ROAD DIARY: BRUCE SPRINGSTEEN AND THE E STREET BAND

ROAD DIARY: BRUCE SPRINGSTEEN AND THE E STREET BAND

La sezione Freestyle della 19a Festa del Cinema di Roma ci ha offerto l’anteprima di Road Diary: Bruce Springsteen and the E Street Band, documentario la cui realizzazione Springsteeen ha affidato di nuovo all’amico Thom Zimny: un diario di viaggio del tour 2023, ma anche e soprattutto la fotografia di un preciso momento della vita di un’artista, e di una band, che non vogliono neanche sentir parlare di scrivere la parola fine. Nonostante, e anzi proprio in virtù, di una mortalità di cui giorno per giorno si diventa sempre più consapevoli.

“La vita, la morte, e tutto quello che c’è in mezzo”

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Fa sempre l’effetto di un piacevole deja-vu, la visione di un’opera dedicata a Bruce Springsteen nel contesto (negli ultimi anni, diciamocelo, sempre meno stimolante) della Festa del Cinema di Roma. La mente va inevitabilmente, in primis, all’edizione del 2010 – sembrano letteralmente secoli fa – quando lo stesso Bruce presentò, in una Sala Sinopoli stracolma e con un’atmosfera da concerto, il documentario The Promise: The Making of Darkness on the Edge of Town; poi, anni dopo, arrivò Western Stars, era il 2019 e il film-concerto fotografava un preciso momento della vita e della carriera dello stesso Springsteen: un album atipico (a parere di chi scrive bellissimo) e un’opera cinematografica assai personale, che segnava tra l’altro l’esordio alla regia – in tandem col collega Thom Zimny, già dietro la macchina da presa per The Promise – dello stesso cantautore. Nel frattempo, c’era stato anche Springsteen on Broadway, datato 2018, anche quello ben più di un mero film-concerto o di un supplemento audiovisivo a un album dal vivo: purtroppo lo avevamo potuto vedere solo su Netflix, facendoci mancare un po’ quella dimensione umana e comunitaria che inevitabilmente un evento dedicato a Bruce finisce per mutuare dai suoi concerti. Ora, il cerchio in qualche modo si chiude (o forse no) con questo Road Diary: Bruce Springsteen and the E Street Band: un documentario-cronaca del tour 2023, affidato di nuovo alla sapiente regia dell’amico Zimny, che ha riportato almeno al pubblico romano il piacere di una visione e condivisione collettiva che ci rimanda ancora a quello stesso spirito comunitario tipico degli eventi di Bruce. D’altronde, il fantasma dello stop dovuto al Covid è ancora abbastanza vicino nel tempo (il concept del film si basa in gran parte proprio su questo); e il significato di “ripartenza”, inoltre, assume un valore ancor maggiore per i fans italiani, che solo pochi mesi fa si sono visti togliere la possibilità di vedere ancora una volta Springsteen dal vivo, col rinvio di un anno del suo concerto milanese. In attesa dell’estate 2025, quindi, ben vengano eventi del genere, specie se consentono anche ai fans una piccola (ma significativa) reunion tra Blood Brothers.

Racconto di una ripartenza

Road Diary: Bruce Springsteen and the E Street Band, un primo piano di Bruce Springsteen
Road Diary: Bruce Springsteen and the E Street Band, un primo piano di Bruce Springsteen

Poco prima di approdare su Disney+ (l’uscita è fissata per il 25 ottobre), Road Diary: Bruce Springsteen and the E Street Band ha trovato quindi la sua anteprima italiana nel contesto della kermesse capitolina, sezione Freestyle, nella cornice (un po’ insolita) del Teatro Olimpico. E, al di là della già citata dimensione comunitaria – anche stavolta ben avvertibile dalla partecipazione attiva del pubblico in sala, e ovviamente irriproducibile dalla visione in streaming – bisogna dire che Thom Zimny ha centrato di nuovo il bersaglio: e lo ha fatto confermando in pieno l’affinità con la musica di Springsteen, così come la sua personale capacità di completarne al meglio, in immagini, il portato emotivo. Questo documentario, focalizzato sul presente della E Street Band ma segnato da ragionate e funzionali incursioni nel passato, si muove principalmente tra il dietro e il davanti le quinte del tour iniziato nel 2023 (e di fatto ancora in corso): un tour che per Bruce e gli altri ha segnato una sorta di nuova, sostanziale “reunion”, vista l’assenza della band dai palchi live dal 2016. Uno stop più lungo del previsto, il cui peso – con l’inevitabile perdita di affiatamento reciproco, aggiunta al peso del tempo che passa per musicisti che hanno superato i 70 anni – rappresenta di fatto l’innesco narrativo del racconto, oltre che la peculiarità principale (di fatto) del tour iniziato oltre un anno fa. La necessità di “togliersi la polvere di dosso”, per usare le parole dello stesso Springsteen, e ritrovare così confidenza con la dimensione live e con la complementarietà con gli altri membri della band, fornisce in questo l’occasione per esplorare – per la prima volta in tanti anni – il processo “creativo” dietro la preparazione di un tour della E Street Band: parliamo non a caso di processo creativo, perché lo stesso Bruce chiarisce qui che un concerto, formalizzato in una scaletta, non è mai una mera successione di canzoni, ma piuttosto un discorso espressivo coerente, da portare avanti nel corso di una serata. In questo, il cantautore sembra allontanarsi in modo netto da tour come quelli del 2009 e 2013 (non a caso qui richiamati, per contrasto, in diverse immagini) coi cartelli portati dal pubblico che chiedevano l’esecuzione di questo o quel brano: se allora il concept era quello, più rilassato, di una sorta di juke-box live, con un ruolo attivo dei fans nella composizione della scaletta, ora si vuole trasmettere invece l’idea di un discorso coerente e conchiuso in sé, che fotografi in qualche modo lo stato dell’arte di una carriera ultracinquantennale. O ancora meglio, stando proprio alle parole di Springsteen: “La vita, la morte, e tutto quello che c’è in mezzo”.

Di nuovo a casa, on the road

Road Diary: Bruce Springsteen and the E Street Band, Bruce e Steve si chiedono se non sia ora di andare a casa
Road Diary: Bruce Springsteen and the E Street Band, Bruce e Steve si chiedono se non sia ora di andare a casa

Naturalmente – lo diciamo a beneficio di quei lettori che non avessero confidenza con le esibizioni live di Bruce – ciò non significa che questo tour sia stato maggiormente “unidirezionale” rispetto agli altri, o che sia mancata la dimensione partecipativa e festosa che ha sempre caratterizzato i concerti della E Street Band; in questo, Road Diary: Bruce Springsteen and the E Street Band si incarica di ribadire più che mai – anche con show caratterizzati da una scaletta studiata in modo più sistematico e meticoloso, e con meno spazio per l’improvvisazione rispetto al passato – la fondamentale componente affettiva, di partecipazione orizzontale, che unisce Springsteen al suo pubblico: una sorta di rito laico, come alcuni dei fans intervistati (uno spazio particolare qui viene dato a quelli europei, con qualche incursione anche in Italia) sottolineano più volte. In questo senso, il documentario di Thom Zimny ha forse il solo “torto” (virgolette assolutamente d’obbligo) di ribadire per l’ennesima volta concetti che, per gran parte dei suoi potenziali spettatori, sono da tempo ovvi: ma è un “ovvio” che riempie di gioia, ovviamente, e che non ci stancheremmo mai di sentirci ribadire. Ciò che invece è da rilevare di davvero originale – e che rende Road Diary: Bruce Springsteen and the E Street Band un’opera preziosa, sia per fans devoti che per neofiti o semplici persone interessate – è proprio la già citata, ben dosata esplorazione del “dietro le quinte”: quell’umanissima ansia e fragilità mostrate da musicisti così esperti e stagionati, di fronte alla prospettiva di tornare di nuovo a esibirsi (dopo uno stop non preventivato) davanti a un pubblico che si aspetta da te, sempre, il giusto mix di ripetizione e innovazione; la sicurezza, cioè, del “sentirsi a casa” mista a quel brivido di imprevedibilità che sempre dovrebbe accompagnare un’esibizione rock.

Un viaggio che continua. E si rinnova.

Road Diary: Bruce Springsteen and the E Street Band, Springsteen e Curtis King sul palco
Road Diary: Bruce Springsteen and the E Street Band, Springsteen e Curtis King sul palco

E, proprio in questo, si può apprezzare il perfezionismo quasi ossessivo dello stesso Bruce, leader indiscusso e fulcro della band in tutte le fasi della preparazione e del rodaggio dello show, oltre ad alcune simpatiche gag che restituiscono la dimensione familiare e informale di un gruppo di musicisti e amici che suonano insieme da ormai oltre mezzo secolo (il batterista Max Weinberg che si lamenta di una She’s the One suonata “così lentamente che sembra una ballata”, o un irresistibile Steven Van Zandt che ringrazia Springsteen di averlo nominato direttore del suono “con 50 anni di ritardo”); e su tutto, ovviamente, il sentore inevitabile del tempo che passa: il fantasma della morte, con la consapevolezza sempre più pressante della propria mortalità, è dichiaratamente uno fulcri tematici intorno al quale il cantautore 75enne ha impostato questo tour. E così, acquistano un portato emotivo ancora maggiore i doverosi omaggi agli scomparsi Danny Federici e Clarence Clemons, mentre diventa ancora più stimolante la resa dell’inserimento dei nuovi, più giovani musicisti che hanno allargato la band: non parliamo, ovviamente, solo dei già noti (e amati) Charlie Giordano e Jake Clemons, ma anche di quella rinnovata sezione di fiati (gli E Street Horns, in una formazione ulteriormente allargata) che è stata chiamata al difficile compito di arricchire un suono improntato al rock senza stravolgerne le basi. E poi, la disarmante rivelazione (già anticipata dai media) del mieloma multiplo che costringe una comunque serena Patti Scialfa a centellinare le sue apparizioni al fianco del marito e della band, la capacità di mescolare in modo funzionale passato e presente – sia nella scelta del materiale qui messo in scena, che in quella degli accostamenti della scaletta (il tema dell’amicizia e della (im)mortalità che lega The Last Man Standing e Backstreets), e ovviamente la musica: tanta, generosa, ancora straripante. Con una dichiarazione molto chiara, già affermata con decisione dallo stesso Bruce al termine della frazione europea del tour 2024: di fermarsi, qui, nessuno vuole nemmeno sentir parlare. “Continuerò a suonare fino a che le ruote non si staccheranno e la band mi seguirà. Dopo cinquant’anni on the road, è troppo tardi per fermarsi ora”. Spacconeria, un’impossibile sfida al tempo che passa? Forse: o forse (soprattutto) voglia di assaporare il presente fino in fondo, voglia di continuare a dare e a darsi, proprio perché sai che l’eternità è un qualcosa che non puoi davvero raggiungere, ma che semmai puoi (continuare a) catturare e replicare nello spazio di una canzone. On the backstreets, until the end.

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Locandina

Road Diary: Bruce Springsteen and the E Street Band, la locandina del documentario

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Scheda

Titolo originale: Road Diary: Bruce Springsteen and the E Street Band
Regia: Thom Zimny
Paese/anno: Stati Uniti / 2024
Durata: 99’
Genere: Documentario, Musicale
Cast: Bruce Springsteen, Steven Van Zandt, Ada Dyer, Anthony Almonte, Charlie Giordano, Clarence Clemons, Curt Ramm, Curtis King, Danny Federici, Ed Manion, Garry Tallent, Jake Clemons, Lisa Lowell, Max Weinberg, Michelle Moore, Nils Lofgren, Ozzie Melendez, Patti Scialfa, Roy Bittan, Soozie Tyrell
Sceneggiatura: Bruce Springsteen
Fotografia: Justin Kane
Montaggio: Samuel Shapiro
Produttore: Thom Zimny, Jon Landau, Adrienne Gerard, Sean M. Stuart, Bruce Springsteen
Casa di Produzione: Hulu
Distribuzione: Disney+

Data di uscita: 25/10/2024

Trailer

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Giornalista pubblicista e critico cinematografico. Collaboro, o ho collaborato, con varie testate web e cartacee, tra cui (in ordine di tempo) L'Acchiappafilm, Movieplayer.it e Quinlan.it. Dal 2018 sono consulente per le rassegne psico-educative "Stelle Diverse" e "Aspie Saturday Film", organizzate dal centro di Roma CuoreMenteLab. Nel 2019 ho fondato il sito Asbury Movies, di cui sono editore e direttore responsabile.

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