LA NOTTE DEL GIUDIZIO PER SEMPRE
Arrivato in sala oltre un anno dopo l’uscita preventivata, (non più) ultimo capitolo della saga iniziata da James DeMonaco, La notte del giudizio per sempre amplia il palcoscenico dello Sfogo, così come la sua estensione temporale: l’azione e i brividi ci sono, i temi politici sono sempre lì, ma le innovazioni portate dal regista Everardo Gout sono più di facciata che sostanziali.
Per sempre purgers
Abbiamo aspettato un bel po’, per poter vedere La notte del giudizio per sempre, essendo stato il film di Everardo Gout – qui subentrato in cabina di regia al creatore della saga James DeMonaco – una delle “vittime” cinematografiche del Covid. C’è voluto un po’ di tempo, precisamente un anno (l’uscita del film era inizialmente fissata per luglio 2020), nel corso del quale la Blumhouse ha avuto modo di cambiare idea sul franchise e sulla sua durata. Questo quinto episodio, infatti, era stato pensato come capitolo conclusivo della saga iniziata nel 2013 con La notte del giudizio, proseguita con tre sequel e un prequel, e arricchitasi nel frattempo con una serie televisiva; ma successivamente, prima il produttore Jason Blum e poi James DeMonaco (qui comunque autore del soggetto e della sceneggiatura) spinti probabilmente da incassi che restano buoni, hanno cambiato idea e hanno affermato che ci saranno altri episodi della saga, altri sfoghi. O, per dirla all’italiana, altre notti del giudizio. Definizione che in questo film perde invero un po’ di senso, visto che La notte del giudizio per sempre ha un’ambientazione in gran parte diurna, protraendosi il suo racconto oltre i tradizionali confini delle 12 ore della Purge annuale.
Ci si sfoga ancora
La prima sorpresa de La notte del giudizio per sempre è che il film scelga sostanzialmente di ignorare il finale del precedente La notte del giudizio – Election Year: lo Sfogo annuale, cancellato al termine di quest’ultimo, è stato ripristinato dal nuovo governo statunitense (il film non dedica che una breve spiegazione a riguardo). Le regole sono quelle consuete: per dodici ore ogni crimine sarà consentito, incluso l’omicidio. Mesi prima della sanguinosa ricorrenza, una coppia di messicani, Juan e Adela, riesce ad attraversare clandestinamente il confine col Texas, in fuga dai cartelli della droga. I due si ricostruiscono una vita, lui lavorando in un ranch di proprietà del vecchio Tucker – e del poco simpatico figlio Dylan – e lei trovando impiego in una panetteria di Austin. Quando arriva la fatidica notte, Juan e Adela si barricano con altri migranti in un santuario, protetto da sorveglianti armati; la notte trascorre senza particolari rischi per i due. Una volta suonata la sirena che decreta la fine dello Sfogo, Juan e Adela tornano ai rispettivi lavori. Tuttavia, poco dopo, Adela viene aggredita da un gruppo di individui armati, decisi a continuare illegalmente lo Sfogo; Juan trova la famiglia Tucker presa in ostaggio da alcuni dei braccianti, intenzionati a prendersi il ranch. In tutto il paese si moltiplicano gli allarmi e la violenza esplode incontrollata: il nuovo motto è Forever Purge, la celebrazione di uno Sfogo senza limiti.
Un palcoscenico più ampio
Consapevole che, arrivati al quinto film, la formula dei precedenti The Purge iniziava a mostrare la corda, James DeMonaco sceglie qui di allargare la visuale, facendo protrarre la storia oltre i confini dell’annuale Sfogo e spezzando la formula dell’home invasion (prevalentemente notturna e urbana) per una (dis)avventura su più vasta scala. La miscela di action e thriller, con ricorrenti incursioni nell’horror, che aveva sempre caratterizzato la saga, viene qui riproposta in un contesto più ampio, strizzando l’occhio nell’ultima parte al genere western e divertendosi a rovesciare il tema della migrazione e dell’attraversamento del confine (qui sono gli statunitensi a fuggire verso i più “tranquilli” lidi messicani). In fondo, se l’idea originale de La notte del giudizio era stata quella di fare un’allegoria da incubo della società americana, che portasse alle estreme conseguenze il tema dell’uso libero delle armi (se si possono acquistare, perché non dare la possibilità una volta l’anno di usarle liberamente?), qui l’asticella viene spostata ulteriormente: una notte non basta più. La violenza bestiale, una volta liberata, non vuole confini o barriere temporali. E stavolta, ad approfittarne, non è l’alta borghesia che trovava nello Sfogo uno strumento per liberarsi degli elementi indesiderati, ma proprio questi ultimi in un’anarchica e confusa rivolta: i suprematisti bianchi e i nativisti – in gran parte appartenenti alle incolte classi più povere – convinti che i nemici siano neri e immigrati; i braccianti sfruttati in cerca di un nichilistico riscatto.
Cambiamenti più di forma che di sostanza
In questo senso, il tema politico alla base dei precedenti The Purge viene riproposto in questo La notte del giudizio per sempre senza grandi scossoni, ampliandosi semplicemente col motivo dell’immigrazione e del razzismo serpeggiante nella società americana. Un tema che, con la (difficoltosa) fuoriuscita di Donald Trump dalla Casa Bianca e l’elezione di Joe Biden (ma il film è stato girato quando ancora Trump era pienamente in sella) ha trovato un nuovo slancio, e soprattutto nuove speranze da parte delle categorie prese di mira dalla precedente amministrazione – afroamericani e immigrati, soprattutto. Certo, si tratta di temi non certo nati oggi, e già trattati (obiettivamente meglio) altrove: qui, in particolare, il motivo delle discriminazioni è tutto ridotto al contrasto tra gli eroi Juan e Adela (rispettivamente Tenoch Huerta e Ana de la Reguera, quest’ultima star della tv messicana) e il razzista – ma solo un po’ – Dylan (che ha il volto di Josh Lucas, unico nome noto a livello internazionale del cast). Un contrasto risoltosi troppo presto e in modo scontato; più in generale, tutti i personaggi sono un po’ tagliati con l’accetta, e fanno quello che in definitiva ci si aspetta da loro. Persino i pochi sacrifici sono del tutto prevedibili. Ma l’azione e il ritmo tengono ancora, in definitiva, la regia è discreta, e il passaggio dallo scenario urbano a quello prevalentemente rurale (così insolito per la saga) non provoca contraccolpi su un “marchio” ormai riconoscibilissimo. Il problema sta forse proprio nell’eccessiva attinenza a quest’ultimo, nonostante tutti i buoni propositi e i cambiamenti nell’ambientazione, più di forma che di sostanza. La saga avrebbe bisogno di un punto di vista davvero diverso; chissà se DeMonaco riuscirà a fornirlo nel sesto episodio, che a suo dire dovrebbe contemplare uno Sfogo su scala mondiale. Attendiamo e ci accontentiamo, nel frattempo.
Scheda
Titolo originale: The Forever Purge
Regia: Everardo Gout
Paese/anno: Francia, Stati Uniti, Messico / 2021
Durata: 103’
Genere: Horror, Azione, Thriller
Cast: Anthony Molinari, Will Patton, Veronica Falcón, Josh Lucas, Tenoch Huerta, Will Brittain, Ana de la Reguera, Antwan Eilish, Leven Rambin, Sammi Rotibi, Alejandro Edda, Brett Edwards, Cassidy Freeman, Edward Gelhaus, Gary Nohealii, Gregory Zaragoza, Jeffrey Doornbos, Joshua Dov, Susie Abromeit
Sceneggiatura: James DeMonaco
Fotografia: Luis David Sansans
Montaggio: Todd E. Miller, Vincent Tabaillon
Musiche: The Newton Brothers
Produttore: Brad Fuller, James DeMonaco, Sébastien K. Lemercier, Michael Bay, Jennifer Scudder Trent, Andrew Form, Jason Blum, James Moran
Casa di Produzione: Universal Pictures, Man in A Tree, Blumhouse Productions, Platinum Dunes, Perfect World Pictures
Distribuzione: Universal Pictures
Data di uscita: 08/07/2021