PHENOMENA
Phenomena, uscito nel 1985, inizia ad avvicinare cronologicamente il cinema di Dario Argento al suo declino; ma questo lo sappiamo solo a posteriori, e riguardando oggi il film appare ancora più incredibile. La pellicola, infatti, è una crudele e fascinosissima fiaba nera, con un mostro-killer che trova sulla sua strada uno dei personaggi meglio costruiti di tutto il repertorio argentiano. Il fascino degli esterni, unito a quello di singole, fulminanti sequenze, ci ricorda ancora oggi perché abbiamo amato il cinema di questo regista.
L'Argento che ancora rifulge
In quella dialettica tra thriller e horror in cui si è sempre mosso il cinema di Dario Argento (almeno quello dei tempi migliori) un’opera come Phenomena si colloca più vicina al secondo fronte, recuperando suggestioni gotiche che il regista romano aveva già espresso in Suspiria (1977) e Inferno (1980). Si era nel 1985, d’altronde, e il giallo all’italiana aveva detto più o meno tutto ciò che aveva da dire: forse, il canto del cigno del genere (per molti versi autoironico) lo aveva espresso proprio lo stesso Argento col precedente Tenebre (1982). Da allora, era evidente che il suo cinema – e in generale tutto il cinema di genere italiano, tra protagonisti vecchi (Lucio Fulci) e nuovi (Michele Soavi, Lamberto Bava) – si avviava su un diverso sentiero; lo faceva sposando definitivamente il sovrannaturale, il grottesco, la stilizzazione esasperata e sempre più slegata da qualunque necessità narrativa. Non deve trarre in inganno che anche in Phenomena vi sia un abbozzo di intreccio giallo, un killer (della cui identità, fin dall’inizio, ci interessa molto relativamente), conditi da qualche riferimento ai primi film (il cappello nero, i guanti): qui, nel cuore delle Alpi svizzere, in un collegio collocato tra i boschi spazzati dal vento, l’atmosfera è da fiaba nera. Con una moderna Alice pronta a immergersi – non senza una fascinazione tutta sua – in un onirico paese degli orrori.
Quel collegio nel bosco
La trama di Phenomena inizia proprio in quella regione boscosa che un personaggio definisce “la Transilvania della Svizzera”, in cui l’apparente idillio del verde cede il passo a fitte foreste e a imponenti catene montuose, che di notte si colorano dei toni onirici dell’incubo. Il brutale omicidio – in puro stile argentiano – di una turista sperduta (la figlia del regista Fiore, qui alla sua prima apparizione in un film del padre), precede l’arrivo nella regione della protagonista Jennifer (Jennifer Connelly), americana venuta a studiare nel collegio femminile della zona. La ragazza soffre di sonnambulismo e riesce a stabilire un singolare legame – con elementi di telepatia – con tutti gli insetti. Le sue peculiarità le provocano subito l’odio della maggior parte delle compagne, e il sospetto misto a repulsione del corpo docente; la sua compagna di stanza Sophie (Federica Mastroianni), l’unica che sembra volerle essere amica, le racconta di un killer che si nasconderebbe tra i monti, collegato a una una serie di sparizioni tra le ragazze. Una notte, durante un episodio di sonnambulismo, Jennifer sembra intravedere l’omicidio di una ragazza nelle stanze del collegio; poco dopo, si rifugia nella casa del vicino dottor John McGregor (Donald Pleasence), un entomologo costretto su una sedia a rotelle, che resta colpito dalla sua empatia con gli insetti. Ma Jennifer, e lo stesso McGregor, finiranno presto nelle mire dell’assassino.
Il delirio svelato
Tutto lo svolgimento di Phenomena, dal magistrale prologo alla sequenza finale (che cita in parte l’analoga conclusione di Tenebre) è intriso della fascinazione per il dettaglio macabro, per lo sguardo che vi resta avvinghiato (elemento che diventerà letterale nel successivo Opera), per l’incubo lucido – qui espresso in una protagonista capace, letteralmente, di sognare a occhi aperti – che ha attraversato trasversalmente tutto il cinema di Argento. Qui, tuttavia, siamo lontani dai paesaggi urbani trasfigurati e arditamente mescolati (con esterni girati in diverse città) dei primi gialli, così come dalle architetture asettiche e futuribili del film immediatamente precedente; se l’ambientazione scolastica rimanda chiaramente a Suspiria, il setting naturalistico è un elemento del tutto inedito per il cinema del regista romano, un passo ulteriore – che resterà purtroppo privo di evoluzioni – sulla strada del racconto fiabesco e della pura visione onirica. Non c’è più bisogno di distorcere le scenografie urbane, di presentare personaggi ordinari catapultati in contesti da incubo, di dare al delirio una veste e una copertura (apparentemente) razionali. Qui, siamo da subito nel bel mezzo di una fiaba (pur crudelissima), e i suggestivi e potenti esterni – mai tanto sfruttati nel cinema argentiano – si incaricano di farcelo sapere immediatamente; e ce lo rimarca anche il mesmerico commento musicale dei Goblin, forse per l’ultima volta davvero in stato di grazia nel cinema di Argento.
Il risveglio di Jennifer
Tutta la prima parte di Phenomena è una cavalcata lucida e selvaggia, e per questo permeata da un fascino a suo modo irresistibile, sulle ali di un sogno/incubo, in cui assumiamo lo sguardo diverso, affamato di dettagli e rivelazioni, di uno dei personaggi meglio costruiti di tutto il repertorio argentiano. Jennifer è come una Carrie che ha assunto finalmente la consapevolezza di sé, che da adolescente bullizzata è diventata donna, che ha imparato a non lasciarsi usare dal suo potere, ma al contrario a servirsene come (vitale) arma. Non più la (auto)distruzione catartica della protagonista del romanzo di Stephen King – e della sua ottima trasposizione cinematografica di Brian De Palma – ma al contrario l’affermazione consapevole di una propria diversità, di una singolarità positiva che permette di fronteggiare ad armi pari l’incubo: tanto quello “sovrumano” (in quanto portatore di una follia che trascende le categorie umane) del killer, quanto quello quotidiano e ben più prosaico di insegnanti e compagne di scuola. Il potere di Jennifer ne provoca il risveglio – anche sessuale – come donna, le permette di guardare in faccia (letteralmente) l’orrore e confrontarsi con esso, uscendone vincitrice.
Poco importa, in questo senso, che la seconda parte di Phenomena non sia visivamente potente come la prima, che il regista si lasci andare a qualche convenzionalità di troppo (la vasca chimica, i cadaveri sott’acqua), che la figura del killer, una volta svelata, non sia all’altezza del resto del film. Il viaggio della protagonista – e questo è ciò che conta – ha trovato il suo compimento, il suo “romanzo di formazione” nel sangue e nel confronto con la morte, allontanata proprio grazie alla sua empatia sovrannaturale – e unica – col mondo animale, si è completato. Il cinema di Dario Argento inizierà di lì a poco il suo declino, ma a guardare come rifulge qui (in singole scene, e nella sua stessa consapevolezza teorica) sembra davvero difficile crederci.
Scheda
Titolo originale: Phenomena
Regia: Dario Argento
Paese/anno: Italia, Svizzera / 1985
Durata: 116’
Genere: Horror, Thriller
Cast: Alberto Cracco, Davide Marotta, Fiorenza Tessari, Daria Nicolodi, Fulvio Mingozzi, Jennifer Connelly, Antonio Maimone, Dalila Di Lazzaro, Donald Pleasence, Federica Mastroianni, Fiore Argento, Francesca Ottaviani, Kaspar Capparoni, Mario Donatone, Michele Soavi, Patrick Bauchau
Sceneggiatura: Dario Argento, Franco Ferrini
Fotografia: Romano Albani
Montaggio: Franco Fraticelli
Musiche: Goblin, Simon Boswell
Produttore: Dario Argento
Casa di Produzione: DACFILM Rome
Distribuzione: Titanus
Data di uscita: 31/01/1985