THE GRAY MAN
Spy story visivamente accattivante quanto narrativamente semplice (per non dire stereotipata) The Gray Man conferma la buona perizia registica dei fratelli Anthony e Joe Russo, passati qui sotto il marchio Netflix. Un plot che trasmette un inevitabile senso di déjà vu, e qualche lungaggine nel finale, non inficiano in modo sostanziale il buon intrattenimento che il film offre, favorito anche dall’efficace coppia di avversari composta da Ryan Gosling e Chris Evans.
L’uomo (in grigio) in fuga
Abbandonato (momentaneamente?) l’ombrello produttivo di casa Marvel, reduci dalla poco fortunata esperienza, per Apple TV+, del dramma bellico Cherry – Innocenza perduta, i fratelli Anthony e Joe Russo approdano con questo The Gray Man nel contesto produttivo di Netflix, abbracciando per l’occasione il sempreverde filone della spy story. Un filone che i due fratelli registi, in fondo, avevano già avuto modo di esplorare con la loro prima prova nel Marvel Cinematic Universe, quel Captain America: The Winter Soldier che nel “lontano” 2014 riusciva ancora a tenere a bada l’aspetto ludico/smitizzante della mitologia Marvel, per proporre un teso thriller d’azione con rimandi a molto cinema americano degli anni ‘70. L’esperienza nello studio di Kevin Feige, e la dimestichezza con un certo tipo di estetica, non sono evidentemente passate senza lasciare traccia, per i due registi; il duo, con questo nuovo lavoro, ripropone infatti l’ipercinetismo un po’ fracassone – ma generalmente abbastanza “leggibile” nella sua resa sullo schermo – degli ultimi film di casa Marvel, unitamente a una componente ironica appena accennata – più suggerita che esplicitamente esibita – tesa a stemperare (ma non troppo) il potenziale violento di una storia di spie e criminali, come da tradizione snodatasi su un palcoscenico globale tra Asia, Europa e America. Una storia tutta basata sul confronto a distanza (e poi – molto – ravvicinato) tra due star come Ryan Gosling e l’ex Cap Chris Evans, qui riciclatosi per l’occasione come villain.
Corri, Sierra Six
Il plot è estremamente semplice, almeno nel suo spunto di partenza: nel 2003, l’omicida Court Gentry, rinchiuso in un carcere federale, viene reclutato dal capo della CIA Donald Fitzroy per essere inserito nel cosiddetto “Progetto Sierra”: un gruppo di uomini selezionati che operano nell’ombra, addestrati per il lavoro sporco che l’agenzia non può dichiarare in via ufficiale. Anni dopo, Gentry ha preso il nome di Sierra Six ed è un efficiente e abile killer, con un gran numero di missioni al suo attivo; ma il progetto Sierra, anche a causa del ritiro di Fitzroy e della sua sostituzione col più giovane e ambizioso Danny Carmichael, sta per essere smantellato.
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Proprio nell’ambito di una missione tesa a eliminare uno degli ex membri del progetto, un ex agente doppiogiochista, Sierra Six entra in possesso di una scheda contenente un file riservato, che mostrerebbe informazioni compromettenti per Carmichael e la sua gestione. Quando i vertici dell’agenzia apprendono che l’agente è entrato in possesso del file decidono di eliminarlo, assoldando per questo un loro ex membro: il sociopatico Lloyd Hansen, noto per i suoi metodi violenti e per la sua instabilità mentale. Hansen non si farà scrupoli nello sfruttare il legame che unisce Sierra Six al suo vecchio reclutatore Fitzroy, coinvolgendo anche la nipote di quest’ultimo.
Da cacciatore a preda
Con un occhio a James Bond e uno a Mission: Impossible, senza tralasciare la più recente saga di Jason Bourne, The Gray Man sfrutta il sempiterno fascino dell’agente segreto che opera nell’ombra, trasformatosi per l’occasione da cacciatore in preda. Un fascino che Ryan Gosling incarna qui in modo efficace, vestendo con naturalezza un personaggio che è per tre quarti nervosa fisicità (con qualche rimando, anche, al pilota che l’attore interpretò in Drive di Nicolas Winding Refn) e per il quarto restante attitudine all’ironia e alla battuta smitizzante. Una mistura che fa del personaggio stesso, in fondo, nient’altro che l’ennesima variante di un cliché, a cui la sceneggiatura cerca di incollare – in modo invero un po’ posticcio – un passato di traumi e violenze familiari. Un passato in fondo poco integrato con la realtà presente del personaggio (al di là di una sequenza un po’ didascalica nella parte finale), che resta principalmente un corpo in costante movimento; un animale braccato dal fare istintuale, che neanche chiede conto al suo ex datore di lavoro (il trasformista Billy Bob Thornton) di un precedente tradimento, accettando subito e senza indugi di proteggere sua nipote. I tentativi di approfondimento psicologico della sceneggiatura – basata sul romanzo omonimo di Mark Greaney – restano perlopiù mere dichiarazioni d’intenti, andando a riempire una griglia di caselle (ivi compresa quella del villain interpretato da Evans) dai confini abbastanza rigidi.
Vigore registico e qualche lungaggine
The Gray Man, nella dichiarata natura stereotipata dei suoi personaggi e del suo plot, fa comunque il suo lavoro con vigore, e con una resa cinematografica e spettacolare generalmente superiore a quella di molti prodotti analoghi; segno di un alto artigianato, da parte dei fratelli Russo, che l’esperienza in casa Marvel aveva solo nascosto sotto lo sfarzo produttivo. Qui, le sequenze d’azione restano generalmente ben orchestrate, malgrado una certa tendenza (comune invero a molto action dell’ultimo decennio) all’accelerazione inutile e alla reiterazione, che rischia di sovraccaricare inutilmente il ritmo e generare tedio. Un rischio che il film attraversa lungo tutta la sua durata, ma che riesce a schivare in virtù di un plot che nella sua semplicità riesce a toccare le corde giuste; e che fa ciò sfruttando anche, abilmente, il sadismo gigioneggiante del personaggio interpretato da Chris Evans, villain talmente sopra le righe e dal fare gratuito da risultare, a suo modo, irresistibile.
Restano, nel film, la scarsa funzionalità – se non, di nuovo, nell’ottica di una partner “d’ordinanza” – del personaggio di Ana de Armas, una fase finale inutilmente dilatata (uno sfoltimento di un quarto d’ora avrebbe certo giovato) e qualche sostanziale incongruenza nella conclusione vera e propria, che forza un po’ la mano per lasciare la porta aperta a eventuali sequel. Non si può fare a meno di chiedersi cosa sarebbe stato del film se, come da progetto iniziale, fosse stato James Gray a prenderne le redini; domanda sicuramente oziosa, visto che, in quel caso, non avremmo avuto probabilmente questo The Gray Man, ma un’opera totalmente diversa. Meglio, forse, accontentarsi dell’onesto intrattenimento che i fratelli Russo sono stati in grado di offrire, rallegrandosi parallelamente dell’insolita scelta di Netflix di dare almeno al film una piccola (ma benvenuta) parentesi di presenza in sala.
Scheda
Titolo originale: The Gray Man
Regia: Joe Russo, Anthony Russo
Paese/anno: Stati Uniti, Repubblica Ceca / 2022
Durata: 122’
Genere: Azione, Thriller
Cast: Ana de Armas, Chris Evans, Jessica Henwick, Ryan Gosling, Scott Haze, Julia Butters, Wagner Moura, Deobia Oparei, Alfre Woodard, Callan Mulvey, Regé-Jean Page, Billy Bob Thornton, Boone Platt, Dhanush, Robert Kazinsky
Sceneggiatura: Joe Russo, Christopher Markus, Stephen McFeely
Fotografia: Stephen F. Windon
Montaggio: Jeff Groth
Musiche: Henry Jackman
Produttore: Mike Larocca, David Minkowski, Joseph J. Micucci, Palak Patel, Anthony Russo, Joe Russo, Matthew Stillman, Joe Roth, Anthony J. Vorhies, Chris Castaldi, Jeff Kirschenbaum, Murtaza Kathawala
Casa di Produzione: Netflix, Roth Films, Stillking Films, AGBO, Roth/Kirschenbaum Films
Distribuzione: Netflix, Lucky Red
Data di uscita: 13/07/2022