UN FIGLIO
Un figlio, opera prima di Mehdi M. Barsaoui, riesce a costruire un percorso armonioso all’interno del quale si parte dall’universale per arrivare al personale, toccando le incongruenze sociali di un paese in trasformazione che si riflettono sull’armonia interna di una coppia e di una vita famigliare.
Storia di un paese e di una coppia
Fares e Meriem sembrano essere una coppia perfettamente centrata. Tunisini, moderni ed entrambi in carriera, hanno un’interpretazione personale e attuale della gestione famigliare che comprende anche il figlio Aziz. Così, all’interno di un paese che continua a vivere molte contraddizioni culturali e che, nel pieno della Rivoluzione dei Gelsomini del 2011, dimostra di non riuscire a trovare un punto d’incontro tra un passato di chiusura e un futuro volto al cambiamento, sembrano veramente essere un universo parallelo di armonia. Una stabilità, però, che è destinata presto a essere interrotta e a mostrare tutti i suoi limiti. A creare questa instabilità è la dissonanza per eccellenza rappresentata da un confronto a fuoco tra le forze dell’ordine e i gruppi islamisti. La famiglia, colta di sorpresa da questo evento durante un momento d’intima rilassatezza come un viaggio di piacere, si trova improvvisamente ad affrontare la realtà drammatica del ferimento del figlio.
Trasportato immediatamente in ospedale, il bambino riesce a sopravvivere ma riporta dei danni gravi e inevitabili al fegato. Una situazione che lo condanna a un trapianto veloce per salvargli la vita. Ed è proprio in quel momento, tra i corridoi di un ospedale, che il regista Mehdi M. Barsaoui inizia in Un figlio un percorso in grado di procedere dall’esterno all’interno, dall’universale della storia sociale di un paese al particolare di un racconto personale e intimo. Il tutto mettendo in evidenza le discrepanze culturali che sconvolgono ancora una nazione e che, nonostante tutte le scelte personali e la gestione moderna dei rapporti, si riflettono con preconcetti e limitazioni all’interno di una coppia. Così, senza forzature o eccessi stilistici, il regista riesce a fotografare un tormento e un’emozione all’interno delle quali l’elemento femminile si trova ancora a pagare il prezzo più alto e, probabilmente, il più ingiusto. Perché essere una madre, all’interno di alcune culture, ha ancora un valore secondario rispetto a quello di un padre.
L’evoluzione di un racconto
L’opera prima di Mehdi M. Barsaoui mostra un andamento interno molto naturale e fluido, nonostante la tematica dei rapporti famigliari e personali tra uomo e donna sia ostica da sviluppare, soprattutto se confrontata con la consuetudine di un mondo confuso e in continuo ritorno al passato come quello arabo. Un’armonia che, però, è frutto di un grande lavoro di scrittura e di preparazione. Prima di essere presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti nel 2019, infatti, Un figlio ha dovuto percorrere una lunga strada preparatoria. Il suo cammino inizia nel 2014 con un primo abbozzo di sceneggiatura cui sono seguiti anni di revisione o, per meglio dire, di evoluzione a strati. Perché quello che si comprende osservando l’andamento del film, è di trovarsi di fronte a un racconto a più livelli. Ognuno di questi ha un passo autonomo e una sua autonomia. Nonostante questa forte caratterizzazione, però, ogni livello riesce a fondersi alla perfezione con gli altri, andando a comporre un quadro unico in cui il dentro e il fuori la coppia offrono una visione univoca della realtà tunisina di quel 2011.
Per arrivare a questo stato di normalità e naturalezza, dunque, Mehdi M. Barsaoui ha lavorato di volta in volta sulla progressione di uno degli strati narrativi passando da quello politico, per poi scandagliare i tormenti dell’uomo, il dolore della donna e il mondo ospedaliero. Il tutto osservato e interpretato con una forte umanità e un grande senso di empatia. Solo in questo modo, infatti, il regista non solo riesce a mettere ordine all’interno di una materia composita ma, al tempo stesso, rifugge il pericolo di una narrazione troppo didascalica e fredda. La naturalezza, invece, è alla base di questo film che riesce a mantenersi, in modo quasi miracoloso, su di un equilibrio costante in cui la drammaticità non eccede nemmeno quando ci si trova di fronte a una realtà straniante e destabilizzante come quella del traffico degli organi.
Un uomo e una donna
Fatta eccezione per il momento iniziale in cui l’evento drammatico viene innescato dall’intervento di terzi elementi, tutta la narrazione è gestita dalla coppia e dagli aspetti dissonanti che vengono messi in evidenza dal confronto con l’ineluttabilità del dolore. Un universo chiuso, dunque, che si confronta all’interno di un ambiente a sua volta circoscritto come i corridoi di un ospedale. A causa di un mistero che irrompe tra loro due, capace di mettere in discussione i ruoli genitoriali, Fares e Meriem smettono improvvisamente di essere gli elementi di una coppia per ritornare a guadagnare le loro individualità. E non si tratta certo di un evento positivo per un nucleo famigliare. Improvvisamente i due assumono posizioni opposte in cui l’uomo si erge in una posizione di superiorità e alla donna spetta il compito di sostenere il peso di una colpa. In questo senso, dunque, Un figlio diventa un viaggio all’interno della coppia amplificato e reso ancora più realistico dai due interpreti e dalla relazione che li unisce.
Sami Bouajila e Najla Ben Abdallah, infatti, sono una coppia anche nella vita. Lui è molto noto in Francia, mentre lei è una vera e propria star in Tunisia. Un marito e una moglie, dunque, che, pur condividendo l’ambito professionale, mantengono delle individualità ben precise. Una caratteristica che ha permesso loro di andare a metabolizzare e interpretare con senso del reale i movimenti emotivi del proprio personaggio e i modi misteriosi in cui si confronta con la barriera dell’altro. Un percorso interpretativo che ha chiesto loro di indagare anche all’interno della propria coppia, ponendosi delle domande e ottenendo delle risposte forse scomode riguardo le loro reazioni di fronte a determinate problematiche. Un lavoro che i due hanno affrontato insieme al regista di Un figlio grazie a ben cinque settimane di prove, prima di arrivare alle riprese, e che ha garantito una silenziosa potenza delle azioni e dei sentimenti.
Scheda
Titolo originale: Bik Eneich: Un fils
Regia: Mehdi Barsaoui
Paese/anno: Libano, Francia, Tunisia, Qatar / 2019
Durata: 95’
Genere: Drammatico
Cast: Sami Bouajila, Amor Jmal, Jamila Camara, Jihed Cherni, Karim Kefi, Laroussi Zbidi, Mabrouk Mahdhaoui, Mohamed Ali Ben Jemaa, Najla Ben Abdallah, Nissaf Ben Hafsia, Noomen Hamda, Qassine Rawane, Rim Chalbi, Slah Msadek, Youssef Khemiri
Sceneggiatura: Mehdi Barsaoui
Fotografia: Antoine Héberlé
Montaggio: Camille Toubkis
Musiche: Amin Bouhafa
Produttore: Habib Attia, Gilles Perez, Anas Azrak, Sarah Chazelle, Faycal Hassairi, Marc Irmer, Antoine Khalife, Myriam Sassine, Etienne Ollagnier, Georges Schoucair, Cyrille Perez
Casa di Produzione: Metafora Production, Jour2Fête, Schortcut Films, Sunnyland Film, Cinétéléfilms, Dolce Vita Films, 13 Productions
Distribuzione: Valmyn
Data di uscita: 21/04/2022