DIANA & LADY D

DIANA & LADY D

Al Sistina di Roma, va in scena tra il 14 e il 19 febbraio Diana & Lady D, ricostruzione in forma di musical della vita di Diana Spencer: uno spettacolo in cui le due facce del personaggio danno vita a un teso dialogo interiore, a incarnare la dimensione pubblica e quella privata della donna.

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Una personalità complessa e controversa, tra le più iconiche del XX secolo, come quella di Diana Spencer aka Lady D, è oggetto in questo spettacolo di una ricognizione tra pubblico e privato in forma di musical: si parte dall’infanzia e dal dolore derivato dalla separazione dei genitori, fino all’adolescenza divisa tra la Svizzera e l’Inghilterra, l’incontro con Carlo e il sontuoso matrimonio, e i primi problemi dovuti alle incomprensioni coniugali. E poi, le gelosie, gli amanti, la depressione e la bulimia, le ossessioni personali e pubbliche, il fantasma della sconfitta sempre presente; in parallelo, un’immagine mediatica sempre anticonformista, divisa tra i lustrini e l’impegno sociale. Il tutto si dipana in un dialogo intimo tra le due dimensioni del personaggio, tra la Lady D che vuole godere della sua ipertrofica immagine pubblica, e la fragile Diana, alla perenne ricerca di un calore umano e di una comprensione mai ottenute.

Dire qualcosa di nuovo, e di meritevole di ascolto, su un personaggio ampiamente dibattuto dalle cronache degli ultimi decenni, oggetto perenne di articoli, racconti, opere di fiction e film (oltre a una quantità pressoché infinita di materiale da gossip) non è certo impresa facile. Ci prova, in questo nuovo spettacolo teatrale (in programma al Sistina di Roma dal 14 al 19 febbraio) il regista, scrittore e musicista Vincenzo Incenzo, proponendo una sorta di monologo in forma di musical affidato alla voce (e alla presenza scenica) di Serena Autieri. Un monologo che, come suggerisce il titolo dell’opera (Diana & Lady D) si sdoppia in realtà in un teso dialogo interiore tra le due diverse dimensioni, pubblica e privata, del personaggio.

La Diana col volto della Autieri ripercorre così la complessa esistenza del personaggio, a partire dall’infanzia nelle campagne del Norfolk, dal trauma della separazione dei genitori e da una vita scolastica segnata dalla voglia di vendicare, col fallimento, la mancanza di attenzioni ricevute. E poi, il breve sogno dell’incontro col principe Carlo, subito infranto in un matrimonio che avrebbe trasformato definitivamente la vita della giovane principessa, costretta in una dimensione pubblica asfissiante, origine della scissione al centro dell’opera.

In mezzo, una serie di numeri musicali equamente divisi tra composizioni pop anglosassoni e italiane, a contrappuntare momenti onirici e introspettivi, scenicamente illustrati dalle danze che vedono coinvolte le sei abili (e mute) “spalle” della protagonista. Al centro di tutto troviamo la perenne tensione interiore del personaggio che si sposta verso l’esterno, verso un’icona che è già tragica in nuce, consapevole in qualche modo della fine imminente, ma proprio per questo bisognosa di una difficile, quanto necessaria, ricomposizione.

Per raccontare una figura come quella di Lady D, inesausta fonte di fascino e suggestioni, Vincenzo Incenzo sceglie in Diana & Lady D una forma abbastanza originale: quella del monologo interiore – variante dello stream of consciousness di joyciana memoria – che penetra la psiche del personaggio evidenziandone efficacemente la scissione. In questo processo, si rivela molto efficace la scelta delle scenografie – divise tra ambienti puramente astratti, alternati ad altri che trasfigurano fantasticamente location reali – mentre i numeri coreografici illustrano simbolicamente, in modo ora più nervoso ora più disteso, il complesso mondo interiore della protagonista. L’intero comparto tecnico dello spettacolo, a partire dalla fattura delle scenografie e delle luci, per arrivare all’esecuzione dei pezzi musicali, è ovviamente di tutto rispetto, tradotto in una sontuosità che si fa più intimista laddove le esigenze del soggetto lo richiedono.

Questo Diana & Lady D, impeccabile nella “confezione”, sembra tuttavia prigioniero della sua dimensione mainstream, della voglia di arrivare a un pubblico più vasto possibile, sacrificando sovente rigore e autenticità. La stessa prova della protagonista, improntata a un registro di recitazione esplicito e stentoreo, poche volte riesce a raggiungere veri picchi di emozione: fermo restando che non era affatto facile reggere, sostanzialmente in solitaria, uno spettacolo di quasi due ore, i limiti che la recitazione della Autieri denuncia sono perlopiù frutto di una precisa scelta di registro, nel segno della declamazione piuttosto che della suggestione. Così, poche volte il travaglio interiore del personaggio emerge davvero, tra le pieghe di una ricostruzione che si preoccupa troppo di rendersi leggibile (a volte in modo didascalico) per il suo pubblico di riferimento. Ci si può inoltre, legittimamente, interrogare sull’opportunità delle scelte musicali, nonché su alcune discutibilissime versioni di classici del rock (su tutti, il brutto adattamento italiano della Bohemian Rhapsody dei Queen): anche in questo caso, scelte magari maggiormente nel segno dell’understatement, più in linea col dichiarato carattere intimista dell’opera, avrebbero certamente giovato al risultato complessivo.

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Scheda

Scritto da: Vincenzo Incenzo
Regia: Vincenzo Incenzo
Durata: 90’
Genere: Dramma, Musical
Cast: Serena Autieri
Coreografia: Bill Goodson
Direzione Musicale: Maurizio Metalli
Costumi: Silvia Fratolillo

Date: 14/02/2017 – 19/02/2017

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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