DOSTOEVSKIJ

DOSTOEVSKIJ

I Fratelli D’Innocenzo tornano con i due atti di Dostoevskij, serie Sky Original che arriva prima al cinema dall’11 al 17 luglio 2024. Thriller e dramma esistenziale su un misterioso serial killer e il poliziotto che lo insegue. Con Filippo Timi, Carlotta Gamba, Gabriel Montesi e Federico Vanni.

La vita, come una malattia

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Ma è cinema, sì o no? E se no, cosa? Non bisogna perdere troppo tempo con il gioco delle etichette. Dostoevskij, la nuova serie Sky Original scritta e diretta dai Fratelli D’Innocenzo (Damiano e Fabio), che su Sky si vedrà nel corso del 2024 ma al cinema arriva in due atti (di due ore circa ciascuno, forse qualcosina in più) dall’11 al 17 luglio 2024 – per Vision Distribution – è un ibrido autoriale e orgoglioso di esserlo, ostile alle facili categorizzazioni. Ci arriva, ad essere quel che è, non solo tradendo il paradigma della serialità standard, deformandosi (felicemente) nell’imbarcare stili, temi e tempi dilatati non consoni al modello. Ma, anche, mettendo su un’impalcatura narrativa incredibilmente flessibile, emotivamente densa e sempre più tesa – di suspense parlando, man mano che ci si avvicina al finale e conseguente risoluzione – che ben si adatta a un’eterogenea possibilità di fruizione. Si presta, cioè, a una visione immersiva e torrenziale nel buio della sala e nella condivisione dell’esperienza, ma funziona anche al ritmo cadenzato di una puntata per volta. Lo spettatore deve sapere che, se andrà a vedere Dostoevskij in sala, potrà scegliere. Volendo, pagando un biglietto solo, si dedicherà al più sfrenato binge watching, gustandosi in una sola sessione l’Atto I e II. Altrimenti se ne guarderà uno soltanto, completando il discorso in tv o magari tornando più avanti al cinema. Ora, prima di andare avanti, va ricordato il bel cast. Filippo Timi, Gabriel Montesi, Carlotta Gamba, Federico Vanni.

Di viaggi nel sottosuolo

Dostoevskij, Gabriel Montesi in un momento della serie
Dostoevskij, Gabriel Montesi in un momento della serie

Tutto il cinema – o la serialità al guado tra i due formati, come è questo il caso – dei Fratelli D’Innocenzo è Dostoevskij. Di sottosuolo si tratta, anche qui, nella doppia accezione di luogo fisico, putrido, marginale e malato – nelle cinque ore di durata, quasi un manuale di malessere fisico e spirituale – e stato mentale. Ai Fratelli D’Innocenzo interessa scavare la vita oltre la superficie (e relative mistificazioni) per arrivare a un certo grado di verità; nel racconto dei corpi (e viceversa) spiegando l’anima dei personaggi, con un intransigente rifiuto del linguaggio pigro. Qui l’aggressione è doppia, perché riguarda il format scelto – la serie, spogliata di convenzioni e meccaniche scorciatoie narrative – e lo sguardo sul mondo. Che è cupo, senza fronzoli, lucidamente pessimista ma non arreso alla disperazione.

L’assassino scrittore “comunica” con il poliziotto

Dostoevskij, Filippo Timi in una scena della serie
Dostoevskij, Filippo Timi in una scena della serie

Si parte dal più stereotipato dei nodi da sciogliere, nel perimetro del giallo seriale: c’è un serial killer in azione. Pesca le vittime a caso, ne uccide in gran numero e non c’è modo di tirar fuori un filo rosso, una logica. È un killer istruito e dalla penna facile. Accompagna ogni delitto con una o due pagine, scritte di getto ma con calligrafia ordinata, razionale, che raccontano gli ultimi momenti di vita delle vittime e, in controluce, il suo abisso personale. È per questo che Enzo Vitello (Filippo Timi), il poliziotto che si incarica delle indagini, decide di farne una questione personale. Non è altruismo. Enzo ha un passato disastroso e un presente pure peggio. Una figlia tossicomane, Ambra (Carlotta Gamba) che ha abbandonato da bambina e non si sa perché, ma dalla quale torna in continuazione. Un amico al lavoro, uno, solo lui, che lo protegge e lo aiuta, ma quel tanto che può, Antonio (Federico Vanni). E un collega novellino e molto sicuro di sé, Fabio (Gabriel Montesi), per cui nutre un’antipatia viscerale.

Enzo è tremendamente infelice e trova nelle lettere del killer – nell’involontaria comunicazione che a partire da queste si stabilisce tra i due – una scintilla di verità che lo sconcerta, lo spaventa e lo incuriosisce. Prendere il killer per fermarlo, e per capire se stesso, quel tanto di male che è di ognuno di noi. Dostoevskij è costruito così: un primo atto che accumula – sensazioni, analisi introspettive, atmosfere – e un secondo che scioglie e risolve i nodi decisivi; che si ricorda, cioè, dopo essere stato altro per tanto tempo, di farsi storia, narrazione, parole e azione, racconto poliziesco. E non più solo un carnale, malato e potente affresco esistenziale. Fa bene entrambe le cose, ma per apprezzare ritmi e suggestioni della prima parte bisogna davvero perdersi nella seconda. Una considerazione meno ingenua di quanto sembri.

Questione di titoli

Dostoevskij, Carlotta Gamba in un momento della serie
Dostoevskij, Carlotta Gamba in un momento della serie

L’autorialità dei Fratelli D’Innocenzo trova il suo manifesto programmatico in una serie di bei titoli. Raccontano la stessa granitica volontà: allontanarsi dall’ovvio per restituire una verità umana e cinematografica più sfumata e complessa. Si tratti di portare alla luce l’irrisolto, il lato oscuro della vita e delle sue promesse più luccicanti (Favolacce), o di giocare sul senso ambiguo delle parole per spostarci in territorio “altro” (America Latina). Vale anche per Dostoevskij, viaggio esistenziale e poliziesco che si snoda lungo le tre coordinate fondamentali della condizione umana: vita, morte e amore (di un padre per una figlia, ma non solo). Parlandone, riflettendone, tutti i personaggi – anche se è un inquieto e intenso Filippo Timi a fare la parte del leone, qui – mettono a nudo i fantasmi della propria coscienza e cominciano a essere finalmente se stessi. La costruzione dell’identità è questione, spiega Dostoevskij, di rapporto con il Male: fuori e dentro di noi.

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Lavoro sui corpi

Dostoevskij, una sequenza della serie
Dostoevskij, una sequenza della serie

Se la prima metà della storia stabilisce le linee guida dell’intrigo poliziesco e rallenta i tempi, lavorando su un pugno di indizi e puntando sulla costruzione di un’atmosfera di sporcizia e malessere, la seconda, mescolando il thriller e il dramma esistenziale a suggestioni horror e alimentando una suspense forte e più tradizionale, cerca l’impresa quasi impossibile di essere a un tempo ambigua e esaustiva, fisica e spirituale. I Fratelli D’Innocenzo partono e finiscono dai corpi – li indagano, li esplorano, anche in senso letterale – per raccontare la verità dell’anima, e quando la trovano si preoccupano di restituirla in senso spudoratamente fisico. Colonscopie, secrezioni corporali, pillole, pezzi di carta, mani insanguinate, tempi sognanti e scomode rivelazioni. Dostoevskij è un curioso ibrido di spirito e corpo, di serialità e provocazione cinefila, che non soddisferà tutti, per i suoi tempi attutiti e il senso di malattia (la vita è una malattia, dice il killer) che percorre la storia e infesta l’immagine. Ma ha dalla sua una cifra autoriale inconfondibile e il coraggio di andare a fondo nella ricerca della verità.

Locandina

Dostoevskij, la locandina della serie

Gallery

Scheda

Titolo originale: Dostoevskij
Creata da: Damiano D’Innocenzo, Fabio D’Innocenzo
Regia: Damiano D’Innocenzo, Fabio D’Innocenzo
Paese/anno: Italia / 2024
Durata: 279’
Genere: Drammatico, Poliziesco
Cast: Gabriel Montesi, Filippo Timi, Carlotta Gamba, Federico Vanni, Simon Rizzoni, Tommaso Sacco
Sceneggiatura: Fabio D’Innocenzo, Damiano D’Innocenzo
Fotografia: Matteo Cocco
Montaggio: Walter Fasano
Musiche: Michael Wall
Produttore: Isabella Cocuzza, Arturo Paglia
Casa di Produzione: Paco Cinematografica, SKY Studios
Distribuzione: Vision Distribution, Sky / NOW

Data di uscita: 11/07/2024

Trailer

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Nato a Roma a un certo punto degli anni '80 del secolo scorso. Laurea in Scienze Politiche. Amo il cinema, la musica, la letteratura. Aspirante maratoneta.

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