THE VISIT
Dopo i recenti fallimenti commerciali, M. Night Shyamalan riparte dal basso, da un prodotto indipendente a budget contenuto: The Visit è un horror ironico e godibile, che non fa pesare più di tanto le contraddizioni su cui si regge il filone del found footage.
Visita con sorpresa
Paula è una donna separata, madre di due ragazzini, Rebecca e Tyler. La donna non parla coi suoi genitori da quindici anni, da quando lasciò la casa di famiglia per andare a vivere con un uomo molto più grande. Ora, dopo che l’uomo ha abbandonato Paula, l’anziana coppia ha deciso di riallacciare i contatti con la figlia, e di conoscere i nipoti. I due ragazzi passeranno una settimana nella vecchia casa dei nonni, in Pennsylvania; Rebecca, aspirante filmaker, decide di documentare la visita realizzandone un filmato. Il soggiorno dei due ragazzi inizia nel migliore dei modi: tuttavia, a Rebecca e Tyler viene chiesto di non uscire mai dalla loro stanza dopo le 21.30, e di non entrare in cantina. Col passare del tempo, i due fratelli vedono moltiplicarsi i comportamenti strani da parte dei nonni; quando i due trasgrediscono il “coprifuoco” notturno, spiando le azioni della nonna nella casa buia, capiscono che il problema è più serio di quanto pensassero.
A due anni dal precedente After Earth – film su commissione, gravato dalla pesante influenza del protagonista e produttore Will Smith – M. Night Shyamalan cambia radicalmente registro e dimensioni produttive. Il cineasta americano, in cerca di un riscatto dopo i deludenti riscontri di critica e box office dei suoi ultimi lavori, ha tentato stavolta la carta di una produzione indipendente: per far ciò, si è affidato alla factory di Jason Blum (sorta di nume tutelare per tutto il cinema di genere indipendente dell’ultimo decennio) e a un filone come quello del found footage horror. Questo The Visit, per il cinema di Shyamalan, rappresenta la prima incursione in un genere apparentemente lontano dall’estetica del regista; tuttavia, la mente corre qui a una delle sequenze più d’effetto di Signs (l’apparizione improvvisa dell’alieno in un filmino amatoriale) che offriva un piccolo saggio della capacità di Shyamalan di sorprendere, e spaventare, anche con un approccio più sanguigno e viscerale all’immagine.
Di quell’approccio, questo nuovo lavoro è imbevuto, senza tuttavia che siano tralasciate alcune delle tematiche ricorrenti del regista: il nucleo familiare come rifugio e fonte di calore, spesso minacciato dall’esterno; i legami spezzati e oggetto di un faticoso tentativo di ricomposizione; il seminterrato come luogo topico per la trama, custode di segreti o punto di svolta narrativamente fondamentale per tutto l’intreccio. In un approccio generalmente più libero e personale di quello mostrato nei precedenti lavori, il regista riannoda un fil rouge – che pareva in parte spezzato – con le sue prime regie, mostrando una nuova via possibile per il suo cinema.
In un filone dai paletti piuttosto stretti, come quello del found footage, Shyamalan riesce a mostrare in The Visit inventiva e personalità, sfruttando al meglio la cornice della trama e le caratteristiche dell’ambientazione. I due diversi filmati realizzati dai due fratelli, di cui vediamo una sorta di montaggio successivo, rappresentano ovviamente una trovata pretestuosa per dare una forma cinematografica al prodotto: trovata che tuttavia, nella sua semplicità, si rivela efficace. Si nota un approccio nettamente più personale di quello rilevato nei precedenti film del regista (specie parlando di opere su commissione come L’ultimo dominatore dell’aria e After Earth) unitamente a un ritorno ad alcune delle sue tematiche predilette, e a una gestione della narrazione ormai immediatamente riconoscibile.
La scansione temporale aggiunge fascino e atmosfera al racconto, mentre la sceneggiatura organizza efficacemente in un crescendo i segni di minaccia che progressivamente si stringono intorno ai due ragazzini. Shyamalan riesce a inserire in una struttura fortemente codificata (diremmo persino stereotipata) un’evidente impronta melò; ciò è evidente sia nello spunto da cui tutta la trama muove (l’abbandono, quello della giovane donna del nido familiare, e quello successivo del suo compagno) sia nella descrizione delle sue conseguenze. Queste ultime, in particolare, si esplicitano in uno svolgimento che si rivela libero (ed è un bene) dalla retorica un po’ pedante che aveva caratterizzato altre opere del regista.
È anche vero che lo spunto di partenza, una volta svelati i contorni della trama, si rivela leggermente pretestuoso: evitando, ovviamente, di fare rivelazioni, ci limitiamo a dire che il tutto si regge su una serie di presupposti obiettivamente un po’ esili. Siamo, comunque, dalle parti di un prodotto di genere di cui bisogna accettare anche logiche che (a volte) prescindano dalla credibilità. Accettate queste premesse, The Visit resta un godibilissimo b-movie (bandita, qui, qualsiasi accezione negativa del termine), testimonianza a sorpresa – ma ben accetta – della ritrovata vitalità di un regista che era stato dato troppo frettolosamente per finito.
Scheda
Titolo originale: The Visit
Regia: M. Night Shyamalan
Paese/anno: Stati Uniti / 2015
Durata: 94’
Genere: Horror, Thriller
Cast: Kathryn Hahn, Peter McRobbie, Benjamin Kanes, Celia Keenan-Bolger, Deanna Dunagan, Ed Oxenbould, Samuel Stricklen, ivia DeJonge
Sceneggiatura: M. Night Shyamalan
Fotografia: Maryse Alberti
Montaggio: Luke Franco Ciarrocchi
Produttore: Marc Bienstock, M. Night Shyamalan, Jason Blum
Casa di Produzione: Blinding Edge Pictures, Blumhouse Productions
Distribuzione: Universal Pictures
Data di uscita: 26/09/2015