ROMA 2022: ANNUNCIATO IL PROGRAMMA DI ALICE NELLA CITTÀ
fonte: Comunicato stampa
È stato annunciato oggi il programma della nuova edizione di Alice nella città, sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma. Tra gli ospiti ci saranno Russell Crowe e Paul Mescal.
Si svolgerà a Roma dal 13 al 23 ottobre 2022, nel quadro della Festa del Cinema, la XX edizione di Alice nella città, diretta da Gianluca Giannelli e Fabia Bettini. Un’edizione molto ricca, quella di quest’anno, che vedrà tra gli ospiti le presenze di Russell Crowe e Paul Mescal.
Con la consueta attenzione ai temi legati alle giovani generazioni, Alice nella città presenterà quest’anno un programma di anteprime assolute, esordi alla regia e conferme originali: 12 le opere del Concorso e 3 i film Fuori Concorso a cui si aggiungono, nella sezione competitiva Panorama Italia, 8 film in concorso e 5 proiezioni speciali che pongono l’accento sul cinema italiano, con proiezioni di film e documentari.
Sono inoltre 4 gli Eventi Speciali a cui si affianca la selezione Sintonie, linea di programma pensata in collaborazione con la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e che accoglie 4 film presentati quest’anno nella Sezione Orizzonti. In programma anche 1 serie, 1 restauro e 28 cortometraggi (16 in concorso, 7 animazioni e 5 proiezioni speciali) selezionati in collaborazione con Premiere Film.
CONCORSO
I 12 film in concorso trovano in Marcel the Shell with Shoes On un’apertura ideale. Dean Fleischer-Camp dirige un racconto straordinariamente efficace di parole e immagini, ispirato a una serie di cortometraggi in stop-motion sul valore dei sentimenti e dei legami affettivi. Marcel è una conchiglia parlante, alta un pollice con un solo occhio e un paio di scarpe da ginnastica, che vive in un Airbnb e sembra discendere direttamente da “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry.
Il tema del viaggio nella memoria è centrale in Armageddon Time, trasformato da James Gray in qualcosa che riguarda l’incapacità di dare espressione ai desideri e alle legittime aspirazioni. Ci parla della difficile necessità di scendere a patti con i limiti e le mancanze. Per Paul (il sorprendente Banks Repeta) le ferite della coscienza si aprono di fronte al compromesso dei rapporti più intimi.
Gli fa eco la complessità dei legami familiari di Signs of Love di Clarence Fuller che solleva riflessioni sulla vita e sui possibili modi di stare al mondo di un adolescente che sta cercando di uscire da un ambiente tossico. Il film di Fuller è un puzzle familiare dentro e fuori dallo schermo, i protagonisti sono interpretati dalla coppia madre-figlia nella vita reale Rosanna Arquette e Zoë Bleu, insieme ai fratelli Dylan Penn e Hopper Penn.
Per lo sceneggiatore e regista James Morosini il rapporto con il padre (Patton Oswalt) è legato al ricordo di un inganno. Il suo I Love My Dad mette in luce la crudeltà della farsa e lascia che la dinamica genitore-figlio rimanga sospesa nel dolore reale, ispido e inquietante, di una genuina bugia.
Uno spunto ideale che il regista francese Simon Rieth ha esplorato fino ai limiti più profondi. Summer Scars (Nos cérémonies) è un debutto a combustione lenta. Funziona come una metafora sulla potente natura degli attaccamenti familiari, sul mistero di un ricordo scomparso nelle profondità delle ferite dell’infanzia e delle loro disastrose conseguenze nell’età adulta.
Ferite che per pilar palomero diventano in La Maternal il punto di partenza per raccontare una storia di maternità, forza, coraggio e superamento ma anche di isolamento, paura e abbandono. Palomero (Premio Goya per il miglior film con Las Niñas) sceglie ancora l’adolescenza come innesco per raccontare il nostro tempo senza (pre)giudizi.
Una sfida vitale che costringerà Carla, interpretata da Carla Quílez, nel suo primo ruolo cinematografico, a conoscersi meglio per capire il mondo che la circonda, compreso il rapporto instabile e complesso con la madre. Sono ragazzi che rivendicano il loro spazio nel mondo, quando l’identità incerta inizia a chiedere chiarimenti e nello stesso tempo bisogna imparare a fare i conti con un’inesorabile miscela di dubbi, paure e turbolenze interiori, i protagonisti di Close. Ancora una volta il regista belga Lukas Dhont, con il suo secondo lungometraggio, toglie la pelle al reale. Riporta la storia di un limbo emotivo alle sue ossa, alla purezza di un’età in cui le emozioni sono meno inibite dall’idea di norme o costrutti sociali. Ci racconta di una vicinanza – titolo stesso del film – che riesce ad essere sia straziante che piena di speranza.
Anche per Trevor Anderson l’infanzia è un periodo pieno di tumulti costanti. La storia di robin, protagonista queer della sua opera prima Before I Change My Mind, interpretato dall’attore adolescente non binario Vaughan Murrae, trae spunto dall’esperienza personale del regista. A prima vista il film sembra perseguire l’agenda di tanto cinema sociale, ma in realtà cerca in modi diversi di raccontare l’adolescenza com’è davvero, con tutta la sua ambigua, inconsapevole e profonda complessità.
Ed è proprio nell’importanza di far confluire la realtà nel cinema, di mediare tra l’una e l’altro, che troviamo il senso del lavoro della documentarista Sophie Chiarello. Lungo i cinque anni di riprese, la classe filmata diventa il ritratto di un Paese che si evolve e la cui identità cambia e si trasforma. Il cerchio – unico film italiano in concorso – non è un documentario sui bambini ma con i bambini, un documentario che parla di loro ma anche di noi, gli adulti; un diario indispensabile all’elaborazione del mondo di oggi, in cui si specchia quello di domani. Il cinema, dunque, come educazione alla vita. Per Lise Akoka e Romane Guéret l’infanzia non è un santuario, ma un luogo di libertà.
Dopo il cortometraggio Chasse Royale e la webserie Tu préfères – dove già si mostra tutta la loro attenzione per il mondo dei minori -, le parole, le fantasie e i dubbi dei ragazzi di Les Pires (opera prima premiata nella sezione Un certain regard a Cannes) sono lo spunto ideale per una riflessione meta-cinematografica più profonda sui limiti e le inadeguatezze del mondo adulto, in cui le registe si pongono il problema della conoscenza della realtà e soprattutto sulla possibilità di fare cinema verità. La grande letteratura per l’infanzia ci ha insegnato che le fiabe hanno le loro radici nella realtà e non nella fantasia come a qualcuno piace credere.
La regista franco-senegalese Maïmouna Doucouré (Cuties) ha ancorato il suo secondo lungometraggio alla fiaba contemporanea, al sogno inaccessibile di un’adolescente audace e determinata. Hawa (interpretata da un’eccezionale Sania Halifa) offre spunti di profondissima riflessione sulla norma e sul diverso che sempre ci portiamo dentro, sull’importanza di distinguersi per rincorrere i propri desideri se ci aiutano a vivere meglio.
Nel privilegiare la soggettività dei bambini, Éric Lartigau (La Famille Bélier) torna ad esplorare il disaccordo essenziale tra il modo in cui i più piccoli e gli adulti interagiscono con il mondo. Interpretato da Gael Garcia Bernal, Chiara Mastroianni, Marina Foïs, Cet été-là (tratto dalla graphic novel di Jillian Tamaki e Mariko Tamaki) è un percorso di indagine sui grandi riti di passaggio della vita, è una storia di crescita che vede a confronto tre generazioni, in tre distinte età, in cui l’incomunicabilità la fa da padrona.
FUORI CONCORSO
Con il suo primo lungometraggio, Aftersun (prodotto da Barry Jenkins), la sceneggiatrice e regista Charlotte Wells crea un ritratto sottile e nostalgico di una relazione padre-figlia. Il film della Wells è essenzialmente un gioco a due che si lega al filo narrativo del concorso. La sensibilità umana con cui crea i personaggi di Calum (interpretato dalla star di Normal People Paul Mescal, protagonista con la regista di un incontro con il pubblico) e di sua figlia di undici anni Sophie (Francesca Corio) è di una grazia immensa: li differenzia, li rende complessi, unici, ne costruisce le reciproche relazioni, ne racconta il loro spessore umano, senza mai giudicare, senza mai farsi avanti, prendendoli per mano. Ciò che resta nei ricordi ricostruiti da una Sophie adulta (Celia Rowlson-Hall) è più una poesia che un semplice frammento di memoria.
A House made of Splinters è uno di quei documentari che interagiscono davvero con l’esistenza. Il regista danese Simon Lereng Wilmont torna in Ucraina per raccontare le vite dei bambini che vivono alla periferia del conflitto russo-ucraino in corso. Invece di concentrare la sua lente su coloro che sono in prima linea, Wilmont sceglie di mostrarel’effetto devastante della guerra sulle famiglie, attraverso i ritratti di Eva, Alina, Sasha e Kolya. Non ci sono risposte facili per i bambini di Lysychansk, ma l’attento lavoro di osservazione e il chiaro rapporto con i bambini riescono a catturare lo spirito dell’infanzia con incredibile onestà, autenticità e cura, offrendo anche piccole schegge di speranza.
Piggy è qualcosa di decisamente diverso da tutti i film del programma. È un film di genere con qualcosa di importante da dire al mondo adulto. Qui l’adolescenza è presentata in modo discreto, nella sua forma più brutale. Tenuto magistralmente dalla performance di Laura Galán nei panni di un’adolescente tormentata, il film di Carlota Pereda (ispirato al suo cortometraggio del 2018, “Cerdita”) mette in primo piano la durezza del bullismo, offrendo uno sguardo inquietante sulle paure, sia razionali che irrazionali, e sul senso di colpa di un adolescente ferito.
Proiezioni speciali
Il più indissolubile dei binomi adolescenza-corpo è il fulcro narrativo del lavoro diretto da Cosima Spender (SanPa – Luci e tenebre di San Patrignano) e Valerio Bonelli, qui al debutto nella fiction. Il team di sceneggiatrici Ilaria Bernardini, Chiara Barzini, Ludovica Rampoldi e Giordana Mari consegnano al pubblico un thriller di formazione intelligente e pungente che ha la giusta misura di giovinezza e rischio, voglia di crescita e paura di cambiare mentre si alternano competizione sfrenata e amicizia inossidabile, violenza fisica e psicologica, patti di sangue, baci e fughe notturne, prove di resistenza e allucinazioni da farmaci. Corpo libero è una serie, basata sull’omonimo romanzo di Ilaria Bernardini edito da Mondadori che debutterà in streaming su Paramount+ il 26 ottobre e dal 2023 su Rai2.
Ci sono testimonianze che di fronte alle tragedie della vita sono capaci di nitidezza ed autenticità rare che dovrebbero essere ascoltate. Backlash: Misogyny in the Digital Age di Léa Clermont-Dion e Guylaine Maroist (in collaborazione con la Casa Internazionale delle Donne) è un’immersione nel vortice della misoginia online che racconta l’evidente odio verso le donne. Su come la misoginia dilagante in rete rappresenti un grave problema, spesso minimizzato e non preso in considerazione, che può rivelarsi determinante nella propria carriera e vita privata. Questo tour de force rivela gli effetti devastanti che tale odio impenitente ha sulle vittime e porta alla luce il singolare obiettivo della cyber-misoginia: mettere a tacere le donne che eccellono.
PANORAMA ITALIA
Questa sezione punta sulla scoperta e sulla valorizzazione del cinema italiano. Sono documentari, film inediti in Italia mai usciti in sala per il grande pubblico o passati velocemente in un festival. Sono 8 i film che comporranno la selezione in concorso a cui la giuria composta da Riccardo Milani, Massimiliano Bruno, Tosca, Milena Mancini, Giampaolo Morelli assegnerà il Premio Raffaella Fioretta, sostenuto dalla Regione Lazio.
Concorso
È lungo questa linea che abbiamo incontrato storie diverse nella genesi, ma affini nel tentativo di rinascita. Film capaci di raccontare storie nei modi inventivi del cinema indipendente: inclassificabili, scivolosi, sfuggenti. Come l’horror emozionale di Paolo Strippoli. Piove è una storia estrema come la follia che esplora, sulfurea come il vapore misterioso che esce dai tubi di Roma: chi lo inala dovrà fare i conti con le sue paure più profonde.
Un viaggio che nell’opera prima di Andrea Zuliani, Le ragazze non piangono, si trasforma in un racconto di formazione in chiave road-movie in equilibrio tra commedia, avventura e realtà. Un viaggio iniziatico verso il confine: quello del Paese, con tutte le sue contraddizioni, quello tra amicizia e amore, quello tra adolescenza ed età adulta.
Nell’opera prima di Gianluca Mangiasciutti sono rapporti che riuniscono in sé il ruolo della vittima e del carnefice; mettono in scena la tragicità dei legami e l’irruente desiderio della giovinezza di esistere lontano dalla violenza che spezza i legami di sangue. L’uomo sulla strada costringe Irene (Aurora Giovinazzo) e Michele Lorenzo Richelmy) a fare i conti con i propri fantasmi e a crescere, legandosi profondamente l’una all’altra.
Ci sono storie di ragazze determinate che si misurano con la rigida mentalità del proprio tempo, con qualcosa di più grande di loro, di cui non si capisce la portata. Nella storia di Lia (Claudia Gusmano) è facile leggere quella di Franca Viola, vero e proprio simbolo della crescita civile dell’Italia nel secondo Dopoguerra e dell’emancipazione delle donne italiane, a cui la regista Marta Savina ha dedicato il suo lungometraggio Primadonna.
Succede così anche a Nicola Prosatore che per il suo esordio alla regia apre lo sguardo su una ragazzina di tredici anni (interpretata da Dominique Donnarumma) che osserva il mondo che le sta attorno e che la spingerà a compiere il passo che separa l’infanzia dal futuro. Scritto sulla base dei ricordi di Antonia Truppo, interprete e co-sceneggiatrice del film, Piano Piano è un prezioso lavoro di scavo sui rapporti familiari e sulle fibrillazioni della prima adolescenza.
Ci sono storie che si intrecciano dentro e fuori dal carcere, in una delicata e complessa ricerca del rapporto tra identità e memoria, e che si legano saldamente alla trama: come nel racconto di Andrea Papini, I nostri ieri, in cui un documentarista (Peppino Mazzotta), un detenuto e una vittima (Francesco Di Leva) danno vita ad una storia che scava dentro e fuori l’esistenza di tre umanità, fra responsabilità familiari che pesano come macigni e un innato bisogno di libertà.
Così avviene anche ne Il ritorno che mette in scena la struggente esperienza del vivere di una madre che, dopo dieci anni di carcere, si rifiuta di fare marcia indietro di fronte alle difficoltà di ricominciare, per ritrovare l’amore, i gesti quotidiani e l’affetto di un figlio ormai distante. Il film di Stefano Chiantini fa emergere nei protagonisti – Emma Marrone, Fabrizio Rongione -, al di là di colpe, limiti, miserie e una dignità umana che ha valore universale.
C’è una linea evidente di continuità tra il catalogo di questi destini adolescenti e la musica. Fabio Mollo torna a dar voce a quell’età in cui è ancora tutto da scoprire. My Soul Summer ci parla di quei muri altissimi che tengono all’oscuro chi vorrebbe raggiungere la sua porzione di vita luminosa, ma non ricorda la parola d’ordine per accedervi. E’ l’estate unica di Anita (Casadilego al suo esordio nel cinema) e di Vins (Tommaso Ragno); unica, esattamente come dovrebbe essere ogni infanzia ed ogni estate.
Proiezioni Speciali
A completare il programma del Panorama Italia un ciclo di proiezioni speciali che arricchiscono, ciascuna con il proprio tono e background d’immagini, lo sguardo su generi poco esplorati dal cinema italiano. Per il regista Giorgio Testi la musica è il filo conduttore del documentario, che esplora il mondo di Alessandro, fatto non solo di note e accordi, ma anche di amore e assenza. Mahmood si apre per la prima volta ad una narrazione intima, che racchiude momenti di vita celati e le relazioni con le persone che hanno lasciato un segno nella sua esistenza.
La regista Elisa Mishto compone un omaggio sull’amicizia, sul dolore e sulla bellezza di fare musica insieme. Moderat: The Last Days segue la band nei giorni successivi al suo scioglimento, intervistando i componenti che si rivelano nelle loro insicurezze, timori e speranze e si raccontano senza veli, trasmettendo la passione che li ha accompagnati fino a quel momento.
Sono tutti film che scappano dalla rete dei grandi festival. Trovano un varco. Viaggiano liberi perché sono leggeri, fragili e trasparenti come vetro. Per questo hanno bisogno di più attenzione e di un orizzonte praticabile. Così per il regista Ludovico Di Martino, I viaggiatori, più che un viaggio nel tempo, diventa un modo per interrogarsi su un passato da riavvolgere e superare e un futuro da conservare; su ciò che l’umanità è stata e potrebbe diventare.
È lo spazio ideale per articolare un racconto fantasy a loop temporale nella città Eterna, letto da un adulto che ha ancora chiaro negli occhi il valore della fantasia. Anche per Nicola Abbatangelo la fantasia e i sogni sono una cosa molto seria: The Land of Dreams è un musical che espande le atmosfere dickensiane di Beauty (vincitore come miglior cortometraggio internazionale ad Alice nella città), attraverso un impianto visivo e una colonna sonora di grande impatto e fascino che diventano materia prima per la visione in sala.
I pensieri dei ragazzi sono sottili, hanno bisogno di ascolto per prendere forma e respiro. Cosa verrà è il racconto di un’avventura pedagogica. Un anno di vita nella classe di un piccolo paese siciliano dove il regista Francesco Crispino ha raccolto, giorno dopo giorno, parole ed emozioni, ragionamenti, ipotesi e domande che emergevano dalle voci dei ragazzi con cui ha lavorato. Tra vicende quotidiane, passioni e pomeriggi di giochi Eric e Alice vivono il passaggio dall’infanzia all’adolescenza tra libertà mutilate e restrizioni sempre più dure espresse durante l’anno di maggior diffusione del COVID, in un Sud d’Italia e d’Europa che è spazio di confine e insieme d’avanguardia per gli effetti del cambiamento climatico.