IO E LULÙ
Channing Tatum e Reid Carolin esordiscono dietro la macchina da presa con un road movie piccolo nelle dimensioni quanto sentito e ricco di sostanza: apprezzabile nel suo equilibrio tra dramma e commedia, Io e Lulù ha l’unico suo limite in una certa prevedibilità dell’intreccio, oltre che in qualche passaggio in cui resta difficile sospendere l’incredulità.
Due sulla strada
Per il suo esordio dietro la macchina da presa, in co-regia col socio e collaboratore abituale Reid Carolin, Channing Tatum sceglie in Io e Lulù la strada del road movie dal sapore indie. Un filone “sempreverde”, per il cinema americano, qui declinato dai due neoregisti come racconto di viaggio che diventa (anche) strumento di riscoperta del se, e di accettazione del dolore. Nel caso specifico, Tatum e Reid narrano una traversata della costa ovest degli Stati Uniti, che vede protagonisti Briggs, un ex ranger dell’esercito (interpretato proprio dall’attore/regista esordiente), e un pastore belga femmina di nome Lulù, appartenuto a un suo ex commilitone deceduto. La destinazione dei due è la città di Nogales, in Arizona, dove si terrà il funerale del militare. Sia Briggs che Lulù sembrano ormai essere stati respinti da quell’esercito che hanno servito per così tanto tempo: l’uomo soffre di disturbi neurologici e cerca disperatamente di essere reintegrato nei Ranger, ricevendo solo rifiuti; il cane, dopo la morte del padrone – che ha accompagnato per tanti anni in missione – è diventato aggressivo, e dovrà essere soppresso dopo il funerale. Il viaggio, per i due, sarà l’opportunità per entrare in contatto l’uno con l’altro, e forse dare a entrambi una nuova possibilità.
Tra humour e malinconia
Per questo Io e Lulù, Tatum e Carolin hanno scelto di ispirarsi a un recente documentario della HBO intitolato War Dog: A Soldier’s Best Friend (che lo stesso Tatum aveva co-prodotto), oltre che all’esperienza personale del protagonista: proprio al cane di quest’ultimo, di nome Lulù (scomparso nel 2018) il film è infatti dedicato. Un lavoro, quello dei due neoregisti, che utilizza il filone del road movie per narrare una vicenda piccola nelle dimensioni, intima nonostante la naturale estensione spaziale di un racconto di viaggio; una vicenda tutta basata sul contatto e l’empatia stabilitasi tra una coppia di outsider sui generis, entrambi giunti a un punto di svolta delle proprie esistenze.
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A livello di tono, il film di Tatum e Carolin mescola in modo decisamente efficace il dramma – abbondantemente trattato dal cinema americano – dei fantasmi della guerra e delle difficoltà di reambientarsi per un ex soldato, con la commedia per famiglie incentrata sull’amicizia tra un essere umano e un personaggio a quattro zampe. Una compresenza di registri ben gestita dalla sceneggiatura scritta dallo stesso Carolin, all’insegna di un umorismo a volte surreale (si veda il rocambolesco soggiorno dei due in un hotel a cinque stelle, o il successivo incontro con due coltivatori di marijuana), che tuttavia non esclude momenti crudamente realistici, e una generale malinconia di fondo.
(Ri)connessioni profonde
Insiste molto sui paesaggi e sulle tappe del viaggio dei due protagonisti, Io e Lulù, passando dai boschi del nordovest degli Stati Uniti – luogo per il protagonista di un ritiro forzato – alle brulle terre dell’Arizona, con tappe tra l’assolata costa californiana e le strade di San Francisco. L’allontanamento dalle zone più urbanizzate del paese sarà per l’ex militare l’occasione sia per entrare in una connessione più profonda con la memoria del commilitone scomparso (attraverso la lettura del suo diario), sia per stabilire un contatto autentico con quel suo apparentemente irascibile amico. Un viaggio che allontanerà il personaggio interpretato da Tatum, progressivamente, dalla necessità di tenere in vita un passato disperatamente rincorso, con risultati di volta in volta tragicomici (si veda l’incontro con le due prostitute all’inizio, prontamente rovinato da Lulù) o grottescamente disastrosi (il divertente episodio dell’hotel, che vede il protagonista fingersi cieco). In questo, ci sarà spazio anche per i tentativi di riconnessione tanto di Briggs, quanto di Lulù, con i rispettivi affetti familiari: due momenti affidati rispettivamente alla sequenza dell’incontro dell’ex militare con la famiglia (gestita in modo apprezzabilmente pudico dalla regia) e a quella della visita al padrone del gemello di Lulù. Episodi in cui le ferite della guerra torneranno a tormentare in modi diversi l’ex soldato, con una rabbia che arriva anche a sopraffare il più basilare senso di umanità – si veda l’episodio del furto e della reazione del protagonista.
Levità e sostanza
Il tono di Io e Lulù resta comunque prevalentemente (e apprezzabilmente) lieve: un tono in cui la componente più melò viene efficacemente tenuta a bada da una costante voglia di leggerezza, che tuttavia non diventa quasi mai banalità. Il viaggio è contrappuntato da composizioni folk e country che esaltano i paesaggi, a volte anticipando, a volte commentando a mò di chiusa le (dis)avventure a cui i due protagonisti vanno incontro; la guerra è raccontata e rievocata attraverso il suo portato tragico, ma anche (nella visione del film) attraverso la sua frequente inevitabilità. Il limite principale di questo esordio registico di Carolin e Tatum, tanto piccolo quanto evidentemente sentito dai due registi, sta in una certa prevedibilità del suo andamento – prevedibilità aumentata, nella versione italiana, dallo spoiler presente sulla locandina; nonché da una regia che, pur nell’efficacia della sua confezione, resta sostanzialmente priva di guizzi e poco personale. Si fa anche un po’ fatica, pur nella costruzione volutamente favolistica della sceneggiatura, ad accettare certi snodi narrativi obiettivamente poco credibili, tra cui quello che chiude la vicenda: in questo, probabilmente, una maggior attenzione all’elemento della credibilità avrebbe giovato all’impatto emotivo dell’intera sequenza. Il finale dice forse un po’ troppo, piuttosto che giocare di sottrazione come sarebbe stato – a nostro avviso – più logico; ma si tratta di scelte che comunque, nel complesso, non inficiano la godibilità di un prodotto che ispira simpatia, pur laddove se ne possa non condividere alcuni degli assunti di base.
Scheda
Titolo originale: Dog
Regia: Channing Tatum, Reid Carolin
Paese/anno: Stati Uniti / 2022
Durata: 101’
Genere: Commedia, Drammatico
Cast: Channing Tatum, Ronnie Gene Blevins, Jane Adams, Joy Sunday, Amanda Booth, Andrew Constantini, Aqueela Zoll, Cayden Boyd, Darren Keilan, Jay Washington, Kevin Nash, Luke Forbes, Neraida Bega, Nicole LaLiberte, Patricia Isaac, Q'Orianka Kilcher, Skyler Joy, Timothy Eulich, Tom Beyer, Trent Buxton
Sceneggiatura: Reid Carolin
Fotografia: Newton Thomas Sigel
Montaggio: Leslie Jones
Musiche: Thomas Newman
Produttore: Garret Levitz, Brett Rodriguez, Gregory Jacobs, Peter Kiernan
Casa di Produzione: FilmNation Entertainment, Free Association, Metro-Goldwyn-Mayer (MGM), CAA Media Finance
Distribuzione: Notorious Pictures
Data di uscita: 12/05/2022