IL SERVO
di Joseph Losey
Con Il servo, Joseph Losey ha contribuito a scrivere un importante capitolo della storia del cinema. Attingendo a piene mani da quanto realizzato in passato, il regista è riuscito al contempo a dar vita a qualcosa di nuovo, che ha a sua volta influenzato numerose pellicole a venire. Un riuscito mix tra tensione e velato erotismo, che pur partendo da determinati cliché non smette mai di sorprendere. Un’opera matura, perfettamente consapevole e intelligente. Il film viene riproposto in sala in versione restaurata dalla Cineteca di Bologna, a partire dal 2 maggio.
Servo e padrone
Non si ha paura alcuna di esagerare, quando Il servo di Joseph Losey viene definito un capolavoro. Già, perché di fatto questo importante lungometraggio – realizzato nel 1963, scritto da Harold Pinter, presentato in concorso alla 24° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia e finalmente restaurato e riproposto sul grande schermo – è considerato oggi una delle opere di maggior importanza dell’autore statunitense: un film che è inoltre un lucido ritratto della psiche umana, e di come determinate dinamiche possano prendere pieghe inaspettate e tanto, tanto inquietanti.
Nuovi arrivi in casa Mounset
La storia, dunque, prende il via in un normale contesto altoborghese, dove inizialmente tutto sembra corrispondere a determinati stereotipi: abbiamo Tony Mounset (impersonato da James Fox), un giovane benestante londinese, apparentemente annoiato dalla sua superficiale e monotona esistenza e fidanzato con l’algida Susan (Wendy Craig), il quale decide di assumere un domestico. Così, dunque, entra finalmente in gioco Hugo Barrett (un Dirk Bogarde fuori dal comune), con un’importante esperienza alle spalle e che, inizialmente, sembra soddisfare appieno le aspettative del giovane Tony. Lentamente, tuttavia, Barrett, consapevole del carattere debole e malleabile del suo datore di lavoro, inizierà a mostrare la sua vera natura, dando il via a un estenuante gioco psicologico, in cui ben presto i ruoli verranno ribaltati.
I ruoli cambiano
Il servo, dunque, non è (soltanto) la rappresentazione di un’eterna lotta di classe (particolarmente influenti, a tal proposito, sono state le ideologie a stampo comunista di Losey stesso, che a causa di ciò ha a suo tempo deciso di auto-esiliarsi in Gran Bretagna – dove, appunto, il presente lungometraggio è stato realizzato – pur di non collaborare con il governo statunitense per “smascherare” alcuni sovversivi filo-sovietici). Il servo è, soprattutto, un sottile ritratto della psiche umana e delle sue numerose sfaccettature, qui messe in scena sotto forma di un raffinato e disturbante thriller psicologico.
Percezioni
Tony e Barrett sono due personalità agli antipodi. Tanto debole e privo di spina dorsale il primo, quanto astuto e spietato il secondo. Entrambi – insieme alla suddetta Susan e a Vera (Sarah Miles), inizialmente presentata a Tony come la sorella di Barrett, ma che poi si rivelerà essere la fidanzata di quest’ultimo – si muovono quasi come pedine degli scacchi, magistralmente seguiti da una macchina da presa che sa bene come muoversi al fine di trasmettere allo spettatore determinate sensazioni. Particolarmente degno di nota, a tal proposito, è il raffinato gioco di specchi e di ombre (che tanto sta a ricordare il glorioso cinema espressionista) messo in scena da Losey. I personaggi osservano e vengono osservati spesso tramite superfici riflettenti o oggetti che, in qualche modo, deformano e distorcono la realtà. L’atto del vedere in sé diviene, così, uno degli attori principali. Ciò che vediamo non corrisponde mai alla realtà. O forse no?
Non aprite quella porta
Ne Il servo il protagonista perde pian piano ogni certezza ed entra in un pericoloso loop claustrofobico, reso tale anche e soprattutto dalla location in cui la storia si svolge. A tal proposito, particolarmente degna di nota è la casa del protagonista. Un’enorme, lussuosa villa, i cui rumori (ora cigolii di porte, ora rubinetti che perdono), le cui stanze, le cui scale sembrano quasi avere vita propria e, tutti insieme, vanno ad arricchire un già perfetto palcoscenico per la tragedia in atto.
Indimenticabile Dirk
E poi, ovviamente, c’è lui: il grande Dirk Bogarde. Se Il servo di Losey è considerato oggi una vera e propria pietra miliare della storia del cinema, merito è (anche) dell’indimenticato Bogarde, perfettamente in grado di cambiare registro senza mai andare sopra le righe e la cui espressione inconfondibile – apparentemente impassibile, ma gelida e spietata al punto giusto – fa da inquietante leit motiv all’intero lungometraggio, in un crescendo di angoscia e tensione.
Passato e presente
Con Il servo, dunque, Joseph Losey ha contribuito a scrivere un importante capitolo della storia del cinema mondiale. Attingendo a piene mani da quanto realizzato in passato, il regista è riuscito al contempo a dar vita a qualcosa di nuovo, che ha a sua volta influenzato numerose pellicole a venire. Un riuscito mix tra tensione e velato erotismo, che, pur partendo da determinati cliché, non smette mai di sorprendere. Un’opera matura, perfettamente consapevole e intelligente, che può essere considerata una summa delle tematiche e degli approcci operati nelle precedenti opere dall’autore. Un vero e proprio capolavoro che, finalmente potrà essere (ri)visto anche sul grande schermo.
Scheda
Titolo originale: The Servant
Regia: Joseph Losey
Paese/anno: Regno Unito / 1963
Durata: 116’
Genere: Drammatico
Cast: Alun Owen, Ann Firbank, Brian Phelan, Catherine Lacey, Derek Tansley, Dirk Bogarde, Doris Nolan, Harold Pinter, Hazel Terry, James Fox, Jill Melford, Patrick Magee, Richard Vernon, Sarah Miles, Wendy Craig
Sceneggiatura: Harold Pinter
Fotografia: Douglas Slocombe
Montaggio: Reginald Mills
Musiche: John Dankworth
Produttore: Joseph Losey, Norman Priggen
Casa di Produzione: Springbok Productions
Distribuzione: Cineteca di Bologna
Data di uscita: 02/05/2022