TITANIC
Titanic, tornato in sala per la terza volta dopo la sua uscita originale, si conferma un’opera fondamentale nella carriera di James Cameron, oltre che uno dei film più importanti nella storia del cinema tout court; un lavoro che fonde mirabilmente period drama, disaster movie, viaggio nella memoria e coming of age. Una costruzione filmica perfetta, che un quarto di secolo dopo non ha perso nulla della sua potenza, guadagnandone anzi in un 3D che resterà uno standard insuperato, e forse insuperabile, per quanto concerne le conversioni stereoscopiche.
Il ritorno di un film inaffondabile
Il ritorno in sala di Titanic – per la terza volta dopo il 1998, in occasione del venticinquennale dell’uscita originale del film di James Cameron – pone di nuovo lo spettatore di fronte a uno dei grandi “equivoci” del cinema della fine del secolo scorso, rivelando quanto spesso la popolarità di un prodotto di massa finisca per occultarne senso e ragion d’essere. Promosso come veicolo per il successo di massa e lo status di (relativo) sex symbol di Leonardo DiCaprio, rimasto nell’immaginario collettivo in primis come love story in costume – al punto da tornare in sala, stavolta, in occasione della ricorrenza di San Valentino – del film di Cameron viene troppo spesso messa tra parentesi la natura di preciso, puntuale e maniacalmente accurato period drama, oltre a quella di epigono di una Hollywood che sapeva far stare insieme (in modo forse mai più eguagliato in seguito) grandeur e spirito autoriale, potenza emotiva e cura estetica, intrattenimento di massa e narrazione credibile e attentamente (ri)costruita. Difficile, anche a distanza di tanti anni, trovare un vero punto debole all’epopea di Jack e Rose all’interno dell’inaffondabile transatlantico emblema della protervia e presunzione umana; impossibile non riconoscere l’intatta limpidezza della visione di uno degli ultimi grandi autori popolari di Hollywood, capace come pochissimi di imporre la sua visione sugli studios e perseguire un’idea di blockbuster che va di pari passo con l’innovazione, sempre portata un gradino più in là, dei mezzi. Una mistura perfetta, che stavolta si integra con un 3D che non può che generare un moto di rimpianto per come, troppe volte, questa tecnologia è stata usata male e a sproposito.
Il racconto di due in quello di tanti
Proposto in primis come storia – raccontata in un lunghissimo squarcio di memoria dall’anziana Rose – dell’incontro e del legame con l’artista di strada Jack, proprio durante l’unico, tragico viaggio del transatlantico, Titanic è tante cose, tutte col loro peso all’interno della costruzione filmica: è un period drama che ricostruisce mirabilmente uno dei drammi più emblematici della storia umana, mostrandone con dovizia di particolari le origini, le cause e le implicazioni; è lo spaccato sociale di un’epoca, delle sue convenzioni, e di una divisione in classi tanto rigida quanto trasversale, valida (e anzi rafforzata) persino nella “terra di nessuno” dell’oceano; è un film sulla preservazione della memoria e sui segreti portati dentro e custoditi con cura, incastonati simbolicamente in un gioiello rubato alla storia e riempito col proprio unico vissuto; è il risveglio e la presa di coscienza di una donna in una società spietatamente patriarcale. È, soprattutto, l’emozionante viaggio nella memoria di un evento che la sua natura collettiva (e la sua distanza nel tempo) ha finito per rendere astratto, ora ricondotto alla sua spietata concretezza nel racconto di una sua oscura protagonista. È la storia di tanti che si fa storia personale, caricandosi di senso e di vita vissuta; quella vita donata alla protagonista da un uomo che il destino ha messo sulla sua strada, come contrappasso alla morte che li ha circondati proprio contestualmente al loro incontro. Una compenetrazione di componenti tutte ugualmente curate, che rappresentano altrettante possibili chiavi di lettura per analizzare un’opera più complessa e (letteralmente) profonda di quanto la vulgata ci abbia spesso tramandato.
Una “cornice” irrinunciabile
La “cornice” del film di Cameron, ovvero il viaggio del cacciatore di tesori Brock Lovett all’interno del relitto del transatlantico, il suo rinvenimento di un antico disegno, e il suo contatto con l’ultracentenaria Rose, è in realtà molto di più di una cornice: in quelle mute, sgranate sequenze che svelano i resti di una riproduzione sommersa degli equilibri sociali del mondo, nella testimonianza inamovibile di qualcosa che l’ingegno umano non è riuscito a cancellare (restando lì, in fondo, a fare da monito) c’è una componente fondamentale di tutta la costruzione di Titanic: l’alternanza tra passato e presente, tra l’azzurro degli occhi della Rose anziana e quello di un oceano che avrebbe presto inghiottito quelli che volevano domarne la potenza – un azzurro sovrapposto a quello, fortemente simbolico, dell’ambito Cuore dell’oceano – sostanzia e rende più palpabile tutto il dramma che è chiamata a contenere. Una non-cornice che riporta al presente il coming of age della Rose interpretata (mirabilmente) da Kate Winslet, vera protagonista di questa storia, completando 84 anni dopo il suo percorso e rendendone più reale e tangibile la storia. E inoltre, in un periodo in cui l’ossessione per lo spoiler è ormai tracimata priva di controllo, estendendosi persino ai particolari più insignificanti della narrazione di una storia, la frazione del film ambientata nel presente mostra come si possa generare tensione proprio attraverso la rivelazione: il modello ricostruito in video dell’affondamento del Titanic, mostrato nei minuti iniziali, svela precisamente la dinamica di ciò che vedremo nelle ultime sequenze. Ma mostra anche, in modo plastico, la distanza tra un astratto resoconto di eventi e una loro diretta esperienza; anche, e soprattutto, attraverso il mezzo cinematografico.
Una divisione illusoria
La visualizzazione del racconto di Rose, cuore narrativo del film, è divisa quasi plasticamente in due parti: l’incontro e il progressivo avvicinamento tra i due protagonisti – con la parallela descrizione dell’ambiente sociale della nave e dei personaggi che la popolano – e le successive fasi del naufragio. Una divisione in due che qualcuno, un po’ surrettiziamente, ha voluto descrivere quasi come l’unione di due film diversi, relegando l’estro visivo di Cameron alla seconda frazione, e liquidando la prima come trita e già vista love story. Un esercizio che col senno di poi mostra tutta la sua pretestuosità: Titanic, rivisto oggi, si conferma in realtà come un corpus filmico perfettamente coerente, con una prima parte che anzi prepara al meglio – spiegandone le basi e presentandone con dovizia di particolare i protagonisti – gli eventi a cui assisteremo nella seconda frazione. La sceneggiatura fonde al meglio i personaggi immaginari alle figure storiche che realmente hanno viaggiato sul transatlantico, dando un peso specifico a ognuno di loro: dal compagno di viaggio italiano di Jack, i cui pochi minuti in scena vengono emotivamente massimizzati – al punto da restare emotivamente coinvolti per la sua sorte – alla Margaret “Molly” Brown interpretata con gusto da Kathy Bates, disillusa eppure empatica guida del giovane nella rapace società dell’alta borghesia; dalla sgradevole, pomposa eppure misera madre della ragazza, alla tragica figura del costruttore della nave Thomas Andrews. Persino il villain principale, il Cal interpretato da Billy Zane, si rivela perfettamente funzionale – nel suo esibito schematismo – alla vicenda di Rose, incarnando quel mondo da cui la ragazza, con lucidità e raggiunta consapevolezza di sé, decide di allontanarsi.
La perfetta integrazione della stereoscopia
Due parole conclusive vanno spese sull’incredibile conversione in 3D del film di James Cameron, parallela al suo nuovissimo restauro in 4K. L’utilizzo della stereoscopia, che migliora ulteriormente la già ottima resa della versione vista nel 2012, fa segnare un nuovo standard per i film che utilizzano un 3D ricostruito; un risultato che va a surclassare (in modo netto) anche molte delle opere concepite appositamente per la visione stereoscopica, le moltissime che nell’ultimo quindicennio hanno spremuto, e insieme spolpato, una tecnologia di cui si è finito per disconoscere completamente il potenziale. Il 3D di questo Titanic si integra davvero alla perfezione con la nuova veste del film, non alterandone il croma e la fotografia e aggiungendo in tutti i 195 minuti (e non solo in singole sequenze) quella componente immersiva capace di esaltare davvero la fisicità del cinema di Cameron. Diremo di più: di fronte a questa visione, e specie all’uso della profondità negli interni della nave nelle sequenze del naufragio, e alla gestione della verticalità nella lunga sequenza dell’affondamento, si ha la netta impressione di un film appositamente concepito per la visione stereoscopica. Un’”illusione” di cui ci si bea, e che mostra una volta di più la grandezza del film e il gigantismo della visione del suo autore. Di fronte a tanta maestria, ha davvero senso stare a discettare (ancora 25 anni dopo) su una presunta incongruenza di trama, e sulle dimensioni di un pezzo di legno che poteva, o forse non poteva, reggere il peso di due persone?
Scheda
Titolo originale: Titanic
Regia: James Cameron
Paese/anno: Messico, Stati Uniti / 1997
Durata: 195’
Genere: Drammatico, Storico, Sentimentale, Catastrofico
Cast: Leonardo DiCaprio, Kate Winslet, Victor Garber, Kathy Bates, Bernard Hill, Bill Paxton, Jonathan Hyde, Billy Zane, Frances Fisher, Ioan Gruffudd, Anatoly M. Sagalevitch, Danny Nucci, David Warner, Ewan Stewart, Gloria Stuart, Jason Barry, Jonny Phillips, Lewis Abernathy, Nicholas Cascone, Suzy Amis
Sceneggiatura: James Cameron
Fotografia: Russell Carpenter
Montaggio: Conrad Buff IV, Richard A. Harris, James Cameron
Musiche: James Horner
Produttore: Jon Landau, Pamela Easley, James Cameron, Grant Hill, Al Giddings, Sharon Mann
Casa di Produzione: Baja Studios, Paramount Pictures, Lightstorm Entertainment, Twentieth Century Fox
Distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures
Data di uscita: 09/02/2023