BULLET TRAIN

BULLET TRAIN

Action comedy che unisce oriente e occidente, Bullet Train è onesto nei suoi intenti, fracassone, pop e gustosamente effimero; ispira malgrado tutto simpatia, il film di David Leitch, a dispetto dell’alto budget e di uno sfoggio di muscoli non sempre giustificato.

Un treno chiamato Vendetta

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Il sottogenere dell’action movie di derivazione orientale, preferibilmente ambientato in Asia e con un cast misto di interpreti statunitensi e asiatici, mancava da un po’ di tempo dai radar del cinema blockbuster hollywoodiano. A rimediare a questa temporanea mancanza, arriva ora questo già molto chiacchierato Bullet Train, nuova prova registica di David Leitch con la produzione dello specialista Antoine Fuqua; un film, quello di Leitch, che segna anche un nuovo ruolo da protagonista per un Brad Pitt che, dopo C’era una volta a… Hollywood e Ad Astra (e parallelamente al suo ruolo secondario in The Lost City) si concede un’altra parentesi più ludica e disimpegnata. L’ispirazione, per il film di Leitch, è il romanzo del 2010 di Kotaro Isaka Maria Beetle, uscito in Italia col titolo I sette killer dello Shinkasen; della vicenda originaria, la sceneggiatura ha mantenuto l’intreccio di base e l’ambientazione – un treno rapido diretto da Tokyo a Kyoto, popolato di killer di varia provenienza – modificando tuttavia l’etnia di gran parte dei protagonisti, originariamente tutti nipponici. Una scelta che ha provocato alla produzione inevitabili accuse di whitewashing, ma che resta in fondo coerente col carattere “globalizzato” e contaminato che ormai accomuna il cinema d’azione occidentale a quello orientale; un’unione di tratti e stilemi che restano espressione di un immaginario pop che ormai (nel bene e nel male) è in gran parte comune.

Tokyo-Kyoto, solo andata

Bullet Train, un bellicoso Bad Bunny in una scena
Bullet Train, un bellicoso Bad Bunny in una scena del film

Al centro della trama del film c’è il personaggio di Ladybug (“coccinella” in inglese), stagionato killer spedito dalla sua datrice di lavoro, Maria Beetle, a recuperare una valigetta piena di soldi su un treno rapido diretto da Tokyo a Kyoto. L’uomo, malinconico e convinto di essere perseguitato dalla sfortuna, si incontra e scontra sul convoglio con una serie di altri personaggi: tra questi, i sicari Tangerine e Lemon, che stanno scortando l’appena recuperato figlio del boss della mafia russa Morte Bianca, che era stato rapito da una banda rivale; la giovane Prince, ragazza che si presenta con un look da studentessa ma è in realtà una killer professionista, oscuramente legata a Morte Bianca; il giapponese Kimura, che cerca vendetta contro colui che ha fatto precipitare suo figlio dal tetto di un palazzo, riducendolo in fin di vita; il killer The Wolf, sicario messicano che si rivela essere a sua volta in cerca di vendetta contro lo stesso Ladybug, che ritiene responsabile di un recente massacro al suo matrimonio. Presto, i personaggi si rivelano essere collegati in vario modo l’uno all’altro, mentre la valigetta inseguita da Ladybug passa di mano in mano; la resa dei conti ci sarà (forse) all’arrivo del treno a Kyoto, dove Morte Bianca attende il ritorno di suo figlio, e la restituzione del riscatto che aveva pagato per averlo indietro.

Ridere e morire ad alta velocità

Bullet Train, un corpo a corpo tra Aaron Taylor-Johnson e Brad Pitt in una scena
Bullet Train, un corpo a corpo tra Aaron Taylor-Johnson e Brad Pitt in una scena del film

Se è vero che il cinema d’azione hollywoodiano, negli ultimi anni, ha innestato dosi sempre più robuste di commedia nella sua struttura, al punto che la componente ironica e smitizzante ne è ormai parte integrante (ma non sempre giustificata), Bullet Train sceglie di percorrere, fin da subito e in modo scoperto, la strada della action comedy. Una strada che da una parte guarda all’humour fracassone, pop e ipercinetico di un Guy Ritchie aggiornato ai tempi, dall’altra cita schegge di immaginario tarantiniano – ovviamente prive della solida giustificazione teorica del cinema del regista di Knoxville – condendo tutto di spruzzate di yakuza movie, action di Hong Kong d’antan, dorama nipponici e violenza cartoonesca.

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Una scelta che, tradendo i più seriosi intenti originali della produzione – che voleva realizzare una versione moderna di Die Hard ambientata su un treno – si inserisce nel già tracciato solco di un “manierismo dell’eccesso”, di un calcolato depotenziamento della violenza che vira in commedia praticamente tutte le evoluzioni della trama. Il complicato intreccio di motivazioni che muove tutti i personaggi funge da gustoso (e gratuito) castello di carte narrativo, atto più che altro a mettere in evidenza il rassegnato spaesamento del personaggio interpretato da Pitt. Una costruzione, quella del film, che è in fondo una variante sul tema del classico Assassinio sull’Orient Express, le cui basi vengono ripensate e portate (non riveliamo ovviamente come) su altri e diversi territori.

Simpatia e sfoggio di muscoli

Bullet Train, Hiroyuki Sanada in plastica posa di combattimento in una scena
Bullet Train, Hiroyuki Sanada in plastica posa di combattimento in una scena del film

Piacevole da fruire quanto effimero, divertissment ad alto budget che non bara mai sulle sue intenzioni e ambizioni, Bullet Train è intrattenimento pop consapevole e divertito, che forse avrebbe funzionato ancor meglio su una scala più “piccola”. Se è vero che il film di David Leitch si prende decisamente meno sul serio di un prodotto come The Gray Man – per citare un esempio recente di action movie ad alto budget – è pur vero che lo sfoggio di mezzi risulta qui altrettanto esplicito, ma paradossalmente meno giustificato. Nonostante l’ambientazione, quasi interamente concentrata nella location del treno in corsa, permettesse una messa in scena meno roboante e più (virgolette d’obbligo) “sobria”, il film di Leitch sceglie invece di mostrare i muscoli in più di un’occasione; lo fa con qualche inserto digitale non proprio riuscito (molte delle sequenze ambientate fuori dal convoglio) oltre che con una parte conclusiva fin troppo stirata e dilatata. Una caratteristica, quest’ultima, che è invero un vizio di molto cinema d’azione recente, e che qui si rivela funzionale soprattutto a giustificare i costi di produzione, facendo deragliare il tutto dalle parti di uno Speed rivisto, aggiornato e un po’ sfiancato. Un po’ della simpatia ispirata dal progetto viene meno, negli ultimi minuti, malgrado le apparizioni di Michael Shannon e Sandra Bullock (in due ruoli dagli intenti diametralmente opposti) e lo sforzo del regista di mantenere la levità di tono che aveva fino ad allora caratterizzato il tutto. Nonostante i limiti, di concept e di formato, l’operazione di Bullet Train può comunque dirsi riuscita, ben calata nel contesto di un cinema blockbuster che qui, se non altro, intrattiene senza rinunciare del tutto al piacere del racconto.

Bullet Train, la locandina italiana del film
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Scheda

Titolo originale: Bullet Train
Regia: David Leitch
Paese/anno: Stati Uniti, Giappone / 2022
Durata: 126’
Genere: Commedia, Azione, Thriller
Cast: Ryan Reynolds, Brian Tyree Henry, Channing Tatum, Brad Pitt, Hiroyuki Sanada, Michael Shannon, Aaron Taylor-Johnson, Zazie Beetz, Sandra Bullock, Andrew Koji, Bad Bunny, David Leitch, Joey King, Karen Fukuhara, Kevin Akiyoshi Ching, Logan Lerman, Masi Oka
Sceneggiatura: Zak Olkewicz
Fotografia: Jonathan Sela
Montaggio: Elísabet Ronaldsdóttir
Musiche: Dominic Lewis
Produttore: Antoine Fuqua, David Leitch, Kelly McCormick
Casa di Produzione: 87North, Sony Pictures Entertainment (SPE), Hill District Media, CTB Inc.
Distribuzione: Warner Bros.

Data di uscita: 25/08/2022

Trailer

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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