PAOLO SORRENTINO, L’UOMO IN PIÙ DEL CINEMA ITALIANO
In occasione dell’uscita nazionale del nuovo È stata la mano di Dio, ripercorriamo la carriera del regista partenopeo, cineasta che con nove film all’attivo ha già lasciato un segno indelebile nella storia del nostro cinema.
“Gentile Signor Troisi,
Mi chiamo Paolo Sorrentino, ho ventuno anni e sono nato a Napoli […]. Le chiedo di poter lavorare nel suo prossimo film in qualità di aiuto e assistente alla regia”.
Scriveva così il regista partenopeo nella famosa lettera pensata per Massimo Troisi. All’epoca Sorrentino aveva poca esperienza alle spalle, studiava Economia e Commercio e si definiva semplicemente un grande appassionato di cinema. Oggi, trent’anni dopo, Sorrentino è un regista premio Oscar riconosciuto a livello internazionale come uno dei pilastri del cinema italiano contemporaneo. È appena uscito il nono lungometraggio della sua carriera, È stata la mano di Dio, scelto poche settimane fa per rappresentare l’Italia agli Oscar del 2022.
La sua storia
Nato e cresciuto a Napoli, Paolo Sorrentino si dedica al cinema fin da giovane. Abbandonati gli studi universitari, comincia a formarsi come regista di cortometraggi e sceneggiatore. È proprio per la scrittura che vince il suo primo premio: nel 1999 gli viene assegnato il Premio Solinas per la sceneggiatura di Napoletani, che poi non sarà più realizzato. L’opera prima arriva nel 2001 con L’uomo in più, che sancisce l’inizio di due collaborazioni fondamentali: quella con la Indigo Film, che produrrà tutti i suoi lungometraggi (tranne l’ultimo), e quella con Toni Servillo, con il quale lavorerà in altri sei progetti.
Seguono Le conseguenze dell’amore (2004), L’amico di famiglia (2006), Il divo (2008), This Must Be the Place (2011), La grande bellezza (2013), Youth – La giovinezza (2015), The Young Pope (2016) e The New Pope (2019), Loro 1 e Loro 2 (entrambi del 2018) e il più recente È stata la mano di Dio (2021). Con Il divo arrivano i primi riconoscimenti internazionali. Il film vince il Premio della Giuria al Festival di Cannes, si aggiudica una candidatura agli Oscar per il miglior trucco e dà a Sorrentino la possibilità di cimentarsi nella sua prima opera cinematografica in lingua inglese. Qualche anno dopo, infatti, scrive e dirige This Must Be the Place, con Sean Penn come protagonista.
La grande bellezza
Presentato in concorso al festival di Cannes nel 2013, La grande bellezza segna una tappa importante per il nostro cinema: 16 anni dopo La vita è bella, l’Italia torna a vincere l’Oscar per il miglior film straniero. Il film, quindi, consacra definitivamente Sorrentino come regista di fama internazionale.
Più di ogni altra cosa, La grande bellezza mette in luce la grande capacità di scrittura del regista napoletano. I suoi monologhi e dialoghi delineano un protagonista tormentato e grottesco, tratteggiato con una palpabile malinconia di fondo e magistralmente interpretato da Toni Servillo. In opposizione alla bruttura interiore dei personaggi – messi in scena con forte giudizio critico – c’è solo la città che li circonda: Roma, resa ancora più bella dai movimenti di macchina e dalla splendida fotografia di Luca Bigazzi. Sorrentino porta sul grande schermo un’opera ambiziosa, complessa e unica nel panorama italiano contemporaneo.
Servillo x Sorrentino
Non si può parlare di Paolo Sorrentino senza menzionare Toni Servillo. La loro simbiosi professionale si traduce perfettamente sul grande schermo; e i personaggi più riusciti e interessanti sono quelli scritti per e interpretati dall’attore napoletano. Il sodalizio con Servillo è indubbiamente un elemento centrale nella visione del regista partenopeo.
Amici da tantissimi anni, i due vantano una longeva collaborazione cinematografica, cominciata nel 2001 con L’uomo in più, che ebbe la sua anteprima durante la 58esima Mostra del Cinema di Venezia. Nel 2021, esattamente venti anni dopo, Sorrentino è tornato al Lido con È stata la mano di Dio. Questa volta il regista affida all’amico di una vita un ruolo al quale tiene moltissimo: quello del padre, che Servillo interpreta con una delicatezza incredibile. Vinto il Leone d’Argento alla mostra del cinema, nel suo discorso durante la premiazione – incredibilmente emozionato – Sorrentino dice così:
Ogni tanto qualcuno un po’ antipatico mi dice: ma perché fai un altro film con Toni Servillo? E ora posso dire: “Guardate dove sono arrivato facendo i film con lui”.
L’Italia di Sorrentino
Nonostante la sua opera goda ormai di un significativo respiro internazionale, i film e serie televisive di Sorrentino restano ancorati a una forte italianità. Dai personaggi scritti – che siano inventati o realmente esistiti – alle tematiche trattate; dalla cura con cui racconta i luoghi che mette in scena (che sia la Roma de La grande bellezza o la Napoli di È Stata la mano di Dio), alle colonne sonore che avvolgono le sue storie: tutto diventa espressione di tradizioni, storia, caratteristiche e problematiche del nostro paese.
In modo originale e provocatorio, Sorrentino ci porta nelle mura di casa di un Andreotti curvo e manipolatore e di un Berlusconi caricaturale e grottesco; seguendo Jep Gambardella, ci conduce alla scoperta di una classe borghese volgare e superficiale; attraverso la vita di due Papi, ci racconta l’ipocrisia e corruzione di una Chiesa sempre più deludente. In È Stata la mano di Dio, però, senza filtri né pretenziosità, Sorrentino racconta se stesso. Nel suo ultimo film troviamo la Napoli degli anni ’80, Fellini e Maradona, i pranzi e le gite di famiglia, le partite guardate in compagnia e i sogni di un ragazzo segnato dal dolore. Mai come in questo caso lo spettatore riesce a rivedersi nella storia raccontata; una storia semplice e ordinaria e – proprio per questo – di tutti noi.