SANTA LUCIA
Film che tratta il tema della memoria, riflettendo sulla visione – quella degli occhi – contrapposta allo sguardo intimo del ricordo, Santa Lucia segna l’esordio del regista italiano Marco Chiappetta, con un grande Renato Carpentieri a interpretare uno scrittore non vedente, che fa ritorno nella sua città natale. Un dramma intenso e dolente, sospeso tra passato e presente, fantasmi e memorie sepolte.
Sguardi e memorie
Ci sono film che, nonostante un soggetto semplice, uno svolgimento lineare e una trasparenza pressoché totale di contenuti, riescono ad arrivare dritti al cervello e all’emotività di chi guarda, senza mediazioni né facili scorciatoie. È il caso di questo Santa Lucia, esordio dietro la macchina da presa di Marco Chiappetta, già presentato nella selezione ufficiale della scorsa edizione del Torino Film Festival. C’è voluto quasi un anno perché questo esordio del regista italiano, classe 1991, arrivasse al cinema, dopo una produzione che ha risentito (anche) dei ritardi dovuti alla pandemia di Covid-19. Per stessa ammissione del regista, la realizzazione del film in un periodo di semi-lockdown (autunno-inverno 2020-2021) ha finito per favorire la particolare visione del film, nello specifico riguardo una Napoli più grigia e spopolata rispetto all’immagine più mainstream della città; un luogo più astratto di quanto non si potrebbe pensare leggendo la trama, perfetto per racchiudere il viaggio nella memoria – che è soprattutto presa di contatto coi fantasmi del passato e coi nodi irrisolti della propria storia familiare – dell’anziano protagonista interpretato (magistralmente) da Renato Carpentieri.
I fantasmi e l’occhio interiore
L’attore settantanovenne veste qui i panni di Roberto, uno scrittore di bestseller nato a Napoli e successivamente trasferitosi in Argentina, che decide di tornare nella sua città natale dopo aver ricevuto la notizia della morte di sua madre. L’uomo, che nel corso degli ultimi anni ha progressivamente perso la vista, fa così ritorno nel suo quartiere di Santa Lucia, in cui ritrova il fratello Lorenzo (interpretato da Andrea Renzi); questi, musicista talentuoso che tuttavia non è mai riuscito a coronare il suo sogno, a differenza di Roberto non ha mai lasciato la città, e non ha mai perdonato a suo fratello quell’antica “fuga”, col taglio totale dei ponti con la sua famiglia.
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Tra momenti di condivisione e affetto, alternati a tesi confronti e recriminazioni, i due uomini fanno un viaggio nei luoghi della loro infanzia, cercando di comprendere il senso delle rispettive scelte, e tentando di riannodare così i fili del legame spezzato tanti anni prima. Intorno a loro, tra i vicoli del quartiere natale (e nella mente inquieta di Roberto) prendono forma i fantasmi del passato; tra questi c’è quello di Carmen, donna da sempre amata da Roberto, a sua volta da lui abbandonata quando questi ha deciso di dare un taglio alla sua vecchia vita, trasferendosi all’estero.
Realismo magico partenopeo
Storia sospesa tra passato e presente, incentrata sui temi della memoria e dei legami familiari spezzati, Santa Lucia offre uno sguardo abbastanza decentrato su questi argomenti, tutt’altro che inusuali per il cinema italiano recente; facendo tesoro di una durata contratta (76 minuti), il film di Marco Chiappetta sceglie una rarefazione di eventi (tutto il film, di fatto, si articola attraverso le passeggiate e i dialoghi dei due protagonisti) che paradossalmente si traduce in una forte densità tematica, in una propensione all’essenzialità e al riempimento di senso di ogni inquadratura. La linearità dell’intreccio – tutto svolto nel presente – offre squarci di memoria attraverso l’irruzione nella storia di sogni e visioni, tutti interni all’inquieta mente del protagonista, il cui occhio interiore si sostituisce a quelli che ormai non possono più restituirgli l’immagine dei luoghi della sua giovinezza. Sposando in toto il punto di vista di Roberto, il film si declina così in una sorta di realismo magico (non è casuale il ritrovamento da parte del protagonista, nella vecchia casa, di una copia di Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez) sovrapponendo senza soluzione di continuità passato e presente, realtà e sogno, immagini di personaggi cristallizzati nel ricordo – anagraficamente fermi all’età di allora – che interagiscono con la stessa figura del protagonista nel presente. Un’erranza apparentemente fine a se stessa, il cui senso si preciserà solo nell’ultima parte del film.
Il velo squarciato
Il trentunenne regista rivela uno sguardo interessante sulla materia che tratta, specie nella sua scelta di cogliere i recessi spesso spopolati (in questo, come si diceva, il periodo delle riprese ha aiutato) di un quartiere poco frequentato di una città lontanissima dalla sua versione turistica; un quartiere ripreso tra stretti vicoli che furono sede di giochi, conflitti e incontri (quasi) dimenticati, e in cui il rimbalzare di un pallone può far rimbombare nella mente del protagonista echi di memorie che ancora chiedono di essere rievocate e comprese. La cecità di Roberto, simbolicamente rappresentata anche da quella tavolozza di colori cangianti che torna a più riprese nella storia, finisce paradossalmente per aiutarlo a vedere con più chiarezza l’origine delle proprie scelte, e a squarciare altresì l’ultimo velo di finzione, per una presa di contatto più profonda – e auspicabilmente meno precaria – con la propria storia personale. Una presa di contatto che contempla accettazione e perdono, in un’ultima frazione del film emotivamente più esplicita di quella restante, ma capace di legarsi a essa in modo armonico e senza strappi. La “svolta” narrativa posta nei minuti finali potrà far storcere il naso a qualche spettatore, restando certamente una scelta problematica – specie per come riproduce soluzioni facili ed escapiste utilizzate in film sulla carta lontanissimi da questo: tuttavia, a ben guardare, questo tipo di scelta appare, qui, narrativamente molto più giustificata che altrove, retta da un impianto concettuale abbastanza forte e ben sviluppato. Un impianto che fa di Santa Lucia un esempio di cinema italiano indipendente che, senza strappi con la tradizione, riesce a tracciare un suo percorso, rivelando un cineasta che siamo curiosi di vedere ancora all’opera.
Scheda
Titolo originale: Santa Lucia
Regia: Marco Chiappetta
Paese/anno: Italia / 2021
Durata: 76’
Genere: Drammatico
Cast: Renato Carpentieri, Andrea Renzi, Alfredo Ciruzzi, Antonia Marrone, Biancamaria D'Amato, Edoardo Sorgente, Giuseppe Festinese, Manuel Carolla, Maria Laila Fernandez, Suami Puglia
Sceneggiatura: Marco Chiappetta
Fotografia: Antonio Grambone
Montaggio: Giogiò Franchini
Produttore: Flora Fiume, Davide Mastropaolo, Angelo Curti, Maurizio Fiume
Casa di Produzione: Audioimage, Teatri Uniti, Riverstudio
Distribuzione: Double Line
Data di uscita: 03/11/2022