FORTUNA
In Fortuna, esordio nel lungometraggio di Nicolangelo Gelormini, un fatto di cronaca nera diventa un viaggio allucinato tra i corridoi e la terrazza di un enorme palazzo, in cui si dipana il sogno/incubo di una bambina. Il risultato ha il suo fascino, ma l’insieme è eccessivamente disunito e a tratti poco chiaro.
La cronaca trasfigurata
Sceglie un registro onirico per raccontare un fatto di cronaca agghiacciante, Fortuna, esordio nel lungometraggio di fiction del regista Nicolangelo Gelormini. Un evento, o meglio una serie di eventi, che portarono alla morte di una bambina di sei anni, culmine di una serie di documentate violenze sessuali su minori. Un calderone purulento, quello svelato dal regista, che tuttavia viene qui trasfigurato in una messa in scena allucinata, popolata da personaggi equivoci, da individui che si scambiano ruoli e identità, con al centro un luogo deputato (il terrazzo del gigantesco palazzo in cui gran parte della storia è ambientata) che assume un forte valore simbolico. Il tutto per narrare lo spaesamento, la voglia di fuggire, il dolore nascosto e inconfessabile di una protagonista (interpretata dalla giovanissima Cristina Magnotti) che cambia lei stessa in modo brusco, nella trama, a cominciare dall’elemento identitario principale (il nome).
Un’aliena in periferia
Il plot del film di Gelormini è incentrato sul personaggio della piccola Nancy (la già citata Cristina Magnotti), bambina che si è chiusa in se stessa e ha smesso di parlare; la premurosa madre Rita (Valeria Golino) decide di portare la piccola da una psicologa, Gina (Pina Turco), che tuttavia si rivela distratta e poco interessata. Nancy è convinta di chiamarsi Fortuna, e di essere un’aliena proveniente da un pianeta lontano; la bambina, supportata dai suoi due migliori amici, Anna e Nicola, crede che in un futuro molto prossimo gli abitanti del suo pianeta torneranno a riprenderla. La sua storia si dipana in un enorme palazzo della periferia di Napoli, fatto di corridoi interminabili, di cantine buie e di appartamenti dove si consumano loschi traffici, con un terrazzo in cui si organizzano feste condominiali e giochi per i più piccoli. Tuttavia, come presto scopriremo, dietro al mutismo di Nancy/Fortuna potrebbe esserci una realtà più oscura e complessa rispetto a quanto possa apparire a prima vista.
Due realtà per un incubo
Già apprezzato regista di corti e videoclip, oltre che assistente di Paolo Sorrentino, Nicolangelo Gelormini dimostra in Fortuna indiscussi gusto visivo e talento. Gli interni del palazzo in cui si svolge gran parte della storia sono ripresi come luogo minaccioso e opprimente, mentre le riprese della location dall’esterno danno un’idea del suo carattere conchiuso, autosufficiente e alienante; il regista gioca con le inquadrature geometriche, con i campi medi frontali, con una continua alternanza tra realtà e allucinazione che per gran parte della trama ci fa interrogare sulla veridicità di ciò che stiamo vedendo. La trama di Fortuna è divisa plasticamente in due parti, ognuna delle quali mostra una differente versione della realtà vissuta dalla protagonista, con l’uso di formati d’immagine diversi (1.33:1 nella prima parte, 1.85:1 nella successiva) e con una fotografia che nella seconda frazione vira decisamente sui toni più cupi. Il segreto al centro della trama si dischiude gradualmente, con una rivelazione finale che spinge a ripensare e reimmaginare ciò che si è visto. Una rivelazione che riallaccia il film alla cronaca, svelandone solo allora il tema di base.
La (non) armonia del racconto
Proprio nella scarsa integrazione del tema forte e della costruzione narrativa (e visiva) sta il principale problema di Fortuna. Il regista sovraccarica il film di immagini a effetto, di momenti onirici, di personaggi enigmatici, spezzettando oltremodo il tutto e dando un’impressione di confusione che non giova al risultato finale. Fortuna ricerca chiaramente lo spiazzamento, vuole raccontare l’orrore della cronaca attraverso una lente distorcente dal carattere quasi lynchiano, immergendo i suoi spettatori in un labirinto oscuro, simile a quello rappresentato dai corridoi del palazzo in cui si svolge l’azione. La metafora principale – quella dei “giganti” e del pericolo che rappresentano – risulta abbastanza trasparente una volta terminata la visione; tuttavia, il regista vi costruisce intorno un’impalcatura che spesso scricchiola, trasmettendo un’idea di non voluta disomogeneità, più che di ricercata sovrapposizione tra realtà e sogno. Il film sconfina a tratti in territori quasi horror, ma le singole sequenze restano prive di collante, i personaggi (vivi, morti e “ritornanti”) galleggianti in quadro d’insieme poco chiaro. Avendo l’ambizione di raccontare la cronaca coi toni del sogno/incubo, Gelormini finisce per farsi prendere troppo la mano, perdendo di vista il racconto e indugiando in modo forse eccessivo sull’effetto della singola sequenza. L’insieme ha il suo indubbio fascino, ma il suo carattere disunito finisce per pregiudicarne in parte l’efficacia.
Scheda
Titolo originale: Fortuna
Regia: Nicolangelo Gelormini
Paese/anno: Italia / 2020
Durata: 108’
Genere: Drammatico
Cast: Valeria Golino, Giovanni Ludeno, Libero De Rienzo, Pina Turco, Anna Patierno, Marcello Romolo, Cristina Magnotti, Denise Aisler, Leonardo Russo, Luciano Saltarelli
Sceneggiatura: Nicolangelo Gelormini, Massimiliano Virgilio
Fotografia: Agostino Vertucci
Montaggio: Nicolangelo Gelormini
Musiche: Golden Rain
Produttore: Davide Azzolini
Casa di Produzione: Indigo Film, Dazzle Communication, Rai Cinema
Distribuzione: I Wonder Pictures
Data di uscita: 27/05/2021