LA SIRENETTA
di Rob Marshall
Nonostante le polemiche preventive (oggettivamente stancanti) l’adattamento live action de La sirenetta si rivela nella sostanza un’operazione riuscita: un risultato che si deve soprattutto alla solida regia di Rob Marshall e alle ottime prove di Halle Bailey e Melissa McCarthy. La magia del film animato del 1989 resta fuori portata, per un prodotto che doveva semplicemente adattare le basi di quel modello ai gusti del moderno pubblico di famiglie.
Cantala ancora, Ariel
Questo live action ispirato a La sirenetta, film che nel 1989 inaugurò il cosiddetto “rinascimento Disney”, ha ricevuto un’ondata di critiche preventive quasi senza precedenti, tali da andare ben oltre le riflessioni (già espresse a proposito di altri titoli) sul senso e l’opportunità del concetto stesso di adattamento live action. Critiche che, com’è ben noto, si sono appuntate soprattutto sulla scelta di Halle Bailey quale protagonista, definita come il risultato di un’imperante tendenza al blackwashing e di una presunta sudditanza al politically correct; critiche tradotte, nello specifico, in una campagna social che – fin dall’annuncio del casting dell’attrice risalente al 2019 – è andata avanti senza sosta e a tamburo battente, praticamente fino a oggi. Senza volersi soffermare eccessivamente su una polemica che – paradossalmente, visto che il film esce in questo periodo – suona già come vecchia e stantia, diremo solo la cosa più ovvia del mondo: ovvero, che i film vanno visti prima di esprimere qualsiasi tipo di giudizio, e che l’aderenza o meno di un interprete a un personaggio si valuta attraverso un ampio spettro di parametri, tra i quali la similarità fisica – ivi compreso il colore della pelle – può anche non avere un peso determinante. Ciò, senza voler entrare nel merito di scelte che hanno sicuramente anche una valenza culturale e politica, ma che non è questo il luogo per approfondire.
Quel fatidico patto
Comunque sia, questo adattamento live action, diretto da un regista esperto come Rob Marshall, parte esattamente dalle stesse premesse da cui muoveva il suo modello del 1989 – a sua volta mutuate, molto liberamente, dalla fiaba di Hans Christian Andersen: la giovane sirena Ariel, dal carattere curioso e intimamente ribelle, contravviene al divieto di suo padre Tritone di esplorare la superficie, salvando da un naufragio il giovane e affascinante principe Eric. Da allora i due ragazzi, fatalmente attratti l’uno dall’altra a seguito di quel fugace incontro, si cercano e si bramano inutilmente: un amore che si rivela impossibile soprattutto per Ariel, che per superare l’intransigente opposizione paterna finisce vittima delle lusinghe della crudele strega Ursula; questa, infatti, le offre la trasformazione in un essere umano e la possibilità di vivere in superficie a un prezzo molto alto. Un prezzo che significherà la messa a rischio dello stesso regno del vecchio Tritone.
Il mestiere del regista
Considerate le premesse di questo tipo di operazioni, e i dubbi che legittimamente possono generare (dubbi giustificati anche dalla modesta riuscita di alcuni prodotti analoghi) il risultato di questo La sirenetta in versione live action colpisce innanzitutto in positivo. Merito, soprattutto, di un regista navigato come Rob Marshall, che in passato ha dato il suo meglio laddove si è trovato a gestire la materia del musical: si pensi all’esordio di Chicago, ma anche al più recente, disneyiano Into the Woods (lavoro per certi versi affine a questo) e a un sequel apparentemente arrivato fuori tempo massimo come Il ritorno di Mary Poppins. L’efficace regia di Marshall, e soprattutto la sua capacità di gestire al meglio i tanti numeri musicali presenti nel film – sia quelli mutuati direttamente dall’originale, sia i pochi aggiunti ex-novo – riesce a massimizzare, sullo schermo e nella dimensione del cinema in carne e ossa, la resa di un prodotto che pareva trovare la sua unica ragion d’essere nella forma dell’animazione tradizionale. Perché non bisogna dimenticare che, al di là dell’indiretta filiazione dalla fiaba di Andersen (e in misura ben maggiore di quanto sia successo, per esempio, per il Pinocchio di Robert Zemeckis) questo è innanzitutto un remake del film del 1989: un remake fedele quasi alla lettera negli eventi, fatte salve alcune aggiunte che – per una volta – conferiscono ulteriori senso e sostanza a questa trasposizione.
Un “nuovo” Eric
A balzare all’occhio, in un confronto tra i due prodotti che, per larghi tratti, sfiora in effetti la copia carbone, è il maggior risalto dato qui al personaggio di Eric (interpretato, con buon vigore, da Jonah Hauer-King); laddove, nell’originale, la figura del principe era poco più che un mero oggetto del desiderio, per la protagonista, fine strumentale per il suo percorso di crescita (escludendo il fondamentale contributo nel finale) qui la sceneggiatura sceglie di dargli un background e un vero approfondimento: fin dall’inizio, Eric infatti viene presentato come un’anima affine ad Ariel, un sognatore a sua volta oppresso da un destino già tracciato da altri, desideroso di toccare con mano i misteri del mondo, e soprattutto quelli del mare. La sceneggiatura innesta in effetti, sul canovaccio collaudato della versione animata, il tema dell’affinità tra le figure dei due giovani, e quello della reciproca avversione tra creature della superficie e degli abissi: un tema che viene approfondito soprattutto tramite l’ampliamento della parentesi ambientata nel regno di superficie (qui rigorosamente multietnico, malgrado un’evidente matrice latinoamericana) e attraverso l’introduzione del personaggio della regina Selina, madre del giovane principe col volto di Noma Dumezweni. Se la scelta di approfondire la figura del co-protagonista, in questo senso, si è rivelata vincente, resta tuttavia un certo rammarico per il sottotesto ecologico (accennato solo in un paio di dialoghi tra Ariel e suo padre) che avrebbe potuto dare al prodotto un ulteriore valore aggiunto.
I limiti del formato
Si può legittimamente obiettare, rispetto a questo La sirenetta versione 2023, che la magia del film originale (certamente tra i migliori classici animati Disney degli ultimi decenni) era troppo intimamente legata al formato dell’animazione classica; e che sequenze come il primo svelamento del regno degli abissi, e soprattutto l’iconico numero musical sulle note di Under the Sea (in italiano In fondo al mar), non possiedono certo la stessa potenza nella dimensione (qui molto digitale) del cinema live action. Ugualmente, risulta un po’ straniante vedere trasposti in forma fotorealistica personaggi come il granchio Sebastian, il pesce Flounder e l’uccello Scuttle (qui una sula anziché un gabbiano, con la capacità di immergersi sott’acqua): se la loro forma cartoonesca e “pupazzosa”, nell’originale, ne giustificava la capacità di parlare, qui la sospensione dell’incredulità risulta più problematica. Un limite che (per fortuna su scala più ridotta, e in modo molto meno impattante per il risultato finale) è lo stesso che aveva afflitto la versione live action de Il re leone. Bisogna poi rilevare come – un po’ paradossalmente – le poche sequenze improntate ai toni dark dell’originale – in particolare quelle con le vittime di Ursula trasformate in alghe simil-zombie – siano qui sensibilmente edulcorate: quasi che la preoccupazione della produzione di mantenere il naturale target di famiglie del film abbia portato a elidere qualsiasi elemento anche minimamente problematico.
Un casting riuscito
Tuttavia, fatti i dovuti distinguo e messi in evidenza i suoi (pur rilevanti) limiti, non si può non accogliere questa trasposizione de La sirenetta come uno dei migliori adattamenti live action dei classici Disney, almeno da quando, in tempi recenti, questo tipo di operazioni sono diventate usuali. Halle Bailey sembra aver voluto rispondere alle critiche con la miglior prova possibile, sia in termini di aderenza espressiva (e fisica) al personaggio, sia quanto ad abilità canora; a un Javier Bardem efficace e carismatico nel ruolo di re Tritone – personaggio di cui viene riprodotto praticamente alla lettera il misto di bonarietà e rigidità, espresso soprattutto nelle gag con Sebastian – si contrappone poi una Melissa McCarthy mefistofelica, sorprendentemente in parte nei panni di Ursula; un personaggio, quest’ultimo, che viene trasformato dalla sceneggiatura (mutuando in questo una soluzione narrativa già adottata dall’adattamento teatrale) nella sorella ripudiata di Tritone, e quindi nella zia della giovane protagonista. Con una durata sensibilmente più alta di quella del suo modello animato (135 minuti) che tuttavia non si traduce quasi mai in lungaggini, La sirenetta riesce quindi, nella sostanza, nel suo intento: quello di ri-narrare un classico adeguandone le basi al gusto del pubblico di famiglie del 2023, con qualche elisione e pochi, ma sostanziali, elementi aggiunti. Chi vi si approccerà tenendo presente questo intento, senza cercare di rivivere qualcosa che resta strettamente legato al suo periodo di realizzazione, ne resterà probabilmente soddisfatto.
Scheda
Titolo originale: The Little Mermaid
Regia: Rob Marshall
Paese/anno: Stati Uniti / 2023
Durata: 135’
Genere: Avventura, Sentimentale, Musical, Fantastico
Cast: Awkwafina, Jacob Tremblay, Javier Bardem, Daveed Diggs, Melissa McCarthy, Christopher Fairbank, John Dagleish, Jodi Benson, Martina Laird, Noma Dumezweni, Simone Ashley, Adrian Christopher, Art Malik, Emily Coates, Halle Bailey, Jessica Alexander, Jonah Hauer-King, Jude Akuwudike, Kajsa Mohammar, Karolina Conchet, Lorena Andrea, Russell Balogh
Sceneggiatura: David Magee
Fotografia: Dion Beebe
Montaggio: Wyatt Smith
Musiche: Alan Menken
Produttore: Meera Jogani, Russell Allen, John DeLuca, Rob Marshall, Marc Platt, Ben Howarth, Caroline Roberts, Michael Zimmer, Lin-Manuel Miranda
Casa di Produzione: Lucamar Productions, Marc Platt Productions, Walt Disney Pictures
Distribuzione: Walt Disney Pictures
Data di uscita: 24/05/2023