GIURATO NUMERO 2

GIURATO NUMERO 2

Con quello che potrebbe essere il suo ultimo film, l'autore novantaquattrenne Clint Eastwood realizza un’opera estremamente intelligente seppur lontana dai lidi dei suoi grandi capolavori. Giurato numero 2 non ha nessuna pretesa di essere un thriller esplosivo quanto una, anzi un insieme di riflessioni sui temi della colpa, della responsabilità e sul funzionamento del sistema giudiziario americano. Un dramma morale di sottile ambiguità che rappresenta un buon lascito cinematografico.

Verità e giustizia: un binomio possibile?

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Gli anni ’90 sono stati particolarmente frizzanti per i legal thriller, anche se per la verità non mancano casi recentissimi come Anatomia di una caduta (Justine Triet), oggetto anche di un certo clamore, o Il caso Goldman di Cédric Kahn per citarne qualcuno uscito nel 2023. La lista di questi ultimi anni si allunga ora con Giurato numero 2, una sorta di ibrido che unisce concettualmente Rashomon (1951) con La parola ai giurati (1957). Clint Eastwood, insieme al debuttante Jonathan Abrams alla sceneggiatura, ha in mente una domanda molto intrigante cui far ruotare attorno il film: se un giurato in un processo per omicidio potesse essere in realtà lui stesso il vero assassino, quale sarebbe la cosa giusta da fare? Luce sulla morte di Kendall Carter (interpretata da Francesca, figlia del regista) viene infatti fatta abbastanza presto in modo da spostare l’attenzione su cosa farà il vero colpevole per rivelare o coprire la verità. O meglio, la possibile verità: perché la narrazione e i flashback che compongono il tessuto narrativo del film si mostrano deliberatamente lacunosi nella sequenza di eventi che hanno portato alla morte della giovane. A prescindere pertanto dai dubbi su chi abbia commesso il fatto, l’esito del processo (e del film) ci fa interrogare sulla nostra predisposizione a fare ciò che è giusto anche se questo significa rischiare praticamente tutto.

Delitto senza castigo (forse)

Giurato numero 2, Nicholas Hoult durante una scena del film
Giurato numero 2, Nicholas Hoult durante una scena del film

Chiamiamo dunque Justin Kemp (Nicholas Hoult) a testimoniare e magari a salvare la vita di un sospettato colpevole, siamo d’accordo, ma di altri reati e non di quello in questione. Il protagonista di Giurato numero 2 è quindi un Raskolnikov americano, divorato internamente da un segreto condiviso solo con noi spettatori che se venisse rivelato manderebbe in frantumi la sua vita. Un protagonista quindi diverso che cambia la tendenza di Eastwood a rendere omaggio a uomini comuni che, travolti da eventi più grandi di loro, agiscono correttamente sfoderando il proprio coraggio (pensiamo a Richard Jewell, 2019). Non è però solo lui ad affrontare una crisi di coscienza: anche l’avvocato dell’accusa Faith Killebrew (Toni Collette) si ritrova davanti ad una verità potenzialmente scomoda per lei e le sue ambizioni politiche. Ci sono quindi più lati di una stessa storia come le facce della moneta che Justin tiene sempre in mano.

Domande complicate, risposte scomode

Giurato numero 2, Toni Collette e Nicholas Hoult in una sequenza del film
Giurato numero 2, Toni Collette e Nicholas Hoult in una sequenza del film

Domande straordinariamente grandi e profonde a parte, è chiaro come Giurato numero 2 sia anche un’opportunità di analisi critica piuttosto schiacciante del sistema giudiziario americano i cui ingranaggi si rivelano fallibili. Di fronte a un quadro che solo apparentemente sembra chiaro le indagini vertono su un unico sospettato invece di esaminare tutte le opzioni possibili. Un macchinario in cui, come si rende conto Justin stesso, si opera sulla base di pregiudizi verso quello che è chiaramente un “perdente”. È un tema, questo, che porta Eastwood a interrogarsi sulla questione se valga la pena sacrificare un uomo considerato “cattivo” per proteggere un uomo “perfetto”. Una metafora universale anche delle forme di ingiustizia della nostra Storia?

Un cinico addio (o arrivederci?)

Giurato numero 2, Kiefer Sutherland in una sequenza del film
Giurato numero 2, Kiefer Sutherland in una sequenza del film

È un discorso quindi interessante quello che propone il 94enne Eastwood con Giurato numero 2, in linea con il carattere filosofico delle sue ultime opere. Qui il focus del film non è sulla vecchiaia ma rispecchia narrativamente il ritmo di un uomo anziano che si ferma a riflettere con i suoi inciampi: narrativamente parlando, perché ad esempio Justin non ha riparato completamente il danno all’auto di cui è in procinto di disfarsi? C’è un certo grado di sottile ambiguità ed ironia (la moglie del protagonista bendata come la statua della giustizia che fanno da immagine d’apertura) nello sguardo di un autore sempre lucido e capace di valorizzare al massimo i suoi interpreti. Non c’è la sensazione di trovarci davanti a un canto del cigno nel senso stretto del termine con Giurato numero 2, ma di fronte a un film che fa riflettere sulla nostra umanità sicuramente si. Tanto basta per apprezzare l’ultimo grande maestro del cinema americano. Membri della giuria, l’udienza è tolta.

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Locandina

Giurato numero 2, la loncandina italiana del film di Clint Eastwood

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Scheda

Titolo originale: Juror #2
Regia: Clint Eastwood
Paese/anno: Stati Uniti / 2024
Durata: 114’
Genere: Thriller
Cast: J.K. Simmons, Nicholas Hoult, Toni Collette, Chris Messina, Drew Scheid, Amy Aquino, Zoey Deutch, Cedric Yarbrough, Francesca Eastwood, Leslie Bibb, Rebecca Koon, Zele Avradopoulos, Adrienne C. Moore, Bria Brimmer, Chikako Fukuyama, Gabriel Basso, Hedy Nasser, Jason Coviello, KateLynn E. Newberry, Megan Mieduch, Melanie Harrison, Onix Serrano, Phil Biedron, Rachel Walters
Sceneggiatura: Jonathan A. Abrams
Fotografia: Yves Bélanger
Montaggio: David S. Cox, Joel Cox
Musiche: Mark Mancina
Produttore: Tim Moore, Adam Goodman, Clint Eastwood, Peter Oberth, Jessica Meier, Matt Skiena
Casa di Produzione: Malpaso Productions, Dichotomy Films, Gotham Group, Lightnin’ Production Rentals, Warner Bros.
Distribuzione: Warner Bros.

Data di uscita: 14/11/2024

Trailer

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Laureato in archeologia ma sempre con pericolose deviazioni cinematografiche, tali da farmi frequentare dei corsi di regia e sceneggiatura presso il Centro Sperimentale di Cinematografia. Ho partecipato per alcuni anni allo staff organizzativo dell’Irish Film Festival presso la Casa del Cinema. Da qua, il passo per dedicarmi a dei cortometraggi, alcuni dei quali per il concorso “Mamma Roma e i suoi quartieri”, è stato breve, condito anche dalla curatela di un incontro intitolato “La donna nel cinema giapponese”, focalizzato sul cinema di Mizoguchi, presso il cineclub Alphaville. Pur amando ovviamente il cinema nelle sue diverse sfaccettature, sono un appassionato di pellicole orientali, in particolare coreane, che credo occuperanno un posto rilevante nei futuri manuali di storia del cinema.

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