CALIBRO 9
Va dato atto a Toni D’Angelo di aver avuto una buona dose di coraggio nell’approcciarsi a un classico come Milano calibro 9 di Fernando Di Leo, ma anche di intelligenza nel non aver cercato di replicarne gli stilemi; nonostante ciò, Calibro 9 resta poco più di un discreto action movie prodotto nel 2020, gravato da alcuni problemi di sceneggiatura che gli impediscono di considerarsi pienamente riuscito. Fuori concorso al Torino Film Festival 2020.
Braccati del passato
Dare un seguito, nel 2020, a un classico come Milano calibro 9 di Fernando Di Leo può apparire quasi come una bestemmia. Va quindi dato atto a Toni D’Angelo di aver mostrato una buona dose di coraggio nell’approcciarsi al film originale in modo diretto, immaginando i suoi personaggi – o meglio, i loro eredi – circa 45 anni dopo. L’estetica è inevitabilmente cambiata, così come è stato aggiornato lo spunto di partenza: c’è di nuovo una sottrazione di denaro, alla base della trama di Calibro 9, ma stavolta il furto viaggia sui binari virtuali del web. A sottrarre i soldi, una cliente (poi collaboratrice) di Fernando Piazza, brillanto avvocato penalista e figlio del noto criminale Ugo Piazza, ucciso 45 anni prima. La società che ha subito il furto è tuttavia una copertura per una potente organizzazione della ‘ndrangheta, che ora rivuole i soldi ed è pronta a far scoppiare una guerra tra cosche. La vita di Piazza si troverà così in pericolo, ma ad aiutarlo ci sarà una sua ex fiamma e collega, imparentata con una delle cosche coinvolte.
Inizia citando (e aggiornando) l’apertura del classico di Di Leo, Calibro 9, mostrando il percorso virtuale del denaro rubato che corre tra Francoforte, Montecarlo e Milano, coi passaggi di conto in conto gestiti da improvvisati complici. Il palcoscenico si fa quindi internazionale, anche se il centro principale dell’azione resta Milano: qui, il Fernando Piazza interpretato (con piglio sufficientemente sicuro) da Marco Bocci si trova a essere oggetto di una caccia all’uomo sempre più serrata, tra ex amici che gli voltano le spalle e complici pericolosi (l’avvocato interpretato da Ksenia Rappoport). Va detto che la sceneggiatura, scritta a otto mani da Luca Poldelmengo, Toni D’Angelo, Gianluca Curti e Marco Martani, evita gli ammiccamenti diretti al film del 1972, con l’eccezione del tema musicale di Luis Bacalov che entra a commentare un paio di sequenze. Per il resto, D’Angelo gira un action movie dalla fattura moderna, che evita di replicare pedissequamente (e questo è un bene) gli stilemi del noir all’italiana che fu. Le sequenze d’azione sono girate (e montate) con sufficiente fantasia, i quantitativi di violenza sono quelli strettamente necessari al soggetto.
Fedele alle regole del noir, Calibro 9 dipinge un protagonista in chiaroscuro, sufficientemente sgradevole per come viene presentato, ma capace di suscitare la giusta empatia nello spettatore per un soggetto braccato e in pericolo. Al suo fianco, una spalla femminile ugualmente ambigua, nipote di un boss e ancora di salvezza per il protagonista, a cui la Rappoport conferisce il giusto mix di fragilità e determinazione. Non va altrettanto bene coi personaggi di contorno, a cominciare da quello di Michele Placido, nel ruolo di un criminale della vecchia generazione, che entra ed esce dalla trama in modo apparentemente casuale, per proseguire col commissario di polizia col volto di Alessio Boni, da cui ci si continua ad aspettare (invano) un ingresso più sostanziale nell’intreccio. È invece perdonabile, nell’ottica dell’omaggio, l’inutilità sostanziale della figura della madre del protagonista, l’ex ballerina a cui Barbara Bouchet torna a dare il volto con la giusta dose di convinzione e autoironia.
Ciò che scricchiola, in questo Calibro 9, sono alcuni passaggi narrativi in cui si fa fatica a sospendere l’incredulità, uniti a parentesi romantiche tra i due protagonisti che risultano obiettivamente pacchiane e all’insegna del kitsch. La sceneggiatura cerca di costruire una trama di inganni, alleanze e tradimenti, di cui non sempre risultano chiarissimi tutti i passaggi, e che alla fine trasmette un’idea di confusione più che di voluta complessità. Il pregio del film di Toni D’Angelo è quello di mostrare una confezione più che dignitosa, con una fotografia che non soffre dell’aspetto da fiction televisiva di molti prodotti analoghi, e soprattutto quello di cercare una sua strada al noir nostrano, senza andare a rincorrere un modello inarrivabile – sia per mere ragioni di talento dei suoi creatori, sia perché i modelli produttivi del cinema italiano odierno sono decisamente cambiati. Calibro 9 risulta così un discreto noir prodotto nel 2020, che omaggia “lateralmente” (senza confrontarcisi) un classico del cinema di genere che fu. I suoi difetti di sceneggiatura impediscono tuttavia di inserire il film di Toni D’Angelo nel novro delle opere di cui probabilmente ci ricorderemo in questo 2020.
Scheda
Titolo originale: Calibro 9
Regia: Toni D’Angelo
Paese/anno: Italia / 2020
Durata: 90’
Genere: Noir, Azione, Poliziesco
Cast: Michele Placido, Antonio Zavatteri, Barbara Bouchet, Alessio Boni, Eric Godon, Marco Bocci, Andrea Arru, Christian Stamm, Idris Ibragimov, Jessica Cressy, Ksenia Rappoport, Temerlan Idigov, Adriano Summa, Andrea Garofalo, Annamaria Rossano, Ferruccio Ferrante, Gianluca Guidi, Mattia Bisonni, Nils Bokanowski, Paco Reconti, Pasquale Greco, Walter Cordopatri
Sceneggiatura: Luca Poldelmengo, Toni D’Angelo, Gianluca Curti, Marco Martani
Fotografia: Rocco Marra
Montaggio: Luigi Mearelli
Musiche: Emanuele Frusi, Vincenzo Adelini
Produttore: Gianluca Curti
Casa di Produzione: Rai Cinema, Minerva Pictures, Gapbusters