LA MISURA DEL DUBBIO

LA MISURA DEL DUBBIO

Daniel Auteil regista e anche interprete, insieme a Sidse Babett Knudsen, Grégory Gadebois e non solo, in La misura del dubbio. Dramma processuale con l’ambizione di essere qualcosa di più, è passato al 77° Festival di Cannes e arriva nelle sale italiane il 19 settembre 2024.

La vita normale e quello che sta dietro

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Daniel Auteuil, il pubblico italiano è abituato a conoscerlo (e apprezzarlo) come interprete versatile, di un’eleganza sorniona e mai ostentata, sempre nel perimetro di un dramma e una commedia francesi intelligenti e non volgari. La notizia della sua doppia vita arriverà, forse, come un piccolo shock. Oltre la maschera di attore di successo c’è anche un’avviata carriera da regista: con La misura del dubbio, in sala dal 19 settembre 2024 per BiM Distribuzione dopo il passaggio al 77° Festival di Cannes, raggiunge l’apprezzabile traguardo della quinta regia. Dramma processuale ispirato a una storia vera con, nella parte del protagonista – un avvocato penale pronto a tornare sul ring dopo anni di esilio autoimposto – mr. Auteil in persona, perché il miraggio della regia seduce ma il primo amore, la recitazione, non si scorda mai. Accanto, tra gli altri, Sidse Babett Knudsen, Grégory Gadebois, Aurore Auteil, Gaëtan Roussel. Il film è il rapporto tra un legale e il suo imputato sullo sfondo di un fatto di cronaca molto grave, mentre la tempesta infuria e tutti sembrano non avere dubbi su come siano andate le cose.

Della voglia di faticare di Daniel Auteil e di paragoni ingombranti

La misura del dubbio, Daniel Auteil in un momento del film
La misura del dubbio, Daniel Auteil in un momento del film

Doppia vita è forse riduttivo perché Daniel Auteil, per La misura del dubbio (in originale Le Fil) si fa in quattro, almeno: scrive, produce, dirige e interpreta. È una professione di fede commovente, in generale nei confronti del mestiere, ma anche nelle possibilità offerte dalla storia. Che ha un fondo di verità, si è detto, e il riferimento va alla raccolta di cronache giudiziarie dell’avvocato Jean-Yves Moyart, sotto lo pseudonimo di Maître Mô, da cui il film prende spunto. Thriller giudiziario dai risvolti esistenzialisti, messa in scena curata e una certa classicità nello stile e nell’impostazione; il pensiero va al lavoro (più libero, più audace) sul genere e le sue potenzialità orchestrato da Justine Triet con Anatomia di una caduta, che a Cannes era passato soltanto un anno prima (2023), addirittura vincendo la Palma d’Oro. La misura del dubbio non punta così in alto. Le premesse sono più ragionate e i risultati soddisfacenti ma solo a metà, anche se non trascurabili. Il paragone di impostazione – dramma processuale che lavora su se stesso per cercare di essere altro – è però ineludibile. Daniel Auteil sceglie di muoversi in maniera diversa già nella scelta del punto di vista. Il film corre sullo sguardo del legale e non su quello dell’imputato indecifrabile.

Un imputato indecifrabile e il suo avvocato

La misura del dubbio, Grégory Gadebois in una scena del film
La misura del dubbio, Grégory Gadebois in una scena del film

Indecifrabile, gigantesco, malinconico e anche un po’ infantile. Si chiama Nicolas Milik (Grégory Gadebois) ed è padre sposato di tanti figli. Lo arrestano per l’omicidio della moglie e tutti pensano che sia colpevole, in particolar modo sua cognata Audrey (Aurore Auteil), che non si fa scrupolo di urlarlo a chiunque abbia voglia di ascoltare. L’unico che non ha dubbi sulla sua innocenza, colpito dalla delicatezza e dal mistero negli occhi di questo uomo-orso avversato da tutti, è il suo legale, Jean Monier (Daniel Auteil). Da tempo non difende più nessuno perché c’è un grosso rimpianto nel suo passato professionale e ha un po’ paura di sbagliare. La misura del dubbio ha il pregio di fare le cose in fretta, di non perdersi in pretenziosi preamboli. Senza troppi complimenti abbozza il quadro generale e ci trascina dentro, e non c’è nulla di opaco da decifrare a meno che non si consideri l’essenziale, il mistero al cuore della storia: chi è davvero Nicolas Milik? Il padre amoroso e caritatevole che deve farsi carico di una moglie complicata per amore dei figli? L’amico remissivo del barista Roger (Gaëtan Roussel), indagato anche lui e per Jean il vero colpevole? Un brutale assassino? E se sì, perché? A fianco di Jean c’è solo la socia e partner nella vita, Annie (Sidse Babett Knudsen). Lui si dona anima e corpo al caso, fermamente convinto dell’innocenza di Nicolas. Il film trova il suo presente nei tre giorni del processo, gennaio 2020, ma si sposta costantemente indietro per approfondire, chiarire, capire. Una licenza narrativa che tradisce la volontà del film di essere altro da sè, non solo un puro dramma processuale. Ci riesce meno di quanto potrebbe, dovrebbe, vorrebbe.

Un dramma processuale con l’intenzione di essere anche altro

La misura del dubbio, Aurore Auteil in un momento del film
La misura del dubbio, Aurore Auteil in un momento del film

Nell’adesione senza compromessi – che finisce per sfociare nel timido accenno di un’amicizia – tra il legale e l’imputato, nella professione di fede dell’avvocato che fa di tutto pur di dare visibilità alle ragioni del suo cliente, mettendosi interamente dalla sua parte, c’è uno dei più succosi (e non adeguatamente approfonditi) significati del film. Non è un caso che Daniel Auteil, attore e autore, abbia scelto per sé un film come La misura del dubbio. Nell’adesione alle altrui prospettive di Jean c’è una riflessione sul senso del mestiere dell’attore nell’atto di accostarsi al personaggio: colpevole o innocente, simpatico o antipatico, bisogna ascoltarlo, rispettarlo, donarsi completamente alle sue ragioni. Giudicare, semmai, dopo. Il mistero dell’innocenza o della colpevolezza di Nicolas è racchiuso nella dolce, fragile e inquietante prova del bravissimo Grégory Gadebois, che lavora nella felice contraddizione di un personaggio costruito da poche parole e una fisicità imponente. La misura del dubbio è un dramma processuale classico nell’impostazione ma moderno nell’attitudine di staccarsi da sé per complicare il discorso. Funziona a metà, perché le riflessioni su verità e dubbio, sulla necessità di combattere per la giustizia, sulle ombre che si annidano dietro una comoda apparenza di normalità, il film non sa rivestirle di una forma adeguata, facendole esplodere in un finale emotivamente pirotecnico ma un po’ squilibrato e frettoloso rispetto a quello che c’è stato prima. E il racconto della quotidianità della professione legale, che poteva risultare in un interessante contrappunto al corso principale della storia, non ingrana. Restano i piaceri superficiali ma non banali, resta il gioco degli attori, la suspense, l’attesa palpabile per la risoluzione del mistero.

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Locandina

La misura del dubbio, la locandina italiana del film

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Scheda

Titolo originale: Le fil
Regia: Daniel Auteuil
Paese/anno: Francia / 2024
Durata: 115’
Genere: Drammatico
Cast: Grégory Gadebois, Daniel Auteuil, Florence Janas, Candice Bouchet, Jean-Noël Brouté, Laurent Bozzi, Nathalie Dodivers, Alice Belaïdi, Anaïs Saint-Yves, Anna Mihalcea, Aurore Auteuil, Charlie Nelson, Don Jean-Yves, Gaëtan Roussel, Isabelle Candelier, Nino Julien, Pierre-François Veil, Sidse Babett Knudsen, Suliane Brahim, Éric Denize
Sceneggiatura: Daniel Auteuil, Steven Mitz
Fotografia: Jean-François Hensgens
Montaggio: Valérie Deseine
Musiche: Gaspar Claus
Produttore: Daniel Auteuil, Nelly Auteuil, Hugo Gélin
Casa di Produzione: Zinc, Zazi Films, Zack Films, Cinémage 18, Indéfilms 12, France Télévisions, Ciné+, France 2 Cinema
Distribuzione: BiM Distribuzione

Data di uscita: 19/09/2024

Trailer

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Nato a Roma a un certo punto degli anni '80 del secolo scorso. Laurea in Scienze Politiche. Amo il cinema, la musica, la letteratura. Aspirante maratoneta.

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