PEARL
di Ti West
Atteso instant prequel di X: A Sexy Horror Story, Pearl adocchia con gusto ai colori sgargianti del Technicolor, all’interno dei quali il rosso sangue avrà (prevedibilmente) un ruolo preponderante. Una origin story autoironica e cinefila, attraverso cui il regista Ti West porta avanti la riflessione iniziata nel film precedente sul tempo e sulle illusioni. Con un’eccezionale Mia Goth. Presentato fuori concorso alla 79a Mostra del Cinema di Venezia.
È nata una perla
Dopo il grande successo di X – A Sexy Horror Story, omaggio al genere slasher con una Mia Goth “sdoppiata” nei ruoli di protagonista e antagonista, il suo annunciato prequel Pearl ha potuto godere, per la sua anteprima mondiale, del palcoscenico della 79a Mostra del Cinema di Venezia. Una scelta che – malgrado la collocazione fuori concorso – rappresenta un riconoscimento importante per la riflessione sul genere portata avanti dal regista Ti West: riflessione che comunque resta interna alle regole di un horror sanguigno e popolare, senza contaminazioni o concessioni a buon mercato a un gusto gratuitamente autoriale. Sorta di instant prequel realizzato nelle stesse location del film precedente, immediatamente dopo la fine delle riprese di quest’ultimo, Pearl riesce infatti ad allargarne lo sguardo, approfondendo la riflessione portata avanti dal regista sul tempo e sulle illusioni, restando nel contempo (anche) un gustoso, autoironico e violento slasher movie. Un’opera che di nuovo cita molti classici del genere – da Psycho a Quel motel vicino alla palude – volgendo però ironicamente il suo sguardo, soprattutto, agli anni d’oro di Hollywood: anni ripresi e parodiati in una sgargiante e accesa fotografia, con una gestione del contrasto che adocchia il Technicolor e il look glamour delle pellicole degli anni ‘30 e ‘40, riversandovi però sopra abbondanti dosi di rosso emoglobina. Con una Mia Goth che – qui anche co-sceneggiatrice – fa di nuovo da mattatrice assoluta.
Ambizioni da star in un mondo che crolla
La storia, ambientata nel 1918, vede protagonista una Pearl ventenne, che vive coi suoi genitori nell’isolata fattoria di campagna che, decenni dopo, sarà il teatro principale della storia di X. La ragazza, nonostante il suo matrimonio con Howard – uomo che è da tempo partito per la prima guerra mondiale – è costretta a prendersi cura dell’anziano padre, divenuto infermo dopo essere stato contagiato dalla pandemia di influenza spagnola. In perenne conflitto con una madre rigida che ne frustra le ambizioni, Pearl ha la passione della danza, e sogna di scappare dalla fattoria di famiglia per diventare una star. Convinta di essere destinata a fare grandi cose, la ragazza si reca di nascosto nel cinema della città vicina, dove si immagina al posto della star danzante di un musical e conosce un affascinante proiezionista, con cui ha un flirt; successivamente, apprende da sua cugina di un concorso di danza organizzato dalla chiesa locale, aperto a tutte le ragazze della sua età. Pearl decide così di partecipare all’audizione, vedendola come un veicolo per realizzare le sue ambizioni; ma l’opposizione di sua madre e la condiscendenza mostrata dal proiezionista finiranno per far precipitare presto la ragazza nella follia.
Un controcampo concettuale
Fin dalla prima sequenza, che mostra una Mia Goth che danza sullo sfondo di titoli di testa chiaramente ricalcati sullo stile hollywoodiano della prima metà del secolo scorso, Pearl segna un po’ il controcampo di X: guardando al suo film precedente (citato anche in modo esplicito in un paio di sequenze), Ti West mostra come un’estetica che diverge in modo sostanziale da quella dell’opera di riferimento, risultando per molti versi anche diametralmente opposta, possa portare sostanzialmente agli stessi risultati. Il grigio casermone industriale che segnava l’inizio di X, a racchiudere le ambizioni di una Maxine decisa a sfondare con tutti i mezzi nel mondo del porno, ha qui come corrispondente una dimora rurale non (ancora) segnata dall’orrore, a ospitare i luminosi sogni di una post-adolescente che presto diverranno febbrili incubi. L’ambientazione di Pearl, contrariamente a quella del film precedente, è quasi interamente diurna; laddove X si rifaceva all’estetica cheap e sporca degli slasher movie anni ‘70 – e a quella selvaggia e senza filtri del porno – il nuovo film cita le meraviglie del Technicolor e l’immaginario divistico hollywoodiano, virandolo tuttavia da subito in grottesco e in visione autoriferita di un personaggio la cui follia è già latente. Un personaggio la cui determinazione naif è quasi una disperata autodifesa contro l’orrore montante, appena celato sotto il paesaggio idilliaco: dalla malattia di suo padre alla guerra che infuria lontano e che forse si poterà via suo marito, fino alla pandemia che potrebbe un giorno uccidere o menomare lei stessa.
Coming of age al sangue
Se la prima parte di Pearl, nella sua ossatura, sembra improntata più al dramma familiare che all’horror propriamente detto, la sceneggiatura inserisce comunque alcuni elementi – le uccisioni degli animali, la notevole e inquietante sequenza dello spaventapasseri, le sanguinose visioni della protagonista – che si incaricano di ricordare allo spettatore quale film stia guardando. Poi, parallelamente al deragliare della mente del personaggio (che il regista riesce a contestualizzare in modo efficace, senza scivolare nello psicologismo più facile) il film si immerge gioiosamente e consapevolmente nel gore, illuminando in Pearl una “follia” che appare più lucida rispetto alla precedente, adolescenziale opposizione ai dettami familiari; è interessante, a questo proposito, notare come, mentre X opponeva il personaggio di Maxine a quello di Pearl rilevandone l’affinità di percorso, qui il contrasto/sovrapposizione è tra la giovane Pearl e sua madre: la presa di coscienza dell’orrore che ha intorno, da parte della ragazza (e del suo inevitabile ruolo all’interno di esso) passa per la comprensione, molto empatica, del percorso di sua madre, e per l’accoglimento letterale della sua indicazione (“fare ciò che si può con ciò che si ha”). Le illusioni di gloria, per l’ingenua Pearl, sono false quanto il mondo ingannevolmente colorato che ha intorno; i fuochi d’artificio immaginati nella sua danza sono in realtà bombe e colpi di mortaio che uccidono, mentre il rosso del suo abito migliore è lo stesso colore del sangue che ha versato e verserà. Nel sanguinoso coming of age della ragazza – e in un “banchetto familiare” rivoltante e grottesco, a segnare l’accettazione da parte di Pearl dei dettami materni – ci sono i germi dell’anziana donna, divorata dai suoi fantasmi, che vedremo in X. Con dei titoli di coda, peraltro (da vedere fino all’ultimo secondo) che confermano l’intelligente gioco cinefilo del film, e soprattutto la grande abilità recitativa della protagonista.
Scheda
Titolo originale: Pearl
Regia: Ti West
Paese/anno: Stati Uniti, Canada / 2022
Durata: 102’
Genere: Horror
Cast: Mia Goth, David Corenswet, Emma Jenkins-Purro, Matthew Sunderland, Tandi Wright
Sceneggiatura: Mia Goth, Ti West
Fotografia: Eliot Rockett
Montaggio: Ti West
Musiche: Tim Williams, Tyler Bates
Produttore: Harrison Kreiss, Jacob Jaffke, Kevin Turen, Ti West
Casa di Produzione: Bron Creative, A24, Little Lamb
Distribuzione: Universal Pictures