intraprendenza degli italiani che rappresenta un’evidente scivolata nel qualunquismo. A questi limiti va sommato poi il carattere irrisolto, quasi involuto, del personaggio interpretato da un comunque bravo Rocco Papaleo; e la troppo rapida evoluzione, d’altra parte, di quello di una Anna Foglietta che quasi subitaneamente abbraccia l’idea della realizzazione del video. Limiti di concezione e scrittura, in qualche modo comuni a molta commedia italiana attuale, che sottraggono parte della credibilità, e dell’efficacia, di un lavoro altrimenti onesto e ben congegnato.
Scheda
Titolo originale: Che vuoi che sia
Regia: Edoardo Leo
Paese/anno: Italia / 2016
Durata: 105’
Genere: Commedia
Cast: Edoardo Leo, Anna Foglietta, Bebo Storti, Massimo Wertmüller, Rocco Papaleo, Giampiero Judica, Maria Di Biase, Gualtiero Burzi, Marina Massironi, Pierpaolo Spollon, Sara Mondello, Clarida Armillei, Fabrizio Coniglio
Sceneggiatura: Alessandro Aronadio, Edoardo Leo, Renato Sannio, Marco Bonini
Fotografia: Alessandro Pesci
Montaggio: Patrizio Marone
Musiche: Gianluca Misiti
Produttore: Fulvio Lucisano, Federica Lucisano
Casa di Produzione: Warner Bros., Italian International Film
Distribuzione: Warner Bros.
Data di uscita: 09/11/2016