LE VELE SCARLATTE
Già presentato a Cannes nella Quinzaine des Réalisateurs, Le vele scarlatte conferma il carattere libero e resistente alle classificazioni del cinema di Pietro Marcello: un cinema all’insegna di una compenetrazione di realismo e fiaba, e di una rilettura creativa e personalissima di fonti letterarie codificate (qui il romanzo di Aleksandr Grin).
Vele in volo
Dopo lo straordinario Martin Eden, Pietro Marcello prosegue nella sua operazione di liber(issim)a rilettura di classici letterari, contraddistinta sempre da uno sguardo personale e da traiettorie tutt’altro che usuali, almeno nell’ambito del nostro cinema. Traiettorie che fanno del regista casertano, giunto qui al suo terzo film (il primo in lingua francese), un autore pressoché unico nel panorama italiano attuale; per questo Le vele scarlatte, nello specifico, Marcello prende spunto dal romanzo del 1923 di Aleksandr Grin Vele scarlatte, modificandone l’ambientazione e innestandovi una sorta di vicenda protofemminista, intessuta – pur nel suo impianto realistico – di un afflato fiabesco e quasi sognante. La trama si snoda intorno al personaggio di Raphael, veterano della prima guerra mondiale che fa ritorno nel sua villaggio in Normandia, solo per trovare sua moglie sepolta nel cimitero del paese e una figlia in fasce che non sapeva di avere. L’uomo, abile falegname, viene aiutato dalla vedova Madame Adeline, che accoglie entrambi nella sua fattoria e aiuta Raphael a crescere la bambina, di nome Juliette; ma un segreto sepolto nel passato di Marie, moglie defunta del falegname, fa sì che l’uomo e sua figlia si trovino presto a essere invisi da tutti gli abitanti del villaggio. Nel frattempo, la fattucchiera locale predice a Juliette che presto delle “vele scarlatte” arriveranno per portarla via dal paese.
Consistenze sognanti
Come già Martin Eden, Le vele scarlatte cattura immediatamente l’occhio, principalmente grazie alla straordinaria ricerca sull’immagine operata dal direttore della fotografia Marco Graziaplena (già al lavoro sull’altrettanto magnetico Mektoub My Love: Canto Uno). Le immagini del film, riprese in un 35mm ricco di grana e strette in un inusuale formato 1.33:1, restano comunque ben lungi dal trasmettere claustrofobia; al contrario, la scelta del formato contribuisce a conferire al film un look fuori dal tempo, lontano dalle plastificate rievocazioni nostalgiche che il cinema (ivi compreso quello d’essai) ci consegna oggi; una scelta che evidenzia ulteriormente, di par suo, il mood fiabesco ed elegiaco della storia. Un mood che si integra in modo armonico (e mai conflittuale) con le durezze raccontate, aprendosi spesso a parentesi sognanti; parentesi che a volte utilizzano immagini di repertorio – come nel caso della visita della protagonista in città, con quella dominante gialla a evidenziarne la meraviglia – mentre altre volte fanno uso di porzioni di linguaggi altri, ivi compresa l’animazione. La contaminazione creativa – che nel precedente film era di ambienti ed epoche, mentre qui è innanzitutto di linguaggi – informa di sé tutto il film di Marcello, a partire da quegli spezzoni di repertorio che aprono il film, a mostrare il ritorno dei soldati dal fronte; sequenze che sfumano senza soluzione di continuità (in modo praticamente impercettibile) nella narrazione propriamente detta. Porzioni di sogno anch’esse, in qualche modo, rese tale dalla distanza storica e dalla trasfigurazione che il medium cinematografico ne ha fatto.
Il viaggio dell’attesa
Tutto Le vele scarlatte è la storia di un’attesa, quella della protagonista Juliette – un’intensa Juliette Jouan – per l’arrivo delle vele preconizzato dalla maga; ma è anche un coming of age esperito in un contesto ostile, le cui asprezze non vengono mai nascoste ma anzi restano parte costituente della storia. L’impianto sociale della vicenda si esprime sottotraccia, negli archi narrativi dei tre protagonisti principali, outsider per necessità che hanno formato un atipico nucleo familiare: il taciturno Raphael, reduce dimenticato e straordinario artigiano, reietto in primis per la sua natura solitaria; e poi le due donne che lo affiancano, veri e propri “insulti” all’immagine femminile dominante – Adeline in quanto vedova che non si è mai ricostruita una famiglia, scegliendo invece di farsi carico dell’aiuto di un uomo solo e di sua figlia, Juliette perché desiderosa di costruirsi autonomamente, e alle proprie condizioni, il proprio destino. Un destino, quest’ultimo, prefigurato nei sogni e già assaporato nelle letture e nelle canzoni intonate dalla ragazza sulla spiaggia, o a pelo d’acqua al tramonto, in alcune delle sequenze più forti e ipnotiche del film. Il racconto si apre a momenti onirici – a tratti gotici, nelle riprese in esterno della magione campestre, nelle sue stanze in penombra o illuminate da fioche candele, nonché in alcuni sogni/apparizioni fantasmatiche di cui non ci si sofferma a domandarsi la veridicità; momenti alternati a parentesi quasi musical, affidate alla voce della protagonista, e ad altre all’insegna di uno spietato (e tuttavia mai dominante) realismo. Un amalgama che, in appena 100 minuti, sintetizza in modo straordinariamente denso un periodo di quasi un ventennio.
Gli strumenti della trasformazione
Esempio atipico di arthouse europeo, forte di una co-produzione tra Italia, Francia e Germania, Le vele scarlatte è quindi cinema libero e più che mai resistente alle classificazioni, così come la sua protagonista; cinema in un certo senso “stregonesco” com’è la stessa Juliette, per il potere ipnotico che emana dalle sue immagini, sul tessuto di una storia che (laddove la si esamini da lontano) risulta in realtà semplice e addirittura basica. Una fiaba contemporanea – per come viene narrata – e insieme atemporale, per il suo portato universale e i suoi toni sognanti; atipica anche per il suo concentrarsi sul percorso umano e psicologico del personaggio da “salvare” piuttosto che su un salvatore che (quando appare nella storia, nella persona dell’aviatore interpretato da Louis Garrel) resta volutamente in secondo piano. Uno strumento, più che un agente della trasformazione, latore di quelle vele scarlatte destinate a cambiare per sempre il destino di Juliette; un cambiamento che non vediamo mai sullo schermo, ma di cui certo non dubitiamo.
Scheda
Titolo originale: L'envol
Regia: Pietro Marcello
Paese/anno: Germania, Francia, Italia / 2022
Durata: 103’
Genere: Drammatico, Sentimentale
Cast: Louis Garrel, Anne-Lise Heimburger, Noémie Lvovsky, Arthur Orcier, Lolita Chammah, Natascha Wiese, Raphaël Thiéry, Rémy Roubakha, Yolande Moreau, Alane Delhaye, Annette Trumel, Antonin Stahly Viswanadhan, Athénaïs Sifaoui-Blanc, Bernard Blancan, Ernst Umhauer, François Négret, Iliana Zabeth, Inès Es Sarhir, Juliette Jouan, Pierre Nisse
Sceneggiatura: Maud Ameline, Maurizio Braucci, Pietro Marcello
Fotografia: Marco Graziaplena
Montaggio: Carole Le Page, Andrea Maguolo
Musiche: Gabriel Yared
Produttore: Viola Fügen, Ilya Stewart, Antonio Miyakawa, Olivier Père, Romain Blondeau, Cécile Tollu-Polonowski, Charles Gillibert, Michael Weber, Maya Scherr-Willson
Casa di Produzione: Arte France Cinéma, Rai Cinema, The Match Factory, Wise Pictures, Cinémage 16, Canal+, Zweites Deutsches Fernsehen (ZDF), Hype Studios, Avventurosa, CG Cinéma
Distribuzione: 01 Distribution
Data di uscita: 12/01/2023