ALFREDINO – UNA STORIA ITALIANA

ALFREDINO – UNA STORIA ITALIANA

Discussa (e spesso condannata) già ben prima della sua uscita, Alfredino - Una storia italiana è in realtà una ricostruzione equilibrata e fedele di un evento-spartiacque della storia italiana, che trova in una certa sobrietà d’insieme – nella misura resa possibile dal soggetto – il suo punto di forza principale. Marco Pontecorvo tiene a bada l’elemento emotivo, e riesce a confezionare un prodotto dal buon vigore divulgativo, capace di raccontare tanto l’evento, quanto le sue immediate conseguenze. Su Sky Cinema e Now.

Fuori dell'abisso

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Si è già scritto molto, e non sempre lucidamente, su una serie come Alfredino – Una storia italiana. Se n’è scritto e se n’è parlato, data la duratura risonanza, emotiva prima che mediatica, dell’evento che la serie racconta – un evento-spartiacque per la storia contemporanea italiana, da molti punti di vista. Volente o nolente, un prodotto come questo inevitabilmente fa quello che si dice (con un’espressione un po’ abusata) “riaprire una ferita”; ma si tratta di una ferita che a ben vedere, in realtà, non si era mai davvero chiusa. Di questo erano sicuramente ben consapevoli i realizzatori, che a quarant’anni di distanza dai fatti (una finestra temporale ragionevole) hanno scelto la strada della fiction per ricostruire quanto accadde in qui tre drammatici giorni a Vermicino, a pochi chilometri dalla capitale. Qualche nota a margine, prima di addentrarci nell’analisi della miniserie Sky creata da Marco Pontecorvo. Alfredino – Una storia italiana, come già Sicilian Ghost Story, come già Il traditore, e come tantissimi altri film e prodotti televisivi che raccontano pezzi – i più tragici – della nostra storia, ha pieno diritto di esistere. Sembra una banalità, questa, eppure va ribadita, nell’era in cui un certo tipo di emotività epidermica e superficiale (favorita anche dalla semplicità delle opinioni da social, versione moderna e “globale” di quelle da bar) tende a dare giudizi sommari su qualsiasi cosa, conosciuta e non. È il come si usa il delicato strumento della fiction, a fare la differenza, più che il cosa raccontare. Altra banalità, ma evidentemente dimenticata da molti.

Il cortocircuito del racconto mediatico

Alfredino - Una storia italiana recensione

Certo, Alfredino – Una storia italiana crea un cortocircuito di cui bisogna tener conto, un cortocircuito assente dalle tante altre opere analoghe. La tragedia di Vermicino del 1981, infatti, è unanimemente considerata l’inizio della cosiddetta “tv del dolore”, di una pratica del racconto diretto e senza filtri dei fatti di cronaca – ivi compresi quelli più tragici – che solo anni dopo sarebbe passata come pratica usuale. Al di sopra di ogni altra cosa, quella di Vermicino non fu una storia a lieto fine: la Rai praticò la sua prima diretta televisiva a reti unificate, e milioni di spettatori restarono incollati davanti ai teleschermi, dando in qualche modo per scontata una conclusione felice della vicenda. Gli stessi responsabili della tv pubblica – e questo nella miniserie di Pontecorvo è evidenziato molto chiaramente – speravano di dare in pasto al pubblico una favola a lieto fine, vista la grande incertezza e confusione che regnavano nel paese nel periodo. “La gente ha bisogno di buone notizie”, viene ripetuto a più riprese nella stessa serie; col trascorrere delle ore, il possibile lieto fine si allontanava sempre più, e tuttavia era stata messa in moto una macchina che ormai era impossibile fermare. Mediaticamente, fu l’inizio di qualcos’altro, molto più cupo di ciò che i suoi creatori si erano immaginati: “Volevamo vedere un fatto di vita, e abbiamo visto un fatto di morte”, le emblematiche parole del giornalista del TG2 Giancarlo Santalmassi, riportate integralmente nella miniserie. Ora, quel racconto diventa fiction. Che molti (tele)spettatori di allora non se la siano sentita di tornare sulla vicenda, neppure col filtro della drammatizzazione televisiva, è in fondo comprensibile. Meno comprensibile è l’irrazionale negazione di legittimità a un prodotto come questo. Certo, alla luce delle considerazioni appena fatte, era necessario un surplus di attenzione nella realizzazione di questo progetto. Surplus che, al termine della visione dei quattro episodi, possiamo dire complessivamente esserci stato. Ma anche limitarsi a dire questo significherebbe semplificare di molto la realtà.

Tra dramma e cronaca

Alfredino - Una storia italiana recensione

Alfredino – Una storia italiana non è quello che si dice un prodotto asciutto. Probabilmente non poteva esserlo, e sembra ben consapevole di questo suo limite intrinseco. Per raggiungere questo scopo, sarebbe stata probabilmente necessaria una docu-serie, scelta che tuttavia avrebbe provocato analoghi (se non maggiori) dubbi etici. La componente emotiva del prodotto, naturalmente presente nel suo DNA, andava semplicemente gestita, nonché integrata al meglio con la sua natura divulgativa. Soprattutto, andava precisato il contesto in cui la storia maturò, quello sociale, quello mediatico e (soprattutto) quello relativo alla prevenzione e al coordinamento della macchina dei soccorsi (entrambi carenti quando non inesistenti). In questo aspetto, la miniserie di Pontecorvo fa un’apprezzabile opera di analisi degli eventi, descrivendo la realtà ma evitando qualsiasi tentazione di giudizio sommario. Anche la figura più discussa di quei giorni, il comandante dei Vigili del Fuoco Elveno Pastorelli (interpretato da Francesco Acquaroli) ne esce sì sconfitto, ma tutt’altro che colpevole senza appello. Facendo suo il punto di vista della madre di Afredino, Franca Rampi (che sullo schermo ha il volto di una Anna Foglietta che ricerca l’essenza emotiva del personaggio, più che la sua mimesi fisica), la serie non punta il dito, riconoscendo a tutti i protagonisti della vicenda la sostanziale buona volontà e l’altrettanto sostanziale inefficienza d’insieme. Persino il giornalista della Rai Pierluigi Pini – inviato del TG2 che diede avvio alla diretta televisiva – è descritto come iniziatore di un meccanismo che gli è poi sfuggito di mano. Non è neanche la denuncia pura e semplice del potere mediatico, che va ricercata in Alfredino – Una storia italiana: quella, in fondo, sarebbe qualcosa di già visto, e anche un tantino scontato. Tanto la serie è forte sul piano emotivo – al punto che a tratti se ne resta travolti, e si fa fatica a separare l’aspetto artistico del prodotto dal potenziale già presente in nuce nella storia – tanto è sorprendentemente equilibrata su quello divulgativo; ciò che viene descritto con un occhio distaccato e disincantato – ma non per questo qualunquista – è il contesto in cui la tragedia maturò, il modo in cui questa riuscì a unire momentaneamente il paese, e il disorientamento spaesato che il suo esito provocò. Disorientamento che tuttavia non divenne resa, come vedremo.

La reazione

Alfredino - Una storia italiana recensione

Alfredino – Una storia italiana, infatti, non si conclude come i più probabilmente si aspettavano, ovvero con la constatazione della morte del bambino rimasto intrappolato per tre giorni nel pozzo artesiano. Anzi, quando arriva quel momento, il tono resta abbastanza sobrio, le parole lasciano il posto alle espressioni di sgomento, e lo spaesamento e la sconfitta sono leggibili sui volti di tutti i protagonisti (compreso il Sandro Pertini efficacemente interpretato da Massimo Dapporto). La gran parte del quarto episodio della serie è dedicata al dopo, all’istituzione del Dipartimento per la Protezione Civile come risposta immediata alla tragedia, e soprattutto alla fondazione da parte dei genitori di Alfredino del Centro Alfredo Rampi: una fondazione quasi contestuale ai fatti (erano passati solo pochi mesi) che trovò subito la collaborazione attiva degli psicologi Rita Di Iorio e Daniele Biondo, oltre all’adesione convinta di un gran numero di volontari. Quando il fulcro e l’ambientazione della serie cambiano, abbandonando lo scenario rurale di Vermicino e spostandosi in quello urbano della capitale – dove iniziava a crescere il centro – non si avverte uno stacco altrettanto brusco nel tono del racconto; segno che quest’ultimo, tanto nella resa della tragedia quanto in quella del suo seguito immediato, ha mantenuto alla sua base un approccio essenzialmente divulgativo, capace di tenere a bada il rischio di spettacolarizzazione fine a se stessa degli eventi. Non è un caso che lo stesso Centro Alfredo Rampi, da sempre attento a diffondere sopra ogni altra cosa la sua attività educativa e di prevenzione, abbia dato il suo sostegno attivo alla realizzazione della serie: un sostegno che non sarebbe mai stato dato a un prodotto passabile di un qualsiasi sospetto di sciacallaggio. È proprio in questa fase che Anna Foglietta interpreta con naturalezza l’evoluzione del personaggio di Franca Rampi, donna ferita che diviene immediatamente protagonista attiva di un nuovo percorso: la sua conferenza stampa è il culmine di un climax che, per costruito che possa apparire, funziona in realtà bene tanto sul piano drammaturgico quanto su quello divulgativo. Un risultato anch’esso tutt’altro che scontato.

Alfredino - Una storia italiana poster locandina
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Scheda

Titolo originale: Alfredino – Una storia italiana
Regia: Marco Pontecorvo
Paese/anno: Italia / 2021
Genere: Drammatico
Cast: Vinicio Marchioni, Anna Foglietta, Francesco Acquaroli, Donatella Bartoli, Beniamino Marcone, Giacomo Ferrara, Daniele Mariani, Luca Angeletti, Valentina Romani, Daniele La Leggia, Giacomo Colavito, Marco Iannitello, Massimo Dapporto, Riccardo De Filippis
Sceneggiatura: Barbara Petronio, Francesco Balletta
Fotografia: Vincenzo Carpineta
Montaggio: Ugo De Rossi
Musiche: Giuliano Taviani
Produttore: Barbara Petronio
Casa di Produzione: Lotus Production, Sky Italia
Distribuzione: Sky / NOW, Sky Cinema

Data di uscita: 21/06/2021

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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