BROS
La “prima rom-com LGBTQ+ finanziata da una major”, a dispetto del suo insuccesso commerciale, è un prodotto arguto e intelligente, capace di ricercare l’universalità anche laddove rimarca la sua natura particolare e – a suo modo – politica. Bros, diretto da un esperto di rom-com come Nicholas Stoller, è stato presentato nella sezione Grand Public della Festa del Cinema di Roma 2022.
Amanti fratelli
Tra i titoli di punta di quella che è stata la penultima giornata della Festa del Cinema di Roma 2022, suscitava un po’ di giustificata curiosità questo Bros, commedia romantica in salsa LGBTQ+ diretta da Nicholas Stoller. Un film che, negli USA, ha goduto del lancio come prima rom-com esplicitamente a tema, distribuita da una major e interamente interpretata da attori appartenenti alla comunità LGBTQ+; un lancio che tuttavia non è bastato a catturare l’attenzione del pubblico, che non ha tributato al film i risultati commerciali sperati (provocando anche la reazione amareggiata del protagonista Billy Eichner, che ha sostanzialmente accusato il pubblico etero di aver snobbato il film). Polemiche e accuse a parte – per un insuccesso commerciale che comunque è stato contraddetto dagli ottimi riscontri della critica – Bros si è rivelato in realtà una rom-com fresca e intelligente, che per una volta è riuscita a sfruttare la peculiarità del suo tema (facendo anche ironia e autoironia sui tanti cliché che ancora lo caratterizzano) raccontando al contempo una storia dal carattere universale. Una storia che si giova in primis dell’esperienza nel genere tanto del regista quanto del produttore Judd Apatow (tra i loro titoli, oltre un decennio fa, è da ricordare Non mi scaricare).
L’incontro e i primi inciampi
Al centro della trama c’è il personaggio di Bobby Lieber, noto podcaster e curatore designato del primo museo LGBTQ+ della storia, di prossima apertura a Manhattan. Fieramente single e apparentemente misantropo, durante una serata in un nightclub Bobby conosce Aaron Shepard, uomo fisicamente affascinante ma descritto dai suoi amici come “noioso”.
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Tra i due, in apparenza antitetici, scatta subito una reciproca curiosità; l’iniziale, cauto interesse evolve presto in una relazione romantica stabile, in cui i due vengono a conoscenza delle rispettive biografie e dei rispettivi progetti (realizzati e non). Tuttavia, le differenti fragilità dei due uomini renderanno presto accidentato il rapporto: da una parte il cinismo e la diffidenza di Bobby, dall’altra l’appartenenza di Aaron a un mondo – e a una cerchia di amicizie che paiono incarnare il modello di queerness più stereotipato – che l’altro sente come soffocanti e normativi.
Cliché e metacinema
Fin dalle sue prime sequenze, Bros si pone da un lato come una commedia romantica tesa a sdoganare questo filone – tradizionalmente appannaggio del pubblico etero (con tutti i suoi cliché e le sue caratteristiche standardizzate) – presso la comunità queer; dall’altro a rimarcare quanto il suo adattamento in chiave mainstream non possa non tener conto delle caratteristiche sociali, culturali e psicologiche del pubblico di riferimento, e quanto i rischi di omologazione a uno sguardo normalizzante – magari involontario – possano essere sempre in agguato. Un doppio movimento che è ben riassunto dal dialogo (metacinematografico) in cui il protagonista interpretato da Billy Eichner rivela di aver rifiutato di scrivere una sceneggiatura per una rom-com gay, perché i produttori si aspettavano una replica tal quale delle dinamiche del genere nella sua variante eterosessuale. Tuttavia, se da un lato il fare “militante” di Bobby rifiuta con sdegno l’assimilazione culturale forzata, dall’altro lo stesso personaggio dovrà rendersi conto nel corso della storia di quanto certe dinamiche siano universali, e di quanto alcune fragilità umane restino indipendenti dall’identità sessuale. Ma il film di Nicholas Stoller “gioca” a livello metacinematografico anche quando, in un dialogo, lo stesso Bobby dice di rifiutare lo logica per cui “a interpretare un personaggio gay dev’essere un gay”, logica che invece ha mosso le scelte di casting del film stesso.
Stereotipi imposti e autoimposti
Il tema dei modelli sociali (tanto imposti che auto-imposti) è presente lungo tutta la narrazione di Bros, a cominciare da quello di una mascolinità spinta che la stessa comunità LGBTQ+ ha introiettato e (in parte) fatto propria. Una mascolinità espressa nel film già dal titolo – espressione del più classico cameratismo maschile – e in quel saluto (“Hey, what’s up?”) che i due personaggi spesso si ripetono; la reiterazione di un cliché che ha informato in lungo e in largo l’esistenza del personaggio di Aaron (interpretato da Luke MacFarlane) – anche nel rifiuto di un lavoro dei sogni considerato troppo “femminile” – ma che non è estraneo neanche all’intransigente figura di Bobby: successivamente alla rottura col compagno, infatti, troviamo il personaggio a imbottirsi di steroidi e a tentare di mascherare (con risultati volutamente grotteschi) la sua voce, in una riuscita e divertente sequenza. Più in generale, l’intero film si sviluppa su una caduta delle difese dei due personaggi che è anche caduta delle maschere, ognuna risultato di storie personali che hanno dovuto fare i conti (in modi diversi) con un rispetto e un’integrazione non ancora pienamente raggiunti.
I limiti dell’”inclusività”
È interessante, di Bros, la ricerca di un intrattenimento mainstream (e assolutamente universale nelle dinamiche che propone) che tuttavia non cancelli la dimensione politica del soggetto, il suo sguardo sui tanti diritti conquistati, sullo stato dell’arte della rappresentazione queer presso il pubblico generalista (Philadelphia e I segreti di Brokeback Mountain sono ovviamente citati) e sui rischi degli stereotipi, ivi compresi quelli autoindotti. C’è, nel film, lo sguardo affettuoso al genere e ai suoi classici (persino Harry ti presento Sally viene citato), l’ambientazione newyorchese e le sue calde luci notturne, già teatro di tante love story eterosessuali, l’atmosfera natalizia dell’ultima parte della storia, con annessa parodia/citazione dei film romantici di Hallmark (evidentemente guilty pleasure trasversale, per ogni tipo di pubblico). C’è la dialettica, propria di ogni love story, tra spinta alla realizzazione del se e necessità di stabilità e condivisione, che i due personaggi, entrambi ben scritti, esprimono così efficacemente. Esulando dal discorso puramente critico, una parte della comunità LGBTQIA+ (stavolta abbiamo volutamente incluso le ultime due vocali) potrà legittimamente rimarcare di essere stata trascurata dal film, in particolare nella rappresentazione – comunque divertente e riuscita – delle sottocategorie espresse dai collaboratori di Bobby al museo. In un periodo storico in cui il termine “inclusione” (che chi scrive non apprezza particolarmente) sembra essere il faro che guida qualsiasi operazione di questo tipo, uno sguardo più onnicomprensivo era forse d’uopo. Ma, viene da dire, sarà per la prossima volta.
Scheda
Titolo originale: Bros
Regia: Nicholas Stoller
Paese/anno: Stati Uniti / 2022
Durata: 115’
Genere: Commedia, Sentimentale
Cast: Gina Jun, Billy Eichner, Bowen Yang, Jim Rash, Monica Raymund, Amanda Bearse, Benito Skinner, Brock Ciarlelli, Dot Jones, Eve Lindley, Guillermo Díaz, Harvey Fierstein, Jai Rodriguez, Luke MacFarlane, Peter Kim, Shannon Patricia O'Neill, Ts Madison
Sceneggiatura: Nicholas Stoller, Billy Eichner
Fotografia: Brandon Trost
Montaggio: Daniel Gabbe
Musiche: Marc Shaiman
Produttore: Guy Branum, Josh Church, Ciara Pavia, Judd Apatow, Nicholas Stoller
Casa di Produzione: Stoller Global Solutions, Universal Pictures, Apatow Productions
Distribuzione: Universal Pictures
Data di uscita: 03/11/2022