I FIGLI DEL FIUME GIALLO
di Jia Zhangke
Già presentato in concorso a Cannes, I figli del fiume giallo è una nuova, limpida ricognizione sui temi prediletti dal cinema di Jia Zhangke; il regista esplora l’amore e lo scorrere del tempo nella travagliata vicenda di due amanti, sullo sfondo di un paese che si trasforma.
Le ceneri del tempo
Dopo la parabola di amore, amicizia e disillusioni di Al di là delle montagne, film che raccontava le vicende di una famiglia cinese durante tre distinti periodi storici, Jia Zhangke continua a esplorare e sviscerare quelli che da sempre sono i suoi temi prediletti; temi che coinvolgono tanto la dimensione degli affetti quanto quella pubblica (e politica) dei mutamenti della Cina moderna. Questo I figli del fiume giallo (titolo che sostituisce l’internazionale – e più calzante – Ash is Purest White), già presentato, come il suo predecessore, nel concorso del Festival di Cannes, è una nuova ricognizione sugli sconvolgimenti di un paese in perenne mutamento, colto da istanze di rinnovamento radicali e contraddittorie, spesso comportanti la pura e semplice sepoltura del passato. Non può tuttavia essere sepolto nella memoria, il passato di Bin e Qiao, lui boss del “jianghu” – nome dato a una delle Triadi locali – lei sua combattiva compagna. Quando Bin viene aggredito da una banda rivale, che lo picchia selvaggiamente lasciandolo in fin di vita, Qiao non esita a usare la pistola per spaventare i membri della gang; lo fa, la donna, pur consapevole che ciò le costerà il carcere. Ma non consapevole, forse, di quanto quel gesto finirà per cambiare per sempre la vita di entrambi.
Tre tempi, due vite
Si articola anch’esso su tre distinti piani temporali, I figli del fiume giallo, piani che vengono evidenziati dalla trama in modo limpido, senza bisogno di didascalie: i dialoghi rivelano di volta in volta gli anni in cui la storia si svolge (2001, 2006 e 2017), ma a segnare visivamente lo scorrere del tempo sono i telefonini, gli apparecchi televisivi, e soprattutto i volti sempre più sofferenti dei protagonisti – così come quelli degli ambienti che di volta in volta abitano. La vecchia città mineraria di Datong, sormontata da un vulcano che lascia intorno a sé cenere del bianco più puro – ciò che resta dopo la distruzione – è un corpo morente pronto a mutare da dentro la sua fisionomia, popolato da un’umanità che nonostante tutto non vuole abbandonarlo. Bin non emigrerà verso i centri del mutamento post-industriale, anche quando il suo boss viene ucciso, anche quando si rende conto che sia lui che Qiao sono in pericolo; lui ha il codice d’onore del jianghu – termine che originariamente indicava le arti marziali dell’antica Cina – inciso nell’anima, rinverdito dalle continue visioni di vecchi gangster movie, e dalle onnipresenti note del tema di The Killer di John Woo. Lui è sinceramente convinto che quel codice permei tutto, uomo e natura, cultura e società, come un’entità immutabile e trascendente. L’irruzione, brutale, della fallacia umana nella forma di un violento pestaggio, si incaricherà di dimostrargli il contrario.
Territori e individui che mutano
Di nuovo, nella costruzione filmica di Jia i mutamenti personali – quelli più dolorosi, che coinvolgono tanto l’invecchiamento e la disillusione, quanto l’amore e la sua assenza – si sovrappongono a quelli ambientali, incarnati plasticamente da un paesaggio che muta, appassisce e si ristruttura. Non c’è più posto, nella Dantong del 2017, per i piccoli locali in cui il pezzo di Sally Yeh era sottofondo costante, o per i teatri polverosi in cui venivano rappresentati vecchi spettacoli di danza: il volto della città è ora quello del postmodernismo rampante, incarnato in un capitalismo che (spogliato dalle illusioni democratiche occidentali) mostra tutto il suo volto predatorio. Solo il vecchio locale di Bin e Qiao resta a testimonianza di ciò che fu, abitato da reduci a loro volta abbrutiti, e da giovani camerieri che bellamente ignorano le norme che prescrivono il rispetto dei capi. Il jianghu è ormai un fantasma, ben più doloroso e reale, nel suo carattere di promessa non mantenuta, di quelli evocati per danneggiare il vecchio boss del mercato immobiliare, a inizio film. Da quando Qiao esce dal carcere, quindi già dal suo primo contatto con l’”aliena” provincia di Hubei nel 2006, la donna scopre che è ora il denaro a misurare la capacità di stare in modo funzionale nella società: ogni sua interazione (dal furto subito alle truffe che a sua volta mette in atto, passando persino per il viaggio in moto) è misurabile in termini di profitti e perdite. Un processo culminato nell’incontro con un Bin cambiato, che ha addentato il mutamento come una tigre, accettando il rischio di venirne a sua volta sbranato.
La memoria che resiste
A controbilanciare le ferite inferte ai corpi individuali e a quello sociale, a un territorio che ha lasciato a testimonianza di sé solo pulviscolo di cenere, come frammenti di memorie spezzate, la dimensione magica, incarnata dalla visione di un disco volante che solca i cieli; una digressione fantastica non nuova per il cinema del regista, perfettamente in linea col tono narrativo che caratterizza tutto I figli del fiume giallo; propedeutica – per la protagonista – a un ritorno a casa tanto doloroso quanto necessario. Il jianghu non abiterà forse più dalle parti di Bin e Qiao, l’etica si è probabilmente dissolta e i vecchi codici d’onore non hanno più valore; ma la memoria, guida all’azione e metro di giudizio del presente, continua a premere ai margini della coscienza. Inesorabile, e capace una volta di più di disarmare (in molti sensi) un individuo.
Scheda
Titolo originale: Jiānghú érnǚ
Regia: Jia Zhangke
Paese/anno: Cina, Francia, Giappone / 2018
Durata: 150’
Genere: Sentimentale, Drammatico
Cast: Diao Yinan, Feng Xiaogang, Liao Fan, Xu Zheng, Zhang Yibai, Zhao Tao
Sceneggiatura: Jia Zhangke
Fotografia: Eric Gautier
Montaggio: Matthieu Laclau
Musiche: Lim Giong
Produttore: Shôzô Ichiyama, Nathanaël Karmitz, Olivier Père
Casa di Produzione: Office Kitano, Xstream Pictures, MK2 Productions
Distribuzione: Cinema
Data di uscita: 09/05/2019
La prima foto della galleria è del nuovo film di Bi Gan, con Tang Wei, Long Day’s Journey into night, anch’esso molto interessante.
L’immagine era stata erroneamente inserita nella galleria e come copertina. L’abbiamo sostituita. Grazie per la segnalazione!