OGNI TUO RESPIRO
di Andy Serkis
Esordio dietro la macchina da presa di Andy Serkis, Ogni tuo respiro punta a raccontare la vita e il riscatto di una figura importante quanto poco nota qual è quella di Robin Cavendish; ma la sua descrizione è ridondante, e l'affresco storico mal si coniuga con un biopic ricco di lungaggini e poco centrato.
Aneliti di vita
Kenya, 1958. Robin Cavendish, uomo d’affari inglese in viaggio nel paese africano, contrae la poliomelite. Ricoverato d’urgenza, l’uomo subisce una paralisi totale dal collo in giù, riuscendo a sopravvivere solo grazie all’uso di un respiratore artificiale. In preda alla disperazione dopo l’ospedalizzazione forzata, Cavendish chiede invano l’eutanasia. Con l’aiuto della moglie, tuttavia, l’uomo riesce gradualmente a superare la depressione dovuta alla sua condizione, chiedendo e ottenendo l’uscita dall’ospedale e le cure domestiche. Rinfrancato dalla nuova atmosfera, e aiutato da sua moglie, Cavendish progetta una speciale sedia con respiratore, che possa aiutare i malati di poliomelite in condizioni analoghe alla sua, diventando un attivista per i diritti dei disabili.
C’era un po’ di curiosità intorno a questo Ogni tuo respiro, esordio dietro la macchina da presa di Andy Serkis, principalmente a causa di un genere e di un tema (rispettivamente il biopic e la disabilità) molto lontani da quelli che hanno fatto la fortuna dell’attore britannico nelle sue varie interpretazioni. Forte di un concetto di “visibilità” sui generis, praticamente unico nella storia del cinema (il suo successo, dal Gollum de Il signore degli anelli e Lo Hobbit, al Cesar de L’alba del pianeta delle scimmie, è stato ottenuto con ruoli che ne nascondevano del tutto o in gran parte le fattezze), Serkis si presta a un progetto voluto e portato avanti dal produttore Jonathan Cavendish, figlio dell’attivista di cui il film racconta la vita.
Ogni tuo respiro (semplicemente Breathe in originale), racconta una figura storica rimasta nell’ombra, che svolse un’attività fondamentale nell’ottica di una ridefinizione del concetto di disabilità, così come in quella del suo trattamento. Il Robin Cavendish interpretato da Andrew Garfield, nel film, si fa infatti emblema di una condizione che, per com’è approcciata all’inizio del suo calvario, risulta praticamente sovrapposta a quella dei prigionieri di un carcere. Una sovrapposizione ben riassunta nella sequenza della visita del protagonista in una struttura di cura, con i malati immobilizzati in tubi d’acciaio, in una stanza asettica, sotto la sorveglianza della stessa autorità ministeriale che gestisce gli istituti penitenziari: l’instancabile opera di advocacy di Cavendish (concentrata soprattutto nella seconda parte del film) va a dare voce a questo popolo invisibile.
Al registro del biopic, il film sovrappone quello del dramma romantico, concentrandosi per larga parte della sua durata sul rapporto del protagonista con la sua consorte (interpretata da Claire Foy), e su quello col figlio Jonathan, seguito dallo script a partire dalla sua nascita fino all’adolescenza. Il racconto della vita di Cavendish, divisa tra la sua dimensione pubblica e quella privata (sempre più influenzata dal suo attivismo sociale) va a coprire così un largo tratto di storia, dall’inizio della sua malattia nel 1958 fino alla sua morte, avvenuta nel 1994.
La scelta di raccontare la vita di un uomo la cui attività ha rappresentato certamente un punto di svolta importante per la cura della disabilità, ma la cui figura resta ingiustamente nell’ombra, è certo un titolo di merito dal punto di vista puramente divulgativo. Unitamente a questo, Andy Serkis riesce nella seconda parte (seppur tardivamente) a dare un certo respiro alla dimensione pubblica della vita di Cavendish, girando anche alcune riuscite sequenze (tra tutte, ricordiamo quella, già citata, della visita del protagonista presso la struttura di cura in Svizzera). I principali meriti di Ogni tuo respiro, comunque, sono divulgativi, e consistono nella curiosità che il film provoca per l’approfondimento della biografia del protagonista, e del tema in generale.
Purtroppo, tuttavia, nel suo tentativo di fondere biopic e melodramma il film di Serkis manca complessivamente il bersaglio, facendosi portatore di un’enfasi posticcia sul lato patetico/sentimentale della vicenda, tutta esteriore, priva di credibilità e autentico coinvolgimento. La scolastica sceneggiatura si concentra per i tre quarti del film sulla vita familiare del protagonista, e sul rapporto con una Claire Foy che viene delineata come poco più che una martire monodimensionale; le zone d’ombra, i punti problematici del rapporto tra i due personaggi, lo sviluppo della dimensione genitoriale della vita di Canvendish, restano nascosti, per non dire fuori dal raggio di interesse del film. Complice un uso spregiudicato delle ellissi temporali, della vita del protagonista finiamo per non sapere molto più che a inizio visione, restando agganciati a una superficiale visione salvifica della sua missione (e del suo rapporto con il personaggio della Foy), priva di un vero approfondimento psicologico. Tutto dolly e commenti sonori ridondanti, Ogni tuo respiro è appesantito anche da una non convincente prova di Andrew Garfield, dalla gamma espressiva poco varia e insufficiente, certo non adeguata alla complessità (potenziale) del personaggio.
Scheda
Titolo originale: Breathe
Regia: Andy Serkis
Paese/anno: Regno Unito / 2017
Durata: 117’
Genere: Drammatico, Sentimentale, Biografico
Cast: Andrew Garfield, Claire Foy, David Wilmot, David Butler, Ed Speleers, Jonathan Hyde, Ben Lloyd-Hughes, Camilla Rutherford, Miranda Raison, Roger Ashton-Griffiths, Tom Hollander, Amit Shah, Andre Jacobs, Charles Streeter, Dallon Brewer, Deacon Brewer, Emily Bevan, Patrick Godfrey, Penny Downie, Pixie, Steven O’Donnell, Terry Norton
Sceneggiatura: William Nicholson
Fotografia: Robert Richardson
Montaggio: Masahiro Hirakubo
Musiche: Nitin Sawhney
Produttore: Ron Ames, Jonathan Cavendish, Jane Robertson
Casa di Produzione: Imaginarium Productions
Distribuzione: BiM Distribuzione
Data di uscita: 16/11/2017