TRA NOI E LA RABBIA

TRA NOI E LA RABBIA

A 21 anni dai fatti di Genova 2001 e della scuola Diaz, il regista Gianni Ubaldo Canale e il drammaturgo Gianluca Bottoni mettono in atto, con gli studenti di un istituto tecnico di Torino, un singolare esperimento tra teatro e rievocazione storica. La sua cronaca, in questo Tra noi e la rabbia, è quella di un lavoro inquieto, frammentario e vitale. Presentato al Torino Film Festival 2022.

Ritorno alla Diaz

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Sui fatti di Genova 2001, e in particolare sul brutale pestaggio avvenuto alla scuola Diaz (“la più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale nel dopoguerra”, secondo Amnesty International) si è già scritto e detto molto. Anche il cinema, e l’audiovisivo in generale, hanno prodotto la loro notevole mole di materiale sull’argomento, dalla miriade di testimonianze realizzate in loco – il G8 di Genova fu uno dei primi eventi a ottenere una copertura orizzontale e partecipata, grazie ai tanti filmati realizzati dai partecipanti al corteo – ai molti documentari realizzati nei mesi e negli anni successivi all’evento; una mole di materiale a cui si aggiunge l’ottima ricostruzione in forma di fiction di Daniele Vicari, quel Diaz – Don’t Clean Up This Blood che risulta probabilmente la miglior testimonianza della sopravvivenza in Italia, negli anni più recenti, di un autentico cinema di impegno civile. Questo Tra noi e la rabbia, atipico progetto tra documentario, teatro e rievocazione presentato al recente Torino Film Festival, si inserisce quindi su un terreno già ben rodato, riuscendo tuttavia a evitare il déjà vu: in primis perché gli eventi della Diaz, e più in generale quelli del G8 di Genova, sono una ferita ancora aperta, che a distanza di 21 anni continua a testimoniare l’impunità di un apparato statale che in quei giorni mostrò plasticamente il suo volto più feroce; in secondo luogo perché questo esperimento filmato diretto da Gianni Ubaldo Canale che coinvolge i ragazzi di un istituto tecnico di Torino, sulla base del libro di Enrica Bartesaghi Genova, il posto sbagliato, opta per un linguaggio originale e capace di catturare naturalmente l’attenzione di più fasce di pubblico.

Lo spettacolo recintato

Tra noi e la rabbia, un momento
Tra noi e la rabbia, un momento del documentario

Il documentario, della durata di 54 minuti, testimonia l’esperimento di uno “spettacolo recintato”, che ha visto protagonisti gli studenti dell’Istituto tecnico Plana di Torino sotto la direzione del regista Gianni Ubaldo Canale, e con la guida dell’attore e drammaturgo Gianluca Bottoni. La “troupe” si è recata a Genova, alla scuola Diaz (ora Pertini) rievocando quella terribile notte del 21 luglio 2001, coi ragazzi chiamati ora a ricostruire, ora a commentare con proprie riflessioni gli eventi che videro vittime le persone che dormivano nella scuola. La traccia principale dell’opera è costituita da stralci del saggio di Enrica Bartesaghi, letti dalla voce fuori campo della stessa autrice; questa ricostruisce la vicenda di sua figlia Sara, prima picchiata all’interno della scuola insieme a una sua coetanea, poi arrestata e portata prima a Bolzaneto, poi al carcere di Vercelli, per essere restituita alla famiglia solo dopo tre giorni di informazioni frammentate e omissioni. La vicenda di Sara è lo spunto di partenza – nell’esperimento teatrale condotto da Bottoni e in questa sua testimonianza filmata – per una ricognizione da parte di un gruppo di adolescenti di oggi su una pagina nerissima di storia, che coinvolse tanti loro coetanei (o quasi); un viaggio e un tentativo di ricostruire, comprendere e tenere in vita la memoria, ma soprattutto colmare quel vuoto che separa i ventenni d’oggi da una rabbia che, nonostante la relativa vicinanza temporale degli eventi, sembra ormai essersi diluita, sostituita dalla complessità di un presente che ha visto rifluire quelle stesse istanze che portarono tante persone a manifestare a Genova.

Frammentarietà inquieta

Tra noi e la rabbia, il musicista Piero Corso in un momento
Tra noi e la rabbia, il musicista Piero Corso in un momento del documentario

Impreziosito dalle ipnotiche musiche eseguite dal vivo dal chitarrista Piero Corso, Tra noi e la rabbia è un lavoro inevitabilmente frammentario, che proprio da questa frammentarietà e dal senso di provvisorietà che lo informa trae gran parte del suo fascino. Una provvisorietà che riflette in parte lo spaesamento di chi (come la stessa Bartesaghi, madre di Sara) si trovò in quei giorni perso e incapace di comprendere cosa stava realmente accadendo, impotente di fronte a un potere che aveva deciso di mostrare il suo volto peggiore, e a uno Stato in cui era diventato praticamente impossibile riconoscersi; dall’altra, la provvisorietà si riflette anche nell’inquietudine dei giovani partecipanti, in quel tentativo sempre frustrato di raggiungere un’empatia piena e reale, che la distanza temporale – ma anche le impetuose trasformazioni avvenute nella società italiana (e non solo) in questo ventennio – sembra costantemente negare. Si coglie, nelle interazioni tra Bottoni e i ragazzi – e nei tentativi del primo di stimolare, nei secondi, la risonanza emotiva con gli eventi – uno scarto che forse è culturale più ancora che generazionale; da un lato c’è la definitiva perdita di un orizzonte ideale chiaro e solidificato (come poteva essere, nel 2001, quello rappresentato dalle istanze del movimento No Global), dall’altro c’è la cinica rassegnazione – ben espressa nelle parole di uno degli intervistati – alla subalternità dell’individuo all’arbitrio degli apparati statali, e all’impunità di qualsiasi abuso commesso da questi ultimi.

Così lontano, così vicino

Tra noi e la rabbia, una sequenza
Tra noi e la rabbia, una sequenza del documentario

Nel suo carattere piccolo, indipendente e volutamente poco strutturato, Tra noi e la rabbia è un lavoro sicuramente interessante, pur nel senso di incompiutezza che rischia di trasmettere. Per chi ha vissuto direttamente gli eventi rievocati, questo documentario gode dell’inevitabile surplus di coinvolgimento emotivo, coinvolgimento che arriva in parte, in misura minore, anche a quella parte di spettatori che seguirono attraverso i media la drammatica cronaca di quei giorni, così come le discussioni che generarono. Per chi non c’era, il documentario di Gianni Ubaldo Canale va ad aggiungersi all’enorme mole di materiale che, direttamente o meno, punta a ricostruire quella drammatica pagina di storia contemporanea, tentando di stimolarne la rievocazione attraverso il confronto (produttivo) tra due generazioni; per tutti, a colpire maggiormente è proprio quella distanza espressa dal titolo, quella “terra di mezzo” che separa i protagonisti dal genuino, cristallino sentimento della rabbia; una distanza che resta forse incolmabile – per eventi che, a oggi, risultano paradossalmente sia troppo vicini che troppo lontani – ma di cui si coglie appieno la tensione generata, in un (im)possibile tentativo di avvicinamento e autentica comprensione. Un tentativo che comunque, oggi più che mai, vale la pena mettere in atto.

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Scheda

Titolo originale: Tra noi e la rabbia
Regia: Gianni Ubaldo Canale
Paese/anno: Italia / 2022
Durata: 54’
Genere: Documentario
Cast: Gianluca Bottoni
Sceneggiatura: Gianni Ubaldo Canale
Fotografia: Gianni Ubaldo Canale
Montaggio: Gianni Ubaldo Canale
Musiche: Piero Corso
Casa di Produzione: Tranoielarabbia

Trailer

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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