INMUSCLÂ
Mediometraggio autoprodotto, disponibile dall’11 dicembre on demand sulla piattaforma Chili, Inmusclâ è un lavoro affascinante e contemplativo, ma al contempo pregno di palpitante inquietudine; un film semplice nella sua ossatura narrativa ma anche denso di elementi simbolici. Un lavoro radicale, quello di Michele Pastrello, capace di invitare lo spettatore in modo naturale, e mai ricattatorio, a immergersi nelle sue fascinose atmosfere.
Il bosco dentro
Ha un forte valore simbolico, la data scelta per la distribuzione on demand del nuovo lavoro di Michele Pastrello, Inmusclâ. Il mediometraggio del regista veneto (ma potremmo anche considerarlo un corto esteso, visti i suoi 34 minuti) è approdato infatti in streaming, sulla piattaforma Chili, l’11 dicembre, giornata internazionale della montagna: e sono infatti proprio i paesaggi che circondano la protagonista Lorena Trevisan, la natura incontaminata e gli imponenti monti innevati della Valcellina (suddivisi tra le località di Andreis, Claut e Barcis), a rappresentare nel film un elemento portante della storia, forse il più rilevante per fornire una definizione e un’identità – più che fare da sfondo – al viaggio della protagonista. Un viaggio onirico, dalla forte natura simbolica eppure così concreto che quasi sentiamo il freddo che sferza il corpo dell’enigmatica viaggiatrice, oltre alle ferite sulla sua pelle. È una radicalità di sguardo, quella di Pastrello, che si estende anche alla lingua scelta per i (pochi) passaggi parlati della storia, affidati alla voice over della poetessa Bianca Borsatti: il clautano, variante locale del friulano, idioma utilizzato anche per l’eloquente sottotitolo dell’opera (“Ugni mal nol a scrupol da tornà”, ogni ferita non si fa scrupolo a tornare). Ed è proprio il ritorno ciclico dei traumi del passato, l’eterna, simbolica riapertura di una vecchia ferita – insieme a un sentiero più e più volte ripercorso – uno dei punti nodali del mediometraggio.
Contemplazione e partecipazione
Nonostante il mood onirico dei 34 minuti di durata di Inmusclâ, nonostante la caratterizzazione simbolica del paesaggio e il suo assurgere a vero e proprio personaggio della storia (sia nei totali – incluse le riprese dall’alto realizzate con l’ausilio di droni – sia nei dettagli su un suo singolo elemento) non siamo, qui, dalle parti dell’ermetismo un po’ compiaciuto del Terrence Malick degli ultimi 10-15 anni. Il film di Michele Pastrello, nella sua semplicità narrativa (che contrasta con la densità tematica che lo caratterizza) è anche un thriller fantastico: l’addentrarsi della donna nei boschi segue, pur con le sue libertà, i suoi eterni ritorni e la sua struttura circolare, le tappe ben riconoscibili di un viaggio; e alla dimensione favolistica – incorniciata dall’ambientazione allegorica del bosco, e incarnata in pochi e individuabili elementi, quali il prisma sospeso e le due creature semiumane – fa da costante contraltare la fisicità degli elementi naturali, con lo sforzo riconoscibile (e tutt’altro che simulato, stando alle note di produzione che descrivono le impervie condizioni delle riprese) sul volto della protagonista Lorenza Trevisan. Questa visibilità della sofferenza, e questo ricondurre il viaggio nella memoria (puntellato da frammenti di sogni/ricordi) a un’intensa esperienza fisica e sensoriale, crea uno stimolante contrasto col carattere algido dello sfondo: uno sfondo solo apparentemente immutabile, in realtà vivo ed esigente quel confronto – coi propri demoni/ricordi – che la donna continua, per gran parte della storia, a rinviare.
L’eterno ritorno, e l’esigenza del confronto
Pulsa di emozione, e anche di un’autentica tensione di genere, la narrazione di Inmusclâ, nonostante i tempi dilatati del racconto, la veste gelida del suo sfondo e la sua componente (sanamente) contemplativa. Il lavoro di Pastrello – totalmente autoprodotto, quasi un manifesto d’intenti all’insegna della libertà creativa – ha il pregio di risultare semplice, diremmo persino spoglio, nella sua ossatura narrativa di base, e contemporaneamente denso e ricco di elementi simbolici nell’articolazione del racconto; un’articolazione che lascia anche allo spettatore (giustamente) il compito di interpretare e decriptare alcune sue componenti, con la voce di Borsatti a fare unicamente da cornice a una narrazione che chiede di essere penetrata e scoperta autonomamente. Una richiesta che tuttavia non appare mai come “punitiva” o ricattatoria, ma che al contrario sembra prendere per mano lo spettatore e accompagnarlo in un’immersione tanto inesorabile quanto (paradossalmente) dolce e quasi cullata. Una placidità pregna di un’inquietudine sotterranea, messa in evidenza dai toni cupi della colonna sonora alternati ai suoni d’ambiente, e scossa da momenti al confine con l’horror; impennate di tensione che ammoniscono la protagonista (e chi guarda) che l’ammaliante veste labirintica del viaggio esige un prezzo per tentare anche solo di immaginare un’uscita; e che l’eterno ritorno del dolore può essere fronteggiato – se non del tutto eliso – solo guardandone direttamente il volto, sotto lo strato di muschio che lo ricopre. Almeno fino al prossimo viaggio, al prossimo bosco, e a un nuovo demone con cui confrontarsi.
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Scheda
Titolo originale: Inmusclâ
Regia: Michele Pastrello
Paese/anno: Italia / 2023
Durata: 36’
Genere: Drammatico, Thriller, Fantastico, Cortometraggio
Cast: Bianca Borsatti, Leonardo Benetazzo, Lorena Trevisan, Maddalena Benetazzo, Romina Povelato
Sceneggiatura: Lorena Trevisan, Michele Pastrello
Fotografia: Michele Pastrello
Montaggio: Michele Pastrello
Musiche: Meydän, Ob-Lix, John Bartmann
Produttore: Michele Pastrello
Distribuzione: Emerafilm, Chili
Data di uscita: 11/12/2023