NICOLAS WINDING REFN SOTTO ACCUSA PER LA MORTE DI UN MAIALE NELLA SUA NUOVA SERIE

NICOLAS WINDING REFN SOTTO ACCUSA PER LA MORTE DI UN MAIALE NELLA SUA NUOVA SERIE

Il regista danese è stato accusato dalla PETA per un maiale che sarebbe stato ucciso durante la lavorazione della sua nuova serie Netflix, ancora senza titolo.

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Piovono accuse su Nicolas Winding Refn e sulla sua nuova serie danese di produzione Netflix, ancora senza titolo. Sembra infatti che sul set della serie sia stato ucciso un maiale, non è ancora chiaro se volutamente o meno, e che la scena sarebbe pronta a essere utilizzata nel montaggio finale della serie. Un informatore anonimo ha infatti avvertito dell’evento la PETA, associazione per la difesa degli animali, che ha subito inviato una lettera al CEO di Netflix Reed Hastings, chiedendo la rimozione della scena.

Uccidere un essere senziente e sfruttarne la morte per il gusto dell’intrattenimento è inaccettabile, e può essere illegale”, si legge nella dichiarazione diffusa dalla PETA a riguardo. “Nessun animale dovrebbe soffrire o morire per l’intrattenimento delle persone, e la PETA chiede a Netflix di lasciare nella sala di montaggio qualsiasi fotogramma che possa in qualche modo glorificare l’uccisione senza necessità e senza senso di quel maiale”.

Attualmente, la polizia starebbe indagando sull’evento, visto che c’è una legge danese per il benessere degli animali che vieta esplicitamente qualsiasi maltrattamento, oltre che qualsiasi situazione potenzialmente dannosa o pericolosa per gli animali sui set. Una norma in linea con quella che è la legislazione adottata dalla maggior parte dei paesi occidentali, compresi gli Stati Uniti: nei film hollywoodiani, ormai da molti anni a questa parte, è infatti usuale leggere il disclaimer “No Animals Were Harmed” laddove comparissero animali in situazioni potenzialmente pericolose.

Non c’è al momento alcuna risposta ufficiale da parte del regista Nicolas Winding Refn né di Netflix, ma siamo certi che l’accusa avrà un seguito in un senso o nell’altro, vista la crescente sensibilità al tema di industria e spettatori. Nei decenni passati, accuse di maltrattamenti di animali sono state rivolte anche a registi come Pedro Almodovar (per la scena di una corrida nel suo Parla con lei) e Kim Ki-Duk (noto per le reali uccisioni di animali in alcuni suoi film). Uno dei casi più noti fu quello dell’italiano Ruggero Deodato e del suo Cannibal Holocaust, che conteneva violenze reali su animali per opera, tra l’altro, di un ancor giovane Luca Barbareschi.

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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