THE APPRENTICE – ALLE ORIGINI DI TRUMP

THE APPRENTICE – ALLE ORIGINI DI TRUMP

Nel suo primo film in lingua inglese, il regista di origini iraniane Ali Abbasi racconta l'ascesa del giovane Donald Trump come magnate immobiliare a New York offrendone una prospettiva diversa. Viene infatti raccontata una fase cruciale nella formazione del personaggio che conosciamo oggi, in cui gioca un ruolo fondamentale l'amicizia con il controverso avvocato Roy Cohn. The Apprentice – Alle origini di Trump finisce però per essere un ritratto ordinario, se non semplicistico, incapace di fornire abbastanza “pane” emotivo per i denti sia di chi odia e sia di chi sostiene la figura di Trump. In concorso al Festival di Cannes 2024.

L’arte di fare affari

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Il titolo originale The Apprentice prende spunto dall’omonimo reality televisivo prodotto e condotto da Donald Trump stesso, almeno nelle sue prime quattordici stagioni, quando era ancora “solo” un imprenditore. La sceneggiatura scritta dal giornalista Gabriel Sherman, al suo debutto come sceneggiatore, si incentra sul rapporto tra un giovane “Donnie” (Sebastian Stan) e Roy Cohn (Jeremy Strong), una delle figure più controverse della politica americana moderna. Assistente di McCarthy durante la caccia alle streghe anticomunista degli anni Cinquanta e in seguito potentissimo avvocato a New York, quest’ultimo torna ad essere interpretato su schermo a un ventennio dalla miniserie televisiva Angels in America,con Al Pacino nei suoi panni. L’idea che dunque sia stato proprio Cohn a plasmare la forma mentis di Trump con i suoi insegnamenti e i suoi principi di vita viene raccontata con una regia dal taglio quasi documentaristico: l’uso del 16mm e dei colori scelti dal direttore della fotografia Kasper Tuxen (La persona peggiore del mondo, 2021) ripropongono gli anni a cavallo tra i ’70 e gli ’80 in cui si svolgono i fatti narrati. Del resto, The Apprentice – Alle origini di Trump attraversa nelle sue due ore di durata anche altri eventi che vanno oltre la costruzione della Trump Tower e del casinò di Atlantic City: il periodo raccontato è infatti anche quello di Andy Warhol, dell’omosessualità intesa come ostacolo per ricoprire incarichi federali e della presa di coscienza di HIV e AIDS negli Stati Uniti in piena età Reagan.

Origini di un villain

The Apprentice - Alle origini di Trump, Maria Bakalova e Sebastian Stan in una scena del film
The Apprentice – Alle origini di Trump, Maria Bakalova e Sebastian Stan in una scena del film

Il film si svolge quindi in due parti ben distinte mostrando infatti l’evoluzione, o meglio l’involuzione, di un ragazzo inizialmente impacciato che cerca di ottenere l’approvazione del padre Fred (Martin Donovan) e arriva letteralmente a soffocare qualsiasi emozione che vada oltre l’ambizione. L’unica traccia di debolezza che The Apprentice – Alle origini di Trump rende visibile è solo nel rapporto del protagonista col fratello Fred Jr. (Charlie Carrick) e serve a rafforzare l’allontanamento del giovane Trump da qualsiasi forma di umanità. Le premesse iniziali, mirate a fornire un ritratto diverso dai precedenti di quest’ultimo, che non scade mai nella parodia pur non mancando di momenti che strappano un sorriso, si infiacchiscono poi però sempre più, rischiando anche alcune ambiguità. Ad esempio: dovremmo provare simpatia per il luciferino Cohn, la cui figura si smussa sempre di più con l’avanzare degli eventi e la perdita di controllo sulla sua “creatura”? Oltre all’avidità non ci sono poi grandi spiegazioni dietro le azioni dei personaggi, e ciò priva lo spettatore di una vera chiave di lettura introspettiva, in particolare, proprio della figura di Trump. Ed è questo il problema più grande del film, che non offre molto di nuovo su argomenti già noti (la natura corruttrice del potere, l’affermazione del proprio ego non importa come) pur inserendo eventi controversi come l’accenno di stupro attuato nei confronti della moglie Ivana (Maria Bakalova), accusa effettivamente formulata anche nella realtà da quest’ultima in una deposizione per il divorzio e ritrattata in seguito.

Il vademecum del capitalismo

The Apprentice - Alle origini di Trump, Maria Bakalova e Sebastian Stan in una sequenza del film
The Apprentice – Alle origini di Trump, Maria Bakalova e Sebastian Stan in una sequenza del film

The Apprentice – Alle origini di Trump arriva dopo la mitologica storia d’amore di Border – Creature di confine (2018, vincitore a Cannes della sezione Un Certain Regard), le indagini sugli omicidi di un serial killer di prostitute in Iran di Holy Spider (2021, in concorso nel medesimo festival) e gli ultimi due episodi della prima stagione di The Last of Us girati lo scorso anno. Può sembrare quindi un ulteriore cambio di direzione nella filmografia di Ali Abbasi, regista nato in Iran ma trasferitosi da anni in Danimarca per studiare cinema. Da questo punto di vista, The Apprentice si dimostra abbastanza in linea con quanto raccontato in Holy Spider: due film che sono rispettivamente il ritratto di una società spietata e di un universo fortemente maschilista, di cui seguiamo in entrambi i casi due “figli”. L’interesse sta infatti più che altro nel mondo in cui Trump e Cohn si muovono, in cui tutto ciò che va oltre il capitale e il potere è qualcosa di sconosciuto o inconcepibile: emblematico in tal senso il fugace incontro che il futuro 45esimo Presidente ha con Andy Warhol. Il punto è che in questo viaggio negli Stati Uniti tutto sembra superficiale, forse perché è difficile spiegare in maniera realmente convincente il fenomeno Trump soprattutto per un osservatore non americano. Considerato comunque che The Apprentice – Alle origini di Trump arriva fino alla metà degli anni ’80 non toccando praticamente la carriera prettamente politica del personaggio, aspettiamo l’eventuale sequel o un crossover con il Marvel Cinematic Universe (avremmo già un perfetto antagonista). In attesa ovviamente della realtà e delle prossime elezioni presidenziali in America, oramai imminenti.

Locandina

The Apprentice - Alle origini di Trump, la locandina italiana del film
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Scheda

Titolo originale: The Apprentice
Regia: Ali Abbasi
Paese/anno: Canada, Danimarca, Irlanda / 2024
Durata: 122’
Genere: Drammatico, Biografico
Cast: Sebastian Stan, Jeremy Strong, Martin Donovan, Maria Bakalova, Charlie Carrick, Edie Inksetter, Valerie O’Connor, Ben Sullivan, Bruce Beaton, Catherine McNally, Ian D. Clark, James Madge, Jim Monaco, Joe Pingue, Mark Rendall, Michael Hough, Raechel Fisher, Randy Thomas, Robert J. Tavenor, Ron Lea, Stefanie Martino
Sceneggiatura: Gabriel Sherman
Fotografia: Kasper Tuxen
Montaggio: Olivia Neergaard-Holm, Olivier Bugge Coutté
Musiche: David Holmes, Martin Dirkov, Brian Irvine
Produttore: Anthony Muir, Ali Abbasi, Nima Yousefi, Julianne Forde, Jacob Jarek, Daniel Bekerman, Emma Poppe, Ditte Milsted, Louis Tisné, Ashley Renders, Ruth Treacy, Kristina Börjeson, Matt Philip Whelan
Casa di Produzione: Wild7Films, Rich Spirit, Head Gear Films, Gidden Media, Metrol Technology, Scythia Films, Fís Éireann / Screen Ireland, Film Institute, LB Entertainment, DR Danish Broadcasting, Rocket Science, Profile Pictures, AC Films
Distribuzione: BiM Distribuzione

Data di uscita: 17/10/2024

Trailer

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Laureato in archeologia ma sempre con pericolose deviazioni cinematografiche, tali da farmi frequentare dei corsi di regia e sceneggiatura presso il Centro Sperimentale di Cinematografia. Ho partecipato per alcuni anni allo staff organizzativo dell’Irish Film Festival presso la Casa del Cinema. Da qua, il passo per dedicarmi a dei cortometraggi, alcuni dei quali per il concorso “Mamma Roma e i suoi quartieri”, è stato breve, condito anche dalla curatela di un incontro intitolato “La donna nel cinema giapponese”, focalizzato sul cinema di Mizoguchi, presso il cineclub Alphaville. Pur amando ovviamente il cinema nelle sue diverse sfaccettature, sono un appassionato di pellicole orientali, in particolare coreane, che credo occuperanno un posto rilevante nei futuri manuali di storia del cinema.

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