CATTIVE ACQUE
di Todd Haynes
Passando dal melò al dramma di impegno civile, il cinema di Todd Haynes si fa più sobrio e si mette al servizio della storia; ma in Cattive acque non manca la tensione, quella di una battaglia pluridecennale che impatta (anche) col quotidiano dello spettatore.
Veleni quotidiani
Esploratore da sempre dei generi hollywoodiani più classici (il biopic di Velvet Goldmine, il melò di Lontano dal paradiso e Carol) a un regista come Todd Haynes mancava ancora di cimentarsi nel cinema di impegno civile. L’occasione, in questo Cattive acque, è data dall’incontro con Mark Ruffalo, che lo ha voluto per questo progetto da lui pensato e prodotto: l’ispirazione è un articolo del giornalista Nathaniel Rich, pubblicato sul New York Times Magazine (intitolato The Lawyer Who Became DuPont’s Worst Nightmare) che documentava come un avvocato di Cincinnati avesse intentato una causa milionaria contro la DuPont, colpevole di aver avvelenato l’acqua potabile con i suoi sversamenti nei corsi d’acqua della zona di Parkesburg, in Virginia Occidentale. Il film segue dunque la vicenda del protagonista Robert Bilott – interpretato dallo stesso Ruffalo – nella sua lunga battaglia contro il colosso della chimica, svoltasi nel corso di circa un ventennio (l’arco temporale coperto dal film si estende dal 1998 fin quasi ai giorni nostri).
Dopo il melò sui generis – non del tutto riuscito, ma certo molto personale – di La stanza delle meraviglie, Haynes prende così di petto in Cattive acque uno dei filoni più frequentati dal cinema americano di ieri e di oggi, aggiornandolo a una sensibilità moderna che – complice la cronaca recente, e la portata delle attuali battaglie per l’ambiente – è in grado di trovare un pubblico particolarmente ricettivo. Ciò che stupisce, guardando questo nuovo lavoro del regista americano, è la sobrietà del tono, che pone il film agli antipodi rispetto a molti suoi lavori del passato: non ci sono più le sperimentazioni estetiche (e fotografiche) di opere come Carol, né la narrazione su piani sfalsati del già citato La stanza delle meraviglie. Sul modello di molti esempi della New Hollywood degli anni ’70 – il riferimento ideale è al classico Tutti gli uomini del presidente – Cattive acque mantiene uno stile registico sobrio, privo di scossoni o impennate, in cui il regista si mette al servizio della storia e del suo protagonista. La stessa fotografia mantiene toni desaturati, coerenti con la plumbea atmosfera del film.
Si potrebbe obiettare, rispetto a questo Cattive acque, su come un regista normalmente dalla forte impronta personale come Haynes diriga qui un prodotto dal taglio più standardizzato, che per la sua stessa natura gli concede molto meno spazio per l’emersione delle sue tematiche. Ciò, tuttavia, è solo in parte vero, come si può scoprire nel corso del film: la minuta ricostruzione dell’inchiesta, infatti, e le varie parentesi processuali del film, vengono alternate sapientemente alla descrizione del dramma dell’avvocato interpretato da Ruffalo, sempre più solo e sempre maggiormente assorbito da una battaglia che finisce per consumarlo nell’anima. È interessante, a questo proposito – ed è anch’esso un punto collegato ai modelli storici del film di Haynes – il modo in cui il film alterna la dimensione pubblica del personaggio a quella familiare, con il deterioramento del rapporto con la moglie interpretata da Anne Hathaway, e la graduale emersione della dimensione di “missione” del lavoro dell’avvocato. Haynes, in questo, gioca soprattutto sul passato del personaggio (che era stato avvocato per la stessa DuPont) che finisce per trovarsi gradualmente sempre più isolato, dopo essere passato dall’altra parte della barricata.
Haynes adopera in Cattive acque un taglio cronachistico e descrittivo, riuscendo abilmente a evitare le trappole della retorica; nell’arco narrativo del film, scandito dalle didascalie e ben capace di rendere la portata di una battaglia lunga ed estenuante, non viene attivato quasi mai il tono da pamphlet politico, preferendo offrire allo spettatore i dati grezzi (quelli di un avvelenamento pluridecennale) e lasciando che la tensione emerga spontaneamente dalla narrazione. Una tensione che comunque, nelle circa due ore di durata di Cattive acque, è sempre presente in modo sotterraneo; la sensazione che si ha è quella di un meccanismo enorme, di un potere economico inevitabilmente colluso con la politica, a cui il protagonista si oppone contando solo sulle sue poche forze. Il tutto si traduce in un tour de force attoriale notevole, per Ruffalo, che ben delinea le trasformazioni del personaggio lungo tutta la trama, rendendone al meglio lo spaesamento derivato da un impresa descritta come titanica. Il film, in questo, riesce anche a far sentire la sua vicinanza – concreta prima che ideale – al quotidiano dello spettatore, gettando una luce inquietante (e attualissima) sul modo in cui i moniti della scienza vengono tuttora ignorati in nome del potere economico. Acque cattive, dunque – in senso metaforico oltre che letterale – ma forse non (ancora) irrimediabilmente contaminate.
Scheda
Titolo originale: Dark Waters
Regia: Todd Haynes
Paese/anno: Stati Uniti / 2019
Durata: 126’
Genere: Biografico, Drammatico
Cast: Mark Ruffalo, Anne Hathaway, Victor Garber, Bill Camp, Bill Pullman, William Jackson Harper, Jeffrey Grover, Kevin Crowley, Louisa Krause, Mare Winningham, Tim Robbins, Abi Van Andel, Barry G. Bernson, Barry Mulholland, Brian Gallagher, Bruce Cromer, Bucky Bailey, Daniel R. Hill, Denise Dal Vera, Jim Azelvandre, John Newberg, Marcia Dangerfield, Michael Haney, Michael King, Richard Hagerman
Sceneggiatura: Mario Correa, Matthew Michael Carnahan
Fotografia: Edward Lachman
Montaggio: Affonso Gonçalves
Musiche: Marcelo Zarvos
Produttore: Pamela Koffler, Timothy Bird, Christine Vachon, Mark Ruffalo
Casa di Produzione: Participant, Willi Hill, Killer Content
Distribuzione: Eagle Pictures
Data di uscita: 20/02/2020