THE GOOD MOTHERS EP. 1X01 – 1X02
Presentati al Festival di Berlino 2023 – nell’ambito della sezione Berlinale Series – i primi due episodi di The Good Mothers convincono, tanto per la cura visiva e per il ritmo, quanto per l’evidente impostazione “internazionale” del prodotto. Una cura messa al servizio della narrazione delle vite di un pugno di donne, che sfidarono il potere criminale della ‘Ndrangheta. La serie sarà proposta nella sua interezza da Disney+ a partire dal prossimo 5 aprile.
Donne contro
Il filone crime italiano, tanto sul grande quanto sul piccolo schermo, sembra aver ormai detto molto di ciò che aveva da dire, specie dopo i successi internazionali di opere come Gomorra – La serie, della precedente Romanzo criminale, e dei tanti loro cloni più o meno dichiarati. La messa in evidenza, da parte dell’industria cinematografica e televisiva, della cruda realtà del crimine organizzato ha anche provocato qualche inevitabile polemica, vista la statura “epica” che molte epopee criminali (ma questa non è certo una novità, né tantomeno una specificità italiana) ha finito per assumere per gli spettatori. Un’epica – in qualche modo connaturata al genere stesso, e già abbondantemente sperimentata dai maestri americani – che tuttavia sembra essere assente da questa The Good Mothers, nuova serie targata Disney+ di cui sono stati presentati i primi due episodi alla 73a edizione del Festival Internazionale del cinema di Berlino. La serie, una co-produzione tra Italia e Regno Unito (le compagnie coinvolte sono House Productions e Wildside, del gruppo Fremantle), si ispira infatti al libro omonimo del giornalista Alex Perry, cronaca dell’azione di tre donne di ‘Ndrangheta che decisero di collaborare con una magistrata, sfidando così il potere patriarcale dell’organizzazione. Il punto di vista, quindi, è di quello che viene tradizionalmente considerato un anello debole nella struttura di potere dei clan criminali, che annulla ogni ipotetica fascinazione sovrapponendo la sopraffazione di status, nella piramide criminale, a quella – trasversale nella società – derivata dal genere.
Un potere da scardinare
Ambientata nel 2010, la trama di The Good Mothers muove dalla scomparsa di Lea Garofalo, collaboratrice di giustizia a cui è stata revocata la protezione, che insieme a sua figlia Denise aveva deciso di riavvicinarsi a suo marito, il boss Carlo Cosco. La donna, poco dopo il ricongiungimento col marito – ora di stanza a Milano, ma costantemente in contatto con la parentela di ‘Ndrangheta – scompare nel nulla, mentre la stessa Denise si convince di essere in pericolo. Intanto, in Calabria, la magistrata Anna Colace, agguerrita PM impegnata contro i clan criminali, segue con attenzione la vicenda di Denise, e parallelamente quelle di Giuseppina Pesce e Concetta Cacciola: entrambe sono mogli di capi criminali, ed entrambe sembrano perennemente condannate a un ruolo – familiare e sociale – completamente asservito al potere maschile. La magistrata elabora così una nuova strategia: cercare di stroncare il potere delle cosche facendo leva proprio sull’elemento femminile, tentando di convincerlo a collaborare e a scardinare così la struttura di potere dell’organizzazione. Un proposito che metterà le donne di fronte alla scelta di tradire i propri legami di parentela, nella speranza di garantire un futuro diverso a se e ai propri figli.
A Denise
Durante la visione dei primi due episodi di The Good Mothers, la mente non può non andare alla recente Bang Bang Baby, serie proposta da Prime Video dal tema analogo, anch’essa ispirata (liberamente) a fatti reali. Un accostamento che è inevitabile anche per l’analogia della figura di Denise – qui interpretata dall’ottima Gaia Girace, già vista in L’amica geniale – con quella della giovane protagonista della serie Amazon, Alice Barone. La serie diretta da Julian Jarrold (già dietro la macchina da presa per The Crown) e da Elisa Amoruso sembra muoversi tuttavia in una direzione diametralmente opposta rispetto a quella proposta un anno fa da Prime Video: laddove, infatti, la serie creata da Andrea Di Stefano trasfigurava l’ambiente criminale attraverso l’ottica pop (con punte grottesche e oniriche) di un’adolescente degli anni ‘80, qui si recupera un approccio classico, diremmo naturalistico, alla narrazione. In più, il percorso di Denise – così come, intuiamo, quelli per ora solo accennati di Giuseppina e Concetta – si muove anch’esso in direzione opposta a quello di Alice: laddove, nel secondo caso, c’era infatti la (ri)scoperta delle proprie radici criminali, che si era tentato invano di recidere in tenera età, qui c’è semmai – da parte della protagonista – la presa di coscienza del significato di queste radici, e del peso di sangue che queste portano con sé. Un’ottica che avvicina semmai la serie al recente A Chiara, riuscito esempio di crime movie di Jonas Carpignano che era anche un coming of age, con al centro un’altra ragazza che rifiutava le logiche criminali che informavano le azioni della sua famiglia.
La bontà delle premesse
È sempre un esercizio un po’ antipatico, dal punto di vista critico, quello di valutare solo una parte di un’entità più estesa, che potrebbe teoricamente smentire del tutto la prima impressione; tuttavia, in questo caso ci sentiamo di dire (con ragionevole sicurezza) che almeno la confezione di The Good Mothers è di tutto rispetto. Il carattere internazionale del prodotto si vede tutto nella cura della fotografia; una cura evidente specie nelle sequenze notturne, che esaltano i toni cupi (con un croma a volte tendente alle tonalità del blu e del verde) e che ben rendono il montare della tensione di alcuni momenti – come quello che alterna le immagini di Denise, sola in casa, a quelle di una festa in cui sono presenti tutti i boss del giro di suo padre. I primi due episodi della serie si concentrano perlopiù sulla vicenda personale di Anna Colace (a cui dà vita un’efficace Barbara Chichiarelli, già vista in Favolacce) e soprattutto sulla giovane Denise, il cui percorso di presa di coscienza, e di allontanamento dall’opprimente ambiente familiare, è qui tuttavia solo all’inizio. Parallelamente – con un uso del montaggio che non spezza mai il ritmo del racconto – si delinea la vicenda della Giuseppina Pesce interpretata da Valentina Bellè – corriera della droga che “parla troppo”, un singolare mix di brutale determinazione e inespressa voglia di ribellione – e quella, solo accennata, dell’altra moglie di boss, la Concetta Cacciola col volto di Simona Distefano. Vicende personali e archi narrativi ancora in fieri, introdotti tuttavia in modo intelligente da una sceneggiatura che, per ora, sembra mostrare un buon equilibrio – pur nel carattere non certo innovativo del soggetto. Per una valutazione più compiuta, c’è ovviamente da attendere (circa) un mese e mezzo, fino al prossimo 5 aprile; ma le premesse, al momento, sembrano più che buone.
Scheda
Titolo originale: The Good Mothers
Regia: Julian Jarrold, Elisa Amoruso
Paese/anno: Regno Unito, Italia / 2023
Genere: Drammatico
Cast: Francesco Colella, Micaela Ramazzotti, Barbara Chichiarelli, Valentina Bellè, Marco Zingaro, Andrea Dodero, Alessandra Aulicino, Andrea Riso, Gaia Girace, Marabina Jaimes, Simona Distefano, Stefano Fregni
Sceneggiatura: Stephen Butchard
Fotografia: Vittorio Omodei Zorini, Martina Cocco
Montaggio: Simona Paggi, Chiara Griziotti, Irene Vecchio
Musiche: Giorgio Giampà
Produttore: Juliette Howell, Lorenzo Gangarossa, Mario Gianani, Tessa Ross
Casa di Produzione: House Productions, Wildside
Distribuzione: Disney+
Data di uscita: 05/04/2023