VALERIAN E LA CITTÀ DEI MILLE PIANETI
di Luc Besson
Film che segna il ritorno alla fantascienza per Luc Besson – 20 anni dopo il precedente Il quinto elemento – Valerian e la città dei mille pianeti soffre di una confezione ipertrofica e di una narrazione frammentata e slabbrata, capace di ingenerare presto un inusitato senso di tedio.
Tedio interplanetario
Valerian e Laureline sono due agenti speciali dei territori umani, che vengono assegnati a una pericolosa missione su Alpha, metropoli galattica multietnica. Sulla stazione di Alpha, infatti, sembra essersi liberato un pericoloso virus, che sta contaminando l’intero territorio e ha già provocato la scomparsa di una squadra di militari inviati sul posto. Il comandante Flitt, che deve raggiungere la stazione per tenere una conferenza sulla crisi, incarica i due agenti di scortarlo nel viaggio. Una volta su Alpha, tuttavia, la stazione viene attaccata e Flitt rapito: quando Valerian e Laureline si mettono sulle sue tracce, scoprono una cospirazione che affonda le sue radici in un’antica guerra, e in un’ingiustizia perpetrata nel passato.
Dopo la pausa degli anni 2000, la prevalente attività di produttore, e lo sviluppo di una factory capace di contendere l’appeal commerciale (e una consistente fetta di incassi) ai colossi hollywoodiani, Luc Besson è tornato da qualche anno a una regolare attività dietro la macchina da presa. L’ha fatto, l’ex enfant prodige di Le grand bleu e Nikita, adeguando il suo stile ai tempi, nonché ai modelli estetici e produttivi a cui lui stesso ha voluto guardare per i film da lui prodotti. Tra la saga animata di Arthur e il popolo dei minimei e gli esperimenti postmoderni di Angel-A e Lucy, passando per l’affresco storico di The Lady, il cinema di Besson occhieggia in modo esplicito i blockbuster hollywoodiani, con un’attenzione prevalente, a tratti quasi ossessiva, per la cura della “confezione” e per un’estetica accattivante per larghe fasce di pubblico.
Con questo Valerian e la città dei mille pianeti, ispirato a un fumetto francese del 1967, Besson compie tuttavia un salto produttivo importante, dando vita a quella che è in assoluto la produzione più costosa della storia del cinema francese: 197 milioni di euro in tutto, un budget più che doppio rispetto al film che deteneva il precedente record (Asterix alle Olimpiadi, che si attestava sui 78 milioni di euro). Il film segna anche il ritorno del regista francese alla fantascienza, 20 anni dopo l’ambizioso Il quinto elemento: e lo fa scegliendo un soggetto che (si dice) fu addirittura tra le fonti di ispirazione di George Lucas per la sua saga di Guerre stellari, e che vede come ambientazione un universo sci-fi di notevole complessità, potenzialmente in grado di generare una nuova saga. Un universo in cui Besson, alla recente fascinazione per il digitale e il green screen, ha aggiunto qui l’uso del 3D, altro elemento teso ad avvicinare il suo film agli analoghi prodotti hollywoodiani.
L’universo di Valerian e la città dei mille pianeti, mutuato dal fumetto originale, genera un fascino “di rimando” che non può non incuriosire lo spettatore cresciuto a pane e Guerre stellari. La fascinazione per un modello di sci-fi così complessa, capace di mescolare l’avventura di genere a riflessioni (qui solo accennate, ma presenti in nuce nel soggetto) su temi quali la politica, il potere e il rispetto delle diversità, avrebbe meritato una realizzazione – soprattutto narrativa – ben più accurata di quanto il film è riuscito a mostrare.
In linea con l’attuale, poco esaltante corso della carriera di Luc Besson, Valerian e la città dei mille pianeti trasforma infatti il fumetto originale in un film ridondante, fintamente magniloquente, dal comparto visivo gratuitamente ipertrofico. Le roboanti sequenze d’azione di cui il film è infarcito sono spesso tirate inutilmente per le lunghe (vedi la lunghissima sequenza, in flashback, dell’attacco al pianeta Mül), mentre il regista sembra divertirsi a far avvicendare, davanti agli occhi dello spettatore, coloratissimi fondali che si mescolano senza soluzione di continuità; il tutto, con un’estetica da shoot ‘em up in prima persona (l’universo videoludico è occhieggiato più volte) che, traslata tal quale sullo schermo, genera noia e fastidio.
La sceneggiatura, disunita e inutilmente dilatata (i 137 minuti del film sono decisamente troppi) perde spesso di vista il plot principale, disperdendosi in sottotrame poco incisive (l’accennata vicenda della mutante Bubble, interpretata da Rihanna) e riacquistando un minimo di compattezza solo negli ultimi tre quarti d’ora. Ai limiti narrativi e di regia di Valerian e la città dei mille pianeti si somma inoltre una recitazione poco incisiva, che ai due legnosi protagonisti (impegnati in un accenno di stereotipata love story) unisce le poco convinte prove del resto del cast, malamente sprecato in caratteri monodimensionali. Il flop del film al botteghino statunitense, dalla portata direttamente proporzionale alle considerevoli risorse economiche che vi sono state investite, rende improbabile l’inizio di un nuovo (e invero poco auspicabile) franchise.
Scheda
Titolo originale: Valérian and the City of a Thousand Planets
Regia: Luc Besson
Paese/anno: Francia, Stati Uniti / 2017
Durata: 137’
Genere: Fantascienza, Azione
Cast: Ethan Hawke, Alain Chabat, Dane DeHaan, Rutger Hauer, Sam Spruell, Clive Owen, Peter Hudson, Cara Delevingne, Kris Wu, Pierre Cachia, Rihanna, Benoît Jacquot, David Saada, Eric Rochant, Florian Guichard, Gérard Krawczyk, Herbie Hancock, Hippolyte Burkhart-Uhlen, Louis Leterrier, Olivier Megaton, Stéphane Mir, Thierry Barthe, Xavier Giannoli
Sceneggiatura: Luc Besson
Fotografia: Thierry Arbogast
Montaggio: Julien Rey
Musiche: Alexandre Desplat
Produttore: Virginie Besson-Silla, Dylan Haggerty, Luc Besson
Casa di Produzione: Orange Studio, TF1 Films Production, OCS, BNP Paribas, Universum Film (UFA), EuropaCorp, Novo Pictures, River Road Entertainment, Fundamental Films
Distribuzione: 01 Distribution
Data di uscita: 21/09/2017