LO CHIAMAVANO TRINITÀ…

LO CHIAMAVANO TRINITÀ…

La Cineteca di Bologna propone, a 52 anni di distanza dalla sua uscita originale, il restauro di Lo chiamavano Trinità… Un’occasione di (ri)gustare, su grande schermo, il film che trasformò lo spaghetti western, lanciando una coppia immortale e aprendo, nel contempo, una nuova fase nel cinema popolare italiano.

Due per il West

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Sono passati 52 anni da quel 1970 in cui lo spaghetti western – genere che aveva avuto il suo apice nel decennio precedente – veniva ribaltato nei suoi clichè e contaminato con la commedia. A compiere questa operazione, che pareva impensabile in un filone così fecondo – ma anche così standardizzato nei suoi topoi – un ex direttore della fotografia alla seconda prova da regista (l’altra era stata il western Ciakmull – L’uomo della vendetta, solo di pochi mesi precedente); ma soprattutto una coppia di interpreti le cui quotazioni proprio allora iniziavano a innalzarsi. Ci si domanda, come per tutte le opere che lasciano il segno, se E.B. Clucher (al secolo Enzo Barboni) e la coppia formata da Bud Spencer e Terence Hill fossero consapevoli, allora, di aver creato delle icone che si sarebbero rivelate incredibilmente resistenti. Domanda oziosa, probabilmente: ciò che è certo è che la contaminazione tra spaghetti western e commedia, negli anni successivi, avrebbe preso piede sempre più (qualche critico parlò di “fagioli western”); e lo avrebbe fatto in modo curiosamente analogo a quanto stava succedendo, in altre latitudini, col kung fu movie di Hong Kong (per opera di un altro mostro sacro come Jackie Chan, a cui presto si sarebbe aggiunta la spalla Sammo Hung). Pur se molti di noi hanno ormai imparato a memoria momenti topici e dialoghi di Lo chiamavano Trinità… (oltre all’immortale commento musicale di Franco Micalizzi) da oggi c’è la possibilità di rigustarsi sul grande schermo il film di Clucher/Barboni, grazie al restauro della Cineteca di Bologna.

Il pistolero, il finto sceriffo e una questione da sistemare

Lo chiamavano Trinità..., Bud Spencer, Terence Hill, Gisela Hahn e Elena Pedemonte in una scena
Lo chiamavano Trinità…, Bud Spencer, Terence Hill, Gisela Hahn e Elena Pedemonte in una scena del film

La trama è nota: Trinità, pistolero pigro ma straordinariamente veloce con la sua Colt, vaga nel deserto, elimina due cacciatori di taglie e sottrae loro il messicano che avevano in custodia, fino ad approdare in una sperduta cittadina dove trova suo fratello, il ladro di cavalli Bambino. Quest’ultimo si è appena sostituito allo sceriffo del paese, dopo averlo azzoppato e lasciato nel deserto, in attesa dell’arrivo dei suoi compagni Faina e il Timido.

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In città spadroneggiano gli uomini del Maggiore Harriman, un corrotto proprietario terriero; questo ha preso di mira in particolare una comunità di mormoni che si trova ai confini del paese, a cui vorrebbe togliere la terra per farne terreno di pascolo per i suoi cavalli. Trinità e Bambino, dai caratteri opposti, si coalizzano contro il Maggiore per scopi diversi: il finto sceriffo spera di sottrarre al proprietario terriero i suoi splendidi cavalli, mentre il pistolero si è invaghito di Sarah e Giuditta, le splendide figlie della guida spirituale dei mormoni, Tobia. Ma ottenere la collaborazione di quest’ultimo e dei suoi confratelli non sarà facile, essendo i mormoni contrari per principio alla violenza.

Più sberle(ffi) che pistole

Lo chiamavano Trinità..., Terence Hill in una sequenza
Lo chiamavano Trinità…, Terence Hill in una sequenza del film

Il canovaccio di base di Lo chiamavano Trinità…, nei suoi elementi principali e nel suo sviluppo, non si discosta granché dallo schema dello spaghetti western in voga nel periodo, in particolare nella sua variante più popolare portata al successo da Sergio Corbucci. E non è un caso che Clucher, già direttore della fotografia per molti lavori di Corbucci, abbia ripreso dal collega gli stilemi di base, i “tipi” (il pistolero solitario e temuto, il paese minacciato dall’avidità di un singolo personaggio, l’aiuto fornito agli abitanti locali incapaci di difendersi), oltre all’approccio inizialmente crepuscolare e antiepico. È un’illusione, ovviamente, che dura giusto il tempo del prologo; un prologo in cui invero (in quella treggia che trasporta l’indolente Trinità per il deserto, trainato dal suo cavallo) c’erano già tutti i segni di un cambio di approccio. La sparatoria nel saloon, e quella successiva davanti all’ufficio dello sceriffo, sono giusto un contentino per non spiazzare troppo lo spettatore: presto, alle pistolettate si sostituiranno i pugni – spesso dati dall’alto in basso, con la mano a martello –, alle coreografie delle sparatorie quelle di scazzottate e scambi di allegre e potenti manate. Gli scenari di un west polveroso e rigorosamente ricreato in casa nostra (qui in quel Gran Sasso che una decina d’anni dopo, non a caso, Ivan Graziani avrebbe cantato come frontiera nostrana, in un pezzo dai toni country) non accolgono più il puzzo di morte ma al massimo quello di un Trinità che non vede un bagno da un po’ troppo tempo. D’altronde, come scopre con un po’ di stupore il Tobia col volto di Dan Sturkie, “c’è un tempo per combattere, e anche uno per vincere”. A mani nude, ovviamente, o al massimo usando qualche trave come ausilio. Prendendo molto sul serio il proprio compito, però: a sorridere è semmai lo spettatore, stimolato anche dagli immancabili suoni posticci di pugni e ceffoni, sapientemente enfatizzati.

La coppia simbiotica

Lo chiamavano Trinità..., Bud Spencer e Terence Hill in una sequenza
Lo chiamavano Trinità…, Bud Spencer e Terence Hill in una sequenza del film

Non siamo ancora dalle parti della comicità episodica e deliziosamente priva di appigli col contesto di …altrimenti ci arrabbiamo!, in Lo chiamavano Trinità…, opera che inizia a rielaborare un filone consolidato preoccupandosi di mantenere con esso solidi appigli. Un film che innesta bene i suoi elementi di commedia in una tessitura narrativamente solida, spesso diluendo la tensione di singole sequenze in aperture comiche e surreali (il primo e unico incontro del protagonista con la coppia di scagnozzi assoldati dal Maggiore) o concedendosi pause provocatorie, che sovrappongono la rappresentazione della comunità mormone a quelle di un flower power che almeno in Italia, in quel periodo, era pienamente in voga (si veda la scena del bagno nel fiume, con Trinità e le due ragazze). Il film di Clucher/Barboni, soprattutto, mette definitivamente a punto una coppia che avrebbe furoreggiato nel cinema popolare italiano in tutto il ventennio successivo, sfruttandone un affiatamento che, a vederli oggi, pare decisamente preesistente al loro incontro. Più che nati con la camicia, qui, Bud Spencer e Terence Hill sembrano separati alla nascita e poi rimessi insieme dal cinema. Magie che da sempre (solo) la settima arte rende reali e possibili.

Lo chiamavano Trinità..., la locandina del film
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Scheda

Titolo originale: Lo chiamavano Trinità…
Regia: Enzo Barboni
Paese/anno: Italia / 1970
Durata: 115’
Genere: Commedia, Western
Cast: Ezio Marano, Gaetano Imbró, Antonio Monselesan, Bud Spencer, Dan Sturkie, Dominic Barto, Elena Pedemonte, Farley Granger, Fortunato Arena, Franco Marletta, Gisela Hahn, Luciano Rossi, Luigi Bonos, Michele Cimarosa, Paolo Magalotti, Remo Capitani, Riccardo Pizzuti, Steffen Zacharias, Terence Hill, Thomas Rudy, Ugo Sasso, Vito Gagliardi
Sceneggiatura: Enzo Barboni
Fotografia: Aldo Giordani
Montaggio: Giampiero Giunti
Musiche: Franco Micalizzi
Produttore: Joseph E. Levine, Don Taylor, Italo Zingarelli
Casa di Produzione: West Film
Distribuzione: Cineteca di Bologna

Data di uscita: 09/06/2022

Trailer

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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